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Silvestri (Iai): “Trump un teatrante. Così azzoppa l’Europa, non la Russia”

INTERVISTA a STEFANO SILVESTRI – Già presidente dello Iai e grande esperto di politica internazionale, Silvestri non crede al tono minaccioso di Trump al vertice Nato: “Insegue un tornaconto di politica interna. Se ne avvantaggerà la Cina”- “In Europa si parla solo di immigrazione, ma al momento è un problema inesistente” – “Il rapporto privilegiato di Conte con la Casa Bianca? Pura fantasia”

Silvestri (Iai): “Trump un teatrante. Così azzoppa l’Europa, non la Russia”

Donald Trump minaccia di ritirare gli Stati Uniti dalla Nato, rimprovera l’Europa perché spende troppo poco per la difesa e finge di imporre la propria volontà agli alleati, che subito dopo lo smentiscono. Non solo: il Presidente americano accusa la Germania di essere “prigioniera” della Russia, ma allo stesso tempo prepara il bilaterale di lunedì con Vladimir Putin cercando un accordo sotterraneo con Mosca. È uno scenario paradossale quello consegnato dall’ultimo vertice atlantico andato in scena mercoledì e giovedì a Bruxelles, ma dietro alle sceneggiate di Trump s’intravede la trama di una strategia. A cosa punta la Casa Bianca? E quali saranno le conseguenze per l’Europa? Ne abbiamo parlato con Stefano Silvestri, già presidente dell’Istituto Affari Internazionali (Iai), sottosegretario di Stato alla Difesa e consulente della Presidenza del Consiglio sotto diversi governi.

Presidente Silvestri, quello di Trump è un bluff o è verosimile pensare che gli apparati militari americani gli permetterebbero di abbandonare la Nato?

«L’impressione è che siamo di fronte a una rappresentazione teatrale organizzata da Trump per autoesaltarsi e ricavare un tornaconto in politica interna. La decisione di abbandonare la Nato, per quanto sconvolgente, rientrerebbe nei poteri del Presidente americano, ma sarebbe in forte contraddizione con tutte le analisi prodotte dal Pentagono sulla valutazione dei rischi per gli Stati Uniti, oltre che con le affermazioni del ministro della Difesa e dei vertici militari, che parlano della Russia come dell’avversario numero uno. Quindi se Trump ritirasse gli Usa dalla Nato smentirebbe i documenti della sua stessa amministrazione».

Qual è la verità sui finanziamenti alla Nato? Trump canta vittoria, sostenendo di aver convinto gli altri Paesi ad aumentare le spese per la difesa, ma gli alleati lo smentiscono.

«Trump è solito inventare la realtà. Per fortuna, finora non ha minacciato di abbandonare la Nato se l’Europa non cederà sul versante commerciale, ma si è limitato a chiedere maggiori spese per la difesa. Gli europei hanno confermato gli impegni già presi, dopo di che il Presidente americano ha citato come suo successo personale i pochi aumenti nei bilanci della difesa che ci sono stati quest’anno. Si tratta di una sua lettura fantasiosa».

Quello che più colpisce è l’ostentazione di aggressività contro l’Europa in generale e contro la Germania in particolare. Qual è il vero obiettivo del Presidente americano? 

«Trump punta a indebolire l’Unione europea e a metterle pressione dal punto di vista commerciale. Per riuscirci, sceglie di colpire soprattutto Berlino. Il vero problema è che fino a oggi le questioni economiche erano secondarie rispetto alla solidarietà dal punto di vista strategico-difensivo, mentre con Trump questo rapporto sembra essersi invertito. Se gli Usa continueranno a non riconoscere più un interesse strategico comune e a condizionare la difesa ai propri interessi commerciali, la solidarietà atlantica non potrà durare. A quel punto, l’Italia sarà costretta a decidere da che parte stare e questo governo dovrà cominciare a pensare alla sicurezza e alla politica estera. Cosa che finora non ha fatto».

Ma il 30 luglio Conte andrà in visita alla Casa Bianca. Alcuni sostengono che il Presidente del Consiglio italiano abbia sostituito Macron come primo interlocutore europeo di Trump. È così?

«Chi parla di asse privilegiato fra Italia e Stati Uniti lavora di fantasia. Finora, il nostro governo non si è allineato alle affermazioni di Trump più di quanto abbiano fatto gli altri Paesi europei. Lo abbiamo visto proprio con la discussione sui fondi per la difesa: anche l’Italia ha smentito il Presidente americano, confermando gli accordi già in vigore. Sarei molto prudente nel pensare che il nostro Paese possa giocare un ruolo di alleato autonomo degli Stati Uniti».

Veniamo ai rapporti Usa-Russia. Cosa si aspetta dal vertice di lunedì fra Trump e Putin?

«Credo che Trump punti a un successo mediatico e che parlerà in termini molto vaghi di una “nuova intesa”, un po’ come ha già fatto dopo l’incontro con Kim Jong-un».

Quali potrebbero essere i contenuti di un eventuale accordo?

«Il Presidente americano si è già detto pronto a regalare la Crimea alla Russia, il che è inaccettabile perché una decisione del genere non rientra nei suoi poteri e contraddice le decisioni prese in ambito Onu, Ue e anche in sede di accordo transatlantico fra Stati Uniti ed Europa. Il problema ora è capire cosa gli darebbe in cambio Putin. Se la contropartita non fosse concreta e molto importante, ad esempio un ritiro completo dall’Ucraina o un accordo sulla Siria, Trump si ritroverebbe in una situazione molto più difficile rispetto a quella che ha dovuto affrontare con la Corea del Nord».

Intende dal punto di vista delle relazioni internazionali o sul fronte interno?

«Su entrambi i versanti, ma soprattutto su quello della politica interna, visto che finora il Congresso – compresa la parte repubblicana – pur non smentendo direttamente Trump, ha continuamente ribadito il suo giudizio negativo su Mosca. Il tutto mentre ancora si attendono gli sviluppi del Russiagate».

Alla fine, chi esce vincitrice da tutti questi contrasti è la Cina?

«Sì, Pechino non può che guadagnare da una situazione del genere. Gli Stati Uniti sono distratti e Trump sembra essersi dimenticato della massiccia presenza cinese in Africa e nel Mediterraneo. Ammesso che ne sia mai stato a conoscenza».

Le conseguenze peggiori sembrano ricadere invece sull’Europa, già fortemente indebolita dalle sue questioni interne irrisolte. Secondo lei qual è il terreno di scontro su cui l’Ue corre i maggiori rischi di saltare, i migranti o la moneta unica?

«Per fortuna ormai dell’euro non parla più nessuno: si sono resi conto che mettere in discussione l’area valutaria è pura follia. Ora si parla quasi solo di immigrazione, che al momento è un problema inesistente, perché riguarda poche migliaia di persone. La portata della minaccia è semplicemente ridicola rispetto a qualche anno fa”.

Da questo punto di vista, gli alleati che Salvini si è scelto in Europa – il tedesco Seehofer e l’austriaco Kickl, ma anche il gruppo di Visegrad – hanno interessi opposti a quelli dell’Italia. Come si spiega questa strategia?

«Puro teatro a fini elettorali. In realtà, finora non ci sono state decisioni serie e la politica estera italiana non è cambiata. Salvini si presenta come se non fosse solo ministro dell’Interno, ma anche presidente del Consiglio, ministro degli Esteri e della Difesa. Può essere che sia così negli equilibri interni del governo. Ma finora, in concreto, non mi pare».

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