Peer to peer lending in cerca di prestatori. In Italia le potenzialità di crescita ci sono, ma il settore è frenato dalla mancanza di persone disposte a prestare soldi. Eppure i rendimenti sono interessanti e i tassi di default bassi. “Siamo alla ricerca di prestatori”, ha detto Maurizio Sella, fondatore e presidente di Smartika durante il convegno “Social Lending. Evolution or Revolution: the rise of P2P” organizzato insieme a Business international questa mattina in Borsa Italiana.
Sella si è però detto positivo sul potenziale di sviluppo del prestito tra privati. Oggi l’erogato complessivo in Italia si attesta attorno ai 30 milioni di euro ma il fondatore di Smartika ritiene che in 2-3 anni il settore possa espandersi a quota 300 milioni di euro. Una proiezione, ritenuta da Sella conservativa, che si basa sulla potenzialità di maggiore diffusione di internet e sull’espansione dell’ecommerce. “La penetrazione di internet nelle case e la connettività è un elemento che deve migliorare. Nel peer to peer lending tutto il processo è online e c’è ancora chi si trova in difficoltà. Siamo indietro ma il potenziale di crescita è enorme, sono positivo”, ha spiegato Sella ricordando come solo nel 2009 la percentuale di operazioni bancarie online si attestasse al 25% mentre ora è salita al 70-75%.
IL PASSAPAROLA POSITIVO VALE 111 MLD
A livello mondiale il P2P è cresciuto del 117% annuo dal 2012 e a fine 2015 si attesterà a 111 miliardi di dollari (il dato si riferisce ai volumi in Usa, Europa e Cina). “Ma si tratta solo dello 0,13%, una fetta piccolissima, sul totale dell’indebitamento delle famiglie”, ha affermato Francesco Sacco, professore della Sda Bocconi (Tavolo permanente per l’Innovazione e l’Agenda Digitale italiana) che ha presentato il working paper “P2P Lending: quali prospettive 2015-2010”. Un’espansione dovuta al “passaparola positivo” che continua ad accelerare grazie alle esperienze andate a buon fine. Un fenomeno che si inserisce all’interno del più ampio moimento della sharing economy che sta rivoluzionando il modo in cui si usano le risorse (“sharing è il nuovo “buying”). “E che è sempre più facilitato dalla vertiginosa diffusione degli smartphone nel mondo, di molto superiore alla velocità di espansione di qualsiasi altro settore tecnologico.
“Credo ci sia una grande opportunità lasciata libera dal mondo bancario dove non si concentra l’attenzione dei grandi gruppi: il credito al consumo e i prestiti alle Pmi”, ha aggiunto Sella spiegando però come per le banche questa possa rivelarsi una win-win situation. “Negli Usa – ha spiegato – le community bank hanno fatto accordi con le piattaforme di peer to peer lending e sono riuscite così a offrire più servizi ai clienti, una win win situation. In Italia è un paio d’anni che abbiamo incontri con diversi tipi di istituti, anche le cooperative e credo ci sia attenzione verso questa attività”.
D’altra parte per gli esperti il peer to peer crea un mercato addizionale sui bisogni emergenti delle persone piuttosto che rimpiazzare semplicemente il credito bancario, grazie anche all’uso a tutto tondo della tecnologia 2.0. “Il P2P lending usa i dati differentemente dalle banche – ha detto intervenendo nel corso della tavola rotonda Robert Reoch, Global Head of Product and Strategy di Crowdnetic – per esempio ormai i social network sono usati comunemente per stabilire il rischio delle persone. Tuttavia, il fatto che il prestito vada dalle banche alle piattaforme di P2P lending non significa che le banche facciano qualcosa di sbagliato. Le banche hanno diversi servizi su cui guadagnano commissioni e che non assorbono capitale. Se spostano i prestiti su queste piattaforme per me è una situazione win-win per tutti”. Un esempio di forte espansione del P2P lending arriva dal Regno Unito dove i volumi di P2P pro capite sono il doppio che in Usa e molto più che in Cina grazie, oltreché al fattore culturale, proprio al buon funzionamento della partnership tra settore tradizionale e P2P lending e alla positiva politica del governo inglese che indirizza verso i prestatori alternativi i soggetti che vengono rifiutati dalle banche.
UNA NUOVA ASSET CLASS
Perché un privato dovrebbe però prestare soldi? “Tendenzialmente – ha spiegato Maurizio Sella di Smartika – il ritorno al prestatore è costante, si tratta quindi di un’asset class stabile”. Da gennaio 2015 Smartika ha poi introdotto una protezione per chi presta i soldi attraverso una commissione del 2% che confluisce in un fondo a tutela. I tassi di default, assicura però Sella, sono comunque inferiori alla media. “Nel credito al consumo la media nazionale dei tassi di default è del 7,2%. I tassi di default di Smartika, che ormai opera da tre anni, sono del 2,5%”. Chi diventa prestatore, registrandosi sul sito, può poi scegliere i rendimenti e la rischiosità del prestito. Per chi opera nel settore, il P2P lending non è più solo un’opportunità per i privati che cercano finanziamenti, ma sta diventando una vera e prorpia asset class di investimento. “Non c’è dubbio – assicura Reoch di Crowdnetic – che il P2P lending abbia creato una nuova asset class anche per gli istituzionali. Non deve sorprendere, è un prodotto di reddito fisso con tassi interessanti, con bassa volatilità e bassa correlazione con i mercati finanziari. E che offre anche la possibilità di prendere una esposizione specifica a livello di area geografica, scegliendo per esempio il debito delle Pmi in Europa. Con l’afflusso di questo denaro istituzionale ci stiamo muovendo dal P2P lending al market lending”.