La guerra civile in Siria sta conoscendo in questi giorni una improvvisa recrudescenza. Le forze ribelli jihadisti che si oppongono al governo guidato da Bashar al-Assad hanno lanciato un’offensiva contro l’esercito regolare descritta dalla BBC come “la più ampia da anni”. Hanno già preso il controllo di Aleppo, la seconda città più grande del Paese già al centro di violentissimi combattimenti in passato e poi anche di tutta la provincia di Idlib.
L’attacco a sorpresa – riporta ancora l’emittente britannica – ha spinto le forze aeree russe a compiere i primi bombardamenti su Aleppo dal 2016, mentre quelle fedeli al governo si sono ritirate dalla città. A guidare l’offensiva è il gruppo chiamato Hayat Tahrir al Sham – Commissione per la liberazione della Siria – che da tempo è profondamente coinvolto nel conflitto che da anni sta sconvolgendo la Siria.
Negli scontri tra miliziani e militari ci sono già centinaia di morti. Nelle ultime ore si è ipotizzata l’uccisione, non confermata, di Abu Muhammad al-Jawlani leader dei ribelli, secondo fonti libanesi, a causa di un raid che i russi, che stanno sostenendo il regime di Assad, avrebbero compiuto nella città di Iliab, roccaforte dell’organizzazione Hay’at Tahrir al-Sham.
L’Onu ha ordinato l’evacuazione, in un convoglio in cui ci sono anche cittadini italiani. Dal presidente siriano Assad poche parole: “sconfiggeremo i terroristi”. I media turchi si spingono a parlare di golpe.
Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha detto che “gli attacchi dei ribelli in Siria fanno parte di un piano israelo-statunitense per destabilizzare la regione”. Lo si apprende dai media statali iraniani. Ieri i ministri degli Esteri di Iran e Russia hanno espresso il loro sostegno alla Siria contro i ribelli. Abbas Araghchi, visiterà Damasco in seguito all’offensiva dei ribelli nel governatorato di Idlib e ad Aleppo. La notizia è stata data dal canale televisivo saudita Al-Hadath. Lunedi’ Araghchi visiterà anche la Turchia, che confina con la regione controllata dai ribelli.
L’avanzata delle forze ribelli jihadisti
L’offensiva guidata da Hayat Tahrir al Sham ha investito inizialmente le campagne a ovest di Aleppo e poi l’intera città siriana. Questa è stata conquistata totalmente nella notte e nelle prime ore di sabato, mentre le forze governative si ritiravano lasciando sguarniti gli aeroporti militari di Kuwairis, Abu Dhuhur, Nayrab e persino l’aeroporto internazionale di Aleppo, mai caduto nelle mani di insorti dall’inizio della guerra più di 13 anni fa. Le forze curde, espressione dell’ala locale del Pkk e che hanno da tempo mantenuto una roccaforte ad Aleppo, hanno inizialmente tentato di approfittare del ritiro dei governativi e hanno per primi preso il controllo dello scalo internazionale della città.
La caduta dell’aeroporto di Aleppo
Nel pomeriggio di sabato, dopo duri negoziati con le forze filo-turche, l’aeroporto è passato in mano ai jihadisti guidati da Ankara. Questi hanno proseguito verso sud, entrando senza colpo ferire in tutta la regione di Idlib, e penetrando, per la prima volta dopo quasi un decennio, in quella centrale di Hama. Qui, le forze russe si sono ritirate dall’aeroporto militare e dalla base chiave di Sqeilibye, sul fiume Oronte. L’offensiva jihadista ha poi raggiunto la periferia di Homs, 100 chilometri a nord della capitale. Le notizie hanno dato forza alle mai sopite aspirazioni politiche delle fazioni ribelli del sud della Siria, che hanno attaccato postazioni governative a Daraa e Suwayda, al confine con la Giordania.
La promessa di Assad
Ieri sera, sabato, il presidente siriano Bashar Assad ha promesso di “sconfiggere i terroristi” indipendentemente dalla grandezza dei loro attacchi. “La Siria continua a difendere la sua stabilità e integrità territoriale contro tutti i terroristi e i loro sostenitori, ed è capace, con l’aiuto dei suoi alleati e amici, di sconfiggerli ed eliminarli, indipendentemente dall’intensità dei loro attacchi”, ha detto in un colloquio telefonico con la sua controparte degli Emirati, ha affermato la presidenza siriana in una nota.
Alcuni media parlano di golpe
Agenzie e media arabi parlano di scontri tra forze governative a Damasco, con voci non confermate di golpe in atto contro Bashar Al-Assad.
L’Hts e gli altri
L’Hayat Tahrir al Sham è un raggruppamento di milizie jihadiste capeggiate da Abu Mohammad al-Jolani, fondatore nel 2012 dell’ala siriana di al-Qaida ma poi staccatosi dal qaidismo internazionale per dar vita a una forma più pragmatica di jihadismo politico con base nella regione nord-occidentale siriana di Idlib. L’Hts in questi anni è rimasta attiva in parte della regione di Idlib. E qui nel corso degli anni la Turchia ha esteso la sua influenza politica e militare diretta, avendo già occupato ampie zone del nord-ovest e del nord-est della Siria.
Abu Mohammad al-Jolani, 42enne originario della regione di Damasco, non ha mai ammesso legami diretti con Ankara: tuttavia da più parti viene definito un agente del sistema di potere incarnato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. L’Hts e il suo leader – riporta l’Associated Press – negli ultimi anni hanno cercato di riposizionarsi rispetto alle loro origini: il loro focus è diventato quello di promuovere il governo civile nei territori controllati, oltre alle azioni militari.
Dopo aver reciso i legami con al-Qaida, Abu Mohammad al-Jolani ha represso alcuni gruppi estremisti nel territorio e si è descritto come protettore delle altre religioni: nel 2023, per la prima volta da anni, nella città di Idlib è stata concessa l’autorizzazione per celebrare una messa cristiana. Secondo un rapporto del 2018 del CSIS Transnational Threats Project sui gruppi salafiti-jihadisti, Hts ha una forza combattente tra i 12mila e i 15mila militanti.
Proprio dalle zone sotto il controllo dell’Hayat Tahrir al Sham, all’alba del 26 novembre, si sono mosse le prime avanguardie dell’offensiva jihadista filo-turca contro le postazioni governative, iraniane e russe. All’interno della struttura militare di Hts ci sono ex ribelli siriani anti-governativi, fautori delle prime rivolte armate contro il potere del contestato presidente Bashar al Assad, accanto a transfughi del qaidismo locale e dell’Organizzazione dello Stato islamico. Ma ci sono anche numerosi mercenari, cooptati dalla Turchia, del Caucaso e dell’Asia centrale fino agli uiguri dello Xinjang in Cina. Si tratta di combattenti non siriani, non arabi ma musulmani sunniti con profondi sentimenti anti-russi e anti-cinesi.
Tra le forze ribelli, comunque, non figura solamente l’Hayat Tahrir al Sham. Al loro fianco l’offensiva di questi giorni è condotta anche da un’altra coalizione, il cosiddetto Esercito nazionale siriano, Jaysh al watani, da non confondere con l’esercito regolare governativo di Damasco. Questo gruppo, che per ora occupa una posizione subordinata rispetto agli uomini di al-Jolani, è una creazione diretta dei servizi di sicurezza militari e dell’esercito turco e nel corso degli anni ha inglobato una serie di fazioni della rivolta siriana del 2011-12 espulse a partire dal 2014 da Homs, Aleppo, Hama, Daraa e dalla regione di Damasco durante la fase di riconquista governativa, russa e iraniana.