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Siria: cambio e profughi, ecco la miscela esplosiva

La guerra civile ha colpito i canali attraverso i quali il paese accumula valuta forte, mentre nell’emergenza umanitaria va individuata la fonte delle pressioni sia in termini di stabilità sociale che di sostenibilità finanziaria nei paesi limitrofi.

Siria: cambio e profughi, ecco la miscela esplosiva

Il PIL siriano ha registrato dal 2011 ad oggi una grave flessione causata dell’impatto della guerra civile su consumi privati, investimenti ed esportazioni. La presenza degli investitori stranieri è stata drasticamente ridotta dall’interruzione di attività industriali e produzioni agricole, senza contare le sanzioni imposte a livello internazionale, che hanno comportato una severa flessione dell’export (-46% nel 2013 rispetto all’anno precedente). Il perpetuarsi delle violenze ha così colpito i canali attraverso i quali il paese accumula valuta forte (da 19,5 miliardi di dollari a fine 2010 a 2,5 mld stimati nel 2013). In particolare le esportazioni di petrolio (stimate pari a 87,000 b/g nel 2010 prima dell’inizio delle tensioni) si sono ridotte drasticamente dall’introduzione delle sanzioni internazionali nel 2011. Allo stesso tempo, la valuta locale continua ad indebolirsi (da 1USD:50SYD a inizio 2011 a 1USD:200-240SYD sul mercato nero), visto anche il divieto dell’uso di dollari nelle transazioni commerciali interne dettato dai timori relativi alla crescente dollarizzazione dell’economia.

Nonostante ciò, il focus di SACE indica come l’ipotesi di un intervento militare nel paese abbia avuto un impatto limitato sul prezzo internazionale del petrolio. La Siria in effetti non rientra nei principali paesi produttori (rappresenta circa lo 0,4% della produzione mondiale), né ne costituisce uno snodo centrale per il transito. Il picco raggiunto a fine agosto (il valore più alto degli ultimi sei mesi) è legato alla più ampia instabilità di Nord Africa e Medio Oriente: nel periodo di osservazione si infatti sono verificate interruzioni della produzione di in Libia, un peggioramento del livello di sicurezza in Egitto (in particolare del Canale di Suez) e in Iraq (il secondo produttore tra i paesi OPEC), dove gli sviluppi siriani stanno alimentando nuove tensioni nei rapporti tra Sunniti e Sciiti. Si è riscontrato un aumento dell’attività dei gruppi terroristici che dalla Siria coordinano le attività dei ribelli contro il regime di Assad e organizzano attacchi in Iraq, causando un forte aumento delle vittime tra i civili (luglio è stato il mese più sanguinoso dal 2008) e attacchi alle infrastrutture petrolifere.

In questo scenario, è il Libano ad essere il paese più esposto alle conseguenze di una prolungata crisi in Siria, a partire dagli attriti tra le diverse confessioni religiose, che interessano gli equilibri istituzionali domestici, con ripercussioni profonde nei legami storici tra i due paesi, alle crescenti pressioni sociali innescate dalla presenza di circa 700 mila profughi siriani (su una popolazione di circa 4 milioni). Ed è proprio su questo tema che il focus SACE pone l’accento, visto l’impatto esplosivo su tutta la regione, con l’aumento delle pressioni all’interno dei paesi di destinazione, sia in termini di stabilità sociale che di sostenibilità delle finanze pubbliche. In Libano e Giordania, dove affluisce la maggioranza del flussi dei rifugiati (rispettivamente pari al 18% e 8% della popolazione locale), grava già sull’economia una posizione fiscale debole. La prossimità del conflitto siriano influisce negativamente anche sui flussi turistici e potrebbe rappresentare un deterrente per gli investimenti esteri nei paesi limitrofi.

Ecco allora che l’interscambio italiano in Siria non fa eccezioni, registrando una decisa flessione negli ultimi anni: nel 2012, con l’intensificarsi delle ostilità e l’adozione di sanzioni internazionali sempre più stringenti, gli scambi tra i due paesi sono diminuititi dell’84% rispetto all’anno precedente con una riduzione dell’export italiano in Siria del 73% nel corso di quest’anno, attestandosi a 19 milioni di euro. A risentirne maggiormente sono le vendite di prodotti energetici raffinati e meccanica strumentale (rispettivamente –99% e –81% rispetto al 2011).

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