Dal primo aprile cambiano di nuovo le regole sullo smart working. Dopo il nulla di fatto del Parlamento, che ha bocciato l’emendamento al decreto Milleproroghe, da lunedì vengono meno tutte le regole “speciali” in vigore dal 2020 e il lavoro da remoto torna ad essere regolato dalla normativa ordinaria prevista dalla legge n.81/2017. Un passo indietro che peserà sia sui lavoratori pubblici che su quelli privati, compresi i genitori di figli sotto i 14 anni e i lavoratori fragili che fino ad ora hanno goduto di benefici differenti.
Chi vuole continuare a lavorare in smart working deve firmare un accordo individuale con la propria azienda e il lavoro agile diventa così una “modalità di esecuzione della prestazione”.
Smart working: cosa cambia dal primo aprile
La rivoluzione era arrivata nei primi mesi di pandemia, quando milioni di lavoratori si sono ritrovati a lavorare da casa per far fronte alle necessità “di lontananza”. Poi, siamo andati avanti di proroga in proroga e, con il passare del tempo, le semplificazioni sono rimaste solo per i genitori con figli under 14 e lavoratori fragili. Dal 1° aprile in poi anche queste ultime verranno meno.
Sarà quindi necessario per tutti i lavoratori e le lavoratrici stipulare un accordo con l’azienda, così come previsto dall’articolo 19 della legge 81 del 2017 e senza regimi semplificati o vie brevi. L’accordo aziendale, a cui segue quello individuale, deve riportare tutti i parametri da considerare per lo svolgimento dell’attività lavorativa: la durata, le modalità di alternanza, i luoghi eventualmente esclusi, gli aspetti relativi alla condotta del dipendente e al potere direttivo dei dirigenti nei momenti di smart working, modalità e utilizzo degli strumenti di lavoro, i tempi di riposo e le misure per assicurare la disconnessione, le modalità di controllo della prestazione fuori dai locali aziendali, la formazione eventualmente necessaria e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.
Lo smart working nel settore privato: cosa cambia dal primo aprile
Fino al 31 marzo del 2024, i lavoratori del settore privato con figli sotto i 14 anni potevano richiedere lo smart working se, all’interno della famiglia, non fosse presente un altro genitore non lavoratore o non godessero di altri strumenti di sostegno al reddito riconosciuti in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa. Regole simili anche per i fragili.
A decorrere dal primo aprile, tutti i lavoratori privati potranno lavorare in smart working solo in presenza di un accordo tra datore di lavoro e dipendente, senza più alcun criterio di priorità nell’accesso. Dopo aver negoziato l’accordo, spetterà datore di lavoro effettuare le comunicazioni telematiche necessarie per attivarlo. In caso di ritardi si rischiano sanzioni amministrative fino a 500 euro.
Lo smart working nel settore pubblico: le regole dal primo aprile
Già dallo scorso 31 dicembre, per i lavoratori fragili del settore pubblico erano venute meno le semplificazioni sullo smart working. Da inizio anno, dunque, in base alla direttiva del 29 dicembre 2023, nel settore pubblico è il dirigente responsabile, nell’ambito dell’organizzazione di ciascuna amministrazione, a dover “individuare le misure organizzative necessarie, attraverso gli accordi individuali per la salvaguardia dei soggetti più esposti a situazioni di rischio per la salute” per lo svolgimento della prestazione in modalità agile.