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Smart communities del territorio per un fintech all’italiana

Le smart communities territoriali sono da immaginare come una sorta di piccoli universi in espansione, dove il fattore di crescita sono le interdipendenze digitali che si sviluppano tra i propri attori: in esse cittadini, imprese, enti locali, fornitori di servizi pubblici e privati, intermediari finanziari, organizzazioni non lucrative di assistenza, di promozione culturale e turistica, e via dicendo possono interagire in un crescendo, volto a migliorare le generali condizioni della vita individuale e collettiva.

Le smart communities sono infatti un mix di relazioni virtuali e reali per il soddisfacimento di una pluralità di fabbisogni materiali e immateriali e l’affermazione di nuove socialità, che portano a un risultato più complesso di quello che originerebbe unicamente da più efficienti relazioni di scambio economico.

La tecnologia delle piattaforme per il trattamento digitalizzato delle informazioni è il fattore abilitante di questi processi, che rendono fruibile la condivisione di un patrimonio informativo e relazionale, da far crescere come fosse una miniera dalla quale quanto più si estrae tanto più si ricostituisce, per essere di nuovo estratto, e quindi messo a disposizione di tutti. Gli elementi propulsivi per la creazione di smart communities con solide caratteristiche di sostenibilità richiedono di essere attentamente analizzati, dato che è difficile ipotizzare meccanismi spontanei di avvio, crescita e mantenimento nel tempo di questo nuovo modello di vita sociale.

Ecco quindi che, oltre a individuare i fattori dinamici di questa auspicabile evoluzione, bisogna anche disegnarne e implementarne le modalità di funzionamento. Costruire infrastrutture tecnologiche per Smart communities territoriali non richiede oggi grandi investimenti, in quanto le tecnologie di rete appaiono sufficientemente mature e con costi flettenti. Anche le tecniche di analisi dei dati della nuova data science offrono metodi sufficientemente sviluppati, per il processamento di informazioni e sono in piena espansione.

Sono invece da esplorare i vincoli che nascono da ancora ridotte attitudini della popolazione a intraprendere la strada dei servizi digitali e le possibilità di far leva su processi incentivanti, individuando quelli più adatti. Emerge l’importanza dei pagamenti digitalizzati non solo come più efficiente modalità per regolare le transazioni economiche, ma come effettivo punto di partenza della concatenazione Smart payments > Smart Services > Smart communities.

I pagamenti sono infatti da sempre l’insieme di relazioni interpersonali più ampio e distribuito, che, con la semplificazione e la standardizzazione introdotta con la Sepa e l’evoluzione tecnologica degli strumenti (essenzialmente il mobile), possono costituire la base sulla quale sviluppare interdipendenze socio-economiche sempre più ramificate. Semplificazione e standardizzazione dei processi di pagamento, compresi quelli di minore importo, significano in primo luogo rafforzamento della sicurezza, dell’efficienza e della trasparenza delle transazioni, con la progressiva eliminazione di costose abitudini come la preferenza per il contante o altre forme di pagamento che riflettono peculiarità nazionali (ad esempio i bollettini postali) poco adatte agli sviluppi di che trattasi.

I pagamenti che consentono l’integrazione all’interno del paese e nei rapporti con gli altri paesi dell’area Euro si chiamano bonifici e addebiti diretti Sepa e carte di pagamento e le transazioni che avvengono per il loro tramite sono la miniera di informazioni da utilizzare. Partendo dalle informazioni trattate sulle piattaforme tecnologiche dei pagamenti si possono infatti costruire altre apposite piattaforme che consentono di
a) contabilizzare relazioni tra membri di una comunità in grado di generare valore
b) sviluppare meccanismi di redistribuzione di quel valore.

Proviamo a fare alcuni semplici esempi, nel campo tanto degli incentivi economici, quanto in quello del miglioramento di alcune pratiche importanti per la vita individuale e collettiva come la salute, l’inquinamento o la crescita culturale. Se faccio rifornimento di benzina, posso associare questa transazione economica ad un’altra fornita da una differente entità economica (un supermercato, un negozio di articoli sportivi e così via), a mezzo di bonus, sconti o punteggi da accumulare, creando una catena volta a promuovere altri acquisti.

Posso ottenere prestazioni gratuite come le analisi cliniche, se vado in farmacia per comprare i farmaci prescrittimi con una ricetta. O fruire di accessi ad un museo o ad uno spettacolo teatrale, acquistando libri e viceversa. I servizi di parcheggio, gestiti in modalità digitale, mi possono far accedere più convenientemente al noleggio di auto o scooter elettrici per un minore inquinamento dei centri urbani. Piattaforme di scambio diretto di beni materiali e di servizi tra cittadini (si pensi al crowdfunding, come modalità di finanziamento senza la frapposizione di intermediari) possono essere costruite secondo gli stessi criteri.

