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Sindacati e imprese, nasce il contratto nazionale multi-manifatturiero: cosa prevede, minimo salariale e innovazioni di Confimi

È stato siglato nei giorni scorsi il primo contratto nazionale multi-manifatturiero che racchiude in un testo unico le basi delle relazioni industriali per diversi settori

Sindacati e imprese, nasce il contratto nazionale multi-manifatturiero: cosa prevede, minimo salariale e innovazioni di Confimi

Nel contesto di uno scenario sindacale in tutt’altre faccende affaccendato (la Cgil, reduce dall’impegno referendario sia in proprio, sia a supporto delle opposizioni sta già mobilitandosi preventivamente contro una legge di bilancio, che è già consapevole di non condividere prima che sia stata scritta almeno in bozza) c’è una novità: la stipula tra Confimi (col presidente Paolo Agnelli) e Confsal  (col segretario generale Angelo Raffaele Margiotta) del primo contratto nazionale multi-manifatturiero che racchiude in un testo unico le basi delle relazioni industriali per diversi settori: tessile, chimica, plastica, gomma, alimentare, legno-arredo. 

Il testo siglato è stato presentato nei giorni scorsi a Roma alla presenza del ministro Marina Elvira Calderone e del presidente della Commissione Lavoro della Camera  Rizzetto. Mentre altri autorevoli invitati non si sono presentati, è intervenuto l’ex ministro Cesare Damiano del Pd che, nei fatti, ha fornito un assist importante – in relazione della sua personale autorevolezza – al contratto multi-manifatturiero. 

Contratto nazionale multi-manifatturiero: cosa prevede

Per quanto riguarda i contenuti, ci avvaliamo della sintesi compiuta da Il Sole 24 Ore:

Numerosi gli elementi – ha spiegato  il presidente Paolo Agnelli caratterizzano il nuovo contratto :il salario minimo che viene portato a 9 euro ai tabellari, primo caso in Italia da sottolineare;  la multifattorialità del contratto che ne  sostituisce circa 15-16 contratti manifatturieri con uno solo, semplificando il lavoro delle associazioni, di chi fa le paghe, delle aziende e quant’altro e l’altra è la settimana corta che prevede il pagamento di 40 ore settimanali, lavorate 36. Ovvero, per farla semplice, potrebbe essere divisa come si vuole, ma si presume che il massimo della divisione sia il  lavorare il lunedì, martedì, mercoledì e giovedì e venerdì dando  più spazio alla famiglia e ai propri hobby nel fine settimana”. Gli elementi innovativi del nuovo contratto riguardano anche la parte normativa.  E’ considerato  parecchio innovativo il c.d.  il preavviso attivo, ovvero nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro per motivi economici, l’imprenditore mette in atto una condotta proattiva segnalando il lavoratore al sistema imprenditoriale per una sua ricollocazione. Un altro elemento qualificante è l’indennità di qualificazione: viene riconosciuta un’indennità al lavoratore in possesso di un titolo di studio che sia superiore a quello previsto per il livello in cui è inquadrato. Dal punto di vista generale, segna il nuovo modello un colpo sulle norme generali che sono applicabili in tutti i comparti economici, quindi assicurano una omogeneità di trattamento giuridico a tutti i lavoratori ovunque essi prestino la loro opera. Il ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone ha detto di guardare con molta attenzione e favore a modelli contrattuali innovativi, che pongano sollecitazioni positive al mondo del lavoro. Tra i punti qualificanti, il ministro ha evidenziato la valorizzazione del percorso formativo, l’apertura alla partecipazione dei lavoratori e la conferma della contrattazione a due livelli.

Il Sole 24 Ore

Minimo salariale a 9 euro

Prendendo la parola dopo gli apprezzamenti dell’ex ministro Nunzia Catalfo, Cesare Damiano ha messo in sicurezza il testo rispetto alle critiche violente della sinistra politica e sindacale. “Qui non siamo di fronte a un contratto pirata – ha assicurato Damiano – ma a
un contratto di diversa impostazione. La fissazione del minimo salariale a 9 euro è rivoluzionaria, ci troviamo di fronte ad un contratto che fissa uno standard salariale minimo. Io ho studiato le norme e consiglio a tutti di farlo”. 

Una distinzione utile e necessaria, perché, l’anno scorso, durante il dibattito sul salario minimo era stato chiarito che non si doveva confondere la questione della rappresentatività con quella del dumping sociale e cioè che non erano pirata tutti i contratti stipulati da organizzazioni diverse da Cgil, Cisl e Uil. 

Dai dati CNEL e INPS relativi a 434 CCNL privati e a 12.914.115 lavoratori, (esclusi i contratti agricoli e dei lavoratori domestici) emergeva che 162 (37,3%) firmati dalle maggiori organizzazioni sindacali confederali coprivano 12.517.049 lavoratori (97%) e 272 contratti (62,7%) firmati da organizzazioni sindacali diverse da quelle confederali coprivano 387.066 lavoratori (3%). Questi contratti non erano meccanicamente annoverati come ‘’pirata’’. 

Secondo stime attendibili, quest’ultima tipologia in regime di dumping riguardava lo 0,3% del complesso dei lavoratori (44mila). I firmatari del contratto hanno avuto l’accortezza di girare al largo del rinnovo dei metalmeccanici, ma non c’è dubbio che la scelta è innovativa e semplifica un assetto molto frantumato dei contratti in vigore (che spesso si fanno la concorrenza al ribasso anche se sono firmati dai sindacati confederali tradizionali). 

Peraltro negli ultimi decenni le Confederazioni hanno realizzato delle importanti incorporazioni sul piano organizzativo, nei trasporti, nel pubblico impiego, nell’industria, nell’agro-alimentare, ma non ha proceduto di pari passo l’unificazione dei contratti, che continuano a fare storia a sé. 

Concessioni importanti per un riconoscimento di rappresentatività

Guardando ai contenuti del contratto balza agli occhi un coinvolgente tentativo di affabulazione, nel senso che Confimi ha fatto delle concessioni importanti su aspetti di forte interesse dei sindacati (dal salario minimo alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario fino a forme di partecipazione). Poi aveva già provveduto fin da giugno a prevedere l’erogazione degli aumenti retributivi. È evidente la volontà di pagare un prezzo elevato in cambio di un riconoscimento di rappresentatività che può venire solo dalle controparti in modo reciproco. 

Chi ha la mia età e la mia lunga esperienza sindacale ricorda un caso analogo del 1966. Il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici, reduce dal successo del 1963, proseguiva con difficoltà perché la Confindustria voleva ridimensionare il diritto alla contrattazione articolata, conquistata nel precedente contratto. Ad un certo punto si presentò alle federazioni dei metalmeccanici la Confapi (piccole imprese)  che voleva entrare nel gioco grande a fianco della Confindustria e dell’Intersind. Accettò di sottoscrivere un contratto che comprendeva tutte le rivendicazioni dei sindacati. La sottoscrizione di quel protocollo costituiva l’escamotage per esonerare le aziende firmatarie dalle azioni di sciopero. Si vide subito che l’operazione non teneva perché provocò la dissociazione di molte aziende territoriali, ma la Confapi entrò nel Club delle organizzazioni riconosciute. Però nel mondo delle piccole imprese i problemi non sono stati risolti perché la Confimi proviene da una scissione della Confapi. Giustamente i sindacati vogliono trattare con chi è effettivamente rappresentativo, ma si può sempre tenere conto delle esperienze utili e innovative.

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