L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) si riunirà per la settima Conferenza delle Parti (COP VII) i prossimi 7-12 novembre a New Delhi, India. La Conferenza ha l’obiettivo di monitorare lo stato di attuazione della Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco (Framework Convention on Tobacco Control, FCTC) e promuovere soprattutto azioni regolatorie e fiscali mirate a ridurre il consumo di tabacco. Ma intanto un Paese si è già portato avanti, ed è la Svezia.
I documenti rilasciati la scorsa settimana dall’Oms dimostrano infatti che uno degli obiettivi in agenda a New Delhi sarà quello di limitare l’accesso alle nuove tecnologie che hanno permesso a milioni di persone di smettere di fumare scegliendo “sigarette alternative”, da quella elettronica a prodotti a tabacco riscaldato. Secondo l’Oms la “fine del gioco” (end-game) del fumo sarà raggiunta nei Paesi dove il tasso di fumatori raggiungerà un numero inferiore al 5% sul totale della popolazione. Un obiettivo ancora lontano per molti, se si considera che a livello globale il numero dei fumatori continua a crescere nonostante le misure sempre più restrittive adottate, ma non per Stoccolma.
Se in Italia, secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, i fumatori sono 11,5 milioni, oltre il 20% della popolazione, secondo i dati del governo svedese, nel 2015, ha fumato solo il 6% dei giovani svedesi. La spiegazione per questa eccezione è che il 25% degli Svedesi usa lo “snus”, un sacchetto di tabacco da mastico che rilascia nicotina. Grazie allo “snus” non solo la Svezia è sulla strada per diventare il primo paese ad ottenere un tasso di uomini fumatori al di sotto del 5%, ma è il paese con il più basso tasso di cancro ai polmoni tra gli uomini in Europa (la percentuale è più elevata tra le donne svedesi, perché non utilizzano molto lo snus), oltre ad avere un basso tasso di altre malattie legate al fumo come le malattie cardiache.
Un caso spettacolare di riduzione del danno, ancora una volta sottovalutato dall’Oms che anzi, attraverso uno studio effettuato nel 1985, in base al quale fu concluso che “l’uso di tabacco orale nei tipi usati nel Nord America e nell’Europa Occidentale è carcinogeno per gli esseri umani”, ha fatto sì che l’Unione europea vietasse la vendita di snus nel 1992. L’unico Paese europeo dove è la vendita è lecita è appunto la Svezia (oltre alla Norvegia, che però non fa parte dell’Ue), con dei risultati sotto gli occhi di tutti: del resto un altro comitato dell’Oms ha poi riconosciuto la mancanza di evidenti conseguenze per la salute nei consumatori di snus.
Prendendo spunto dall’esperienza svedese, l’Oms potrebbe dunque rivedere le proprie politiche nei confronti delle alternative alle sigarette tradizionali e dei prodotti del tabacco di nuova generazione, dalle e-cig, ai prodotti a tabacco riscaldato allo stesso snus, che ora sono troppo restrittive e che non tengono conto della potenziale riduzione del danno raggiungibile con questi prodotti. Un cambio di posizione chiesto a gran voce anche da molte organizzazioni internazionali che si occupano di salute ed autorevoli esponenti della comunità scientifica sia a livello internazionale che nazionale che hanno chiesto all’Oms di rivedere la propria posizione in vista della prossima conferenza di New Delhi.
Su tutti l’oncologo di fama mondiale Umberto Veronesi, membro del Comitato scientifico internazionale sulla sigaretta elettronica, che recentemente ha esortato l’organizzazione delle Nazioni Unite “a non prendere posizioni contro la sigaretta elettronica sulla base di possibili rischi non scientificamente documentati”.
Una posizione fatta propria anche dalla Lega Italiana Anti Fumo (LIAF), che infatti si è vista rifiutare la domanda di partecipazione alla conferenza di New Delhi come altre 11 Ong internazionali e tanti giornalisti, esclusi come accaduto nelle ultime conferenze in Russia e Turkmenistan. Una violazione del diritto all’informazione che ha portato 50 giornalisti ed editori a scrivere una “Lettera aperta alle Nazioni Unite contro il bavaglio ai media e il soffocamento della libertà di stampa” per contestare le misure straordinarie adottate spesso dall’Organizzazione per impedire ai giornalisti di svolgere il loro lavoro.