La gamma di queste applicazioni è praticamente illimitata, segnando l’appartenenza di ciascun individuo a circuiti virtuali e reali diversi in relazione alle proprie esigenze, non mancando esempi già operativi di queste interazioni. Ecco che possiamo progressivamente sviluppare una rete di smart services, riconducibili all’e-commerce, all’e-government e alla social innovation. L’insieme di questi servizi costituisce il valore cui il cittadino può accedere all’interno di una comunità digitale.

La redistribuzione di questo valore può avvenire attraverso modalità differenti quali il cash back, cioè la restituzione immediata di benefici monetari, il value back, vale a dire l’accumulo di diritti a utilizzo differito, non strettamente connessi con vantaggi economici, anche nelle varianti del couponing e del ticketing, titoli digitalizzati a fruizione differita e differenziata. L’alimentazione di questi vantaggi rappresenta il fattore incentivante in grado di promuovere altre transazioni digitalizzate, in luogo del contante, che esaurendo il proprio ruolo nel momento stesso del suo utilizzo, è privo di contenuti informativi da esplorare.

È in definitiva la possibilità di produrre informazione ciò che lega i pagamenti elettronici all’estensione della domanda di servizi elettronici, creando legami di appartenenza di un individuo ad una comunità di benefici digitalizzati piuttosto che ad un’altra. Si forma via via un “tutto” che presenta manifestazioni e caratteristiche diverse dalla somma delle singole parti che lo compongono, con la capacità di espandersi e modificarsi in continuazione, creando nuovi servizi e nuove combinazioni tra di essi.

Ciò è, a sua volta, di stimolo per le imprese che possono essere spinte a integrare la loro offerta, attraverso il ricorso a contratti di rete, nei quali fissare i vantaggi reciproci di proposte commerciali congiunte e complementari. Si prestano a questo scopo le offerte sul web di beni tipici di una certa zona, da associare a pacchetti di promozione turistica e alla partecipazione ad eventi culturali locali.

La progressione di queste smart communities richiede anche il definitivo ed esteso passaggio al digitale di tutti i servizi pubblici e il rinnovamento dei modelli di business più tradizionali, come nel caso del local banking, che dovrebbe essere indotto a sostenere il finanziamento di queste nuove entità, anche per ricavarne vantaggi informativi circa la rete delle interdipendenze che caratterizzano i propri territori, al fine sia di maggiori opportunità di business sia di contenimento dei rischi.

Le banche locali e altri intermediari finanziari specializzati, come gli istituti di pagamento e quelli di moneta elettronica, potrebbero anche impostare, seguendo il percorso sopra descritto, vere e proprie politiche di inclusione finanziaria delle parti di popolazione che, a seguito della crisi, sono rimaste prive di qualsiasi rapporto bancario. Si prestano a queste azioni ad elevato valore aggiunto economico e sociale strumenti quali il conto di pagamento, prodotto di base indicato dalle direttive europee, che, praticamente privo di rischi per l’intermediario e a basso costo per l’utente, consente di gestire tutti gli incassi e i pagamenti digitalizzati attraverso carte di pagamento, piattaforme di internet banking e smart phones.

Si potrebbero progettare anche attività di consulenza specialistica per indirizzare il contesto socio-economico nella direzione qui analizzata, promuovendo occasioni pubbliche di dibattito per incoraggiare la tendenza verso le smart communities. La dimostrazione di poterle adattare alle effettive occorrenze di ciascun territorio potrebbe essere ottenuta mediante il disegno di apposite mappe di sviluppo di servizi digitali da promuovere secondo criteri di priorità. Anche la ricerca potrebbe trovare campi di applicazione, come pure la politica industriale ora riattivata con il programma Industria 4.0

Molte zone del nostro paese presentano tratti peculiari che nel tempo hanno prodotto modalità di organizzazione della vita sociale ed economica che continuano ad avere importanti effetti positivi. Si pensi, nella storia più recente, ai distretti industriali o alle aree territoriali a industrializzazione diffusa o a quelle a spiccata attrazione culturale, artistica e paesaggistica. Le smart communities nei loro collegamenti con altre configurazioni similari possono poi attivare circuiti sempre più articolati e complessi, con rafforzamento dei vantaggi reciproci dei suoi appartenenti. 

Dopo tutto il nostro modello di paese delle cento città, dei mille e mille comuni, delle numerose istituzioni locali profit e no profit sembra rappresentare il contesto ideale per una trasformazione verso comunità in cui i benefici della digitalizzazione, trovando bacini già predisposti per modalità di interazione socio/economica, possono realizzarsi in una efficace sintesi di innovazione tecnologica, processi incentivanti e indirizzi programmatici di crescita. Dovremo decisamente irrobustire i primi esperimenti di smart communities e promuoverne altri, affinché la strada di un “fintech all’italiana” possa essere effettivamente percorribile, per contribuire al fabbisogno di innovazione cui sono sempre più legati i nostri destini di ripresa.

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