Potrebbe arrivare una nuova proroga dello smart working per lavoratori fragili e genitori con figli sotto i 14 anni. Per queste categorie, infatti, il diritto al lavoro agile scade il prossimo 30 giugno, ma un emendamento al decreto legge Lavoro – varato dal governo il primo maggio e attualmente in discussione al Senato – presentato da M5S, Pd, Verdi e Sinistra, Autonomie prevede sia per il settore pubblico che per quello privato una proroga fino a fine anno. Sei mesi in più che, secondo i calcoli, costerebbero allo Stato circa 18 milioni di euro. La proposta sarà votata dall’Aula di Palazzo Madama il prossimo 16 giugno.
Smart Working: cosa prevedono le regole attuali
Fino al 30 giugno, il ricorso allo smart working è valido per i lavoratori fragili del pubblico e del privato e per i genitori con figli sotto i 14 anni del settore privato. Le regole sono state introdotte con il decreto Milleproroghe che a sua volta aveva prorogato la vecchia scadenza dal 31 marzo al 30 giugno, stabilendo la possibilità di ricorrere al lavoro agile per entrambe le categorie anche “in assenza degli accordi individuali” ma “a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.
Senza una nuova proroga, dopo il 30 giugno, la scelta se concedere o meno questa opportunità spetterà solo ed esclusivamente al datore di lavoro.
Chi sono i lavoratori fragili
Ma chi sono i lavoratori fragili? “Dipendenti pubblici e privati affetti dalle patologie e condizioni individuate dal decreto del Ministro della Salute di cui all’articolo 17, comma 2, del decreto-legge 221/2021″. Si tratta di quei soggetti “con marcata compromissione della risposta immunitaria”.
Rientrano ad esempio i pazienti che sono stati sottoposti a “trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva”, “trapianto di cellule staminali ematopoietiche” e che sono attualmente in “attesa di trapianto d’organo”. Ma anche quei pazienti con “patologia oncologica o onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi o a meno di sei mesi dalla sospensione delle cure” e “sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)”. Rientrano nella categoria anche i pazienti che presentano tre o più patologie tra cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, ictus, diabete mellito, bronco-pneumopatia ostruttiva cronica, epatite cronica e obesità.