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Sigarette elettroniche: sì o no? Ecco cosa dicono gli scienziati

Secondo l’ex ministro inglese della Salute, Burns, “la guerra alle e-cig è sbagliata: in Gran Bretagna abbiamo dimostrato che funzionano nell’aiutare i fumatori a smettere” – Summit a Londra tra scienziati, politici e medici

Sigarette elettroniche: sì o no? Ecco cosa dicono gli scienziati

Sigarette elettroniche, sì o no? La decisione di diversi Paesi a livello mondiale di mettere al bando le sigarette elettroniche, dopo i decessi e i casi di malattie polmonari registrati in Usa, ha scatenato le reazioni della comunità scientifica, che nei giorni scorsi si è riunita a Londra per l’appuntamento dell’E-cig Summit, dal titolo “Science, Regulation & Public Health”. Un’occasione per scienziati, politici, professionisti della salute pubblica e medica per esaminare le ultime ricerche scientifiche ed evidenze sulle sigarette elettroniche e per discutere sulla riduzione del danno. Il sentiment dominante è stato quello della prudenza, anche se un duro attacco è partito da Simon Burns, ex ministro della Salute inglese: “La guerra alle e-cig è sbagliata: in Gran Bretagna abbiamo dimostrato che funzionano nell’aiutare i fumatori a smettere”. 

“Sappiamo – ha aggiunto Burns – che il fumo da sigaretta apporta danni enormi al sistema salute, causa malattie e decessi. La sfida del Governo inglese negli ultimi anni è stata quella di ridurre il numero dei fumatori e si è deciso di mettere in campo diverse iniziative tra cui anche puntare sui dispositivi alternativi come le sigarette elettroniche. Siamo diventati il Paese leader in questo – ha ricordato Burns -: negli ultimi 30 anni la percentuale di fumatori era stabile, nonostante le politiche di tassazione sui pacchetti di sigarette e l’introduzione del pacchetto generico, mentre da quando il Governo ha scelto di usare le sigarette elettroniche come strumento alternativo, e di difendere questa scelta anche davanti alle critiche, la percentuale di fumatori è in calo”.

In questo scenario, il mercato delle sigarette elettroniche si conferma solido: a livello mondiale è stimato per il 2020 in 14,4 miliardi di dollari, ma la crescita sta però rallentando e tra il 2019 e il 2020 “sarà quasi nulla” per le conseguenze dei decessi e dei casi di malattie al polmone registrate in Usa tra i giovani ‘svapatori’. Prima dell’allarme, la crescita del  settore era del 14% ogni anno. “Francia, Belgio e Italia stanno già registrando un calo nelle vendite da quando la crisi è esplosa – hanno evidenziato gli esperti intervenuti a Londra -. Il 2019 è stato un anno drammatico a livello mondiale per le e-cig. L’epidemia di casi in Usa ha generato una pubblicità negativa per il settore e portato molti Paesi a decidere di alzare l’allerta su questi dispositivi o proibirne alcune tipologie”.

E la situazione italiana? A quanto pare nel nostro Paese, così come nel resto d’Europa, i rischi legati alle sigarette elettroniche sono bassi, ma Deborah Arnott, responsabile Actionon Smoking and Health (Ash) invita alla prudenza: “Le autorità italiane ed europee dovrebbero continuare a vigilare e studiare gli impatti a lungo termine dei dispositivi ma non accadrà quello è successo negli Usa perché il mercato in Europa e in Italia è altamente regolato. Non abbiamo ancora capito come vigilare sulla commercializzazione di questi prodotti affinché non li usino i minori ma solo gli adulti che altrimenti continuerebbero a fumare o che hanno difficoltà a smettere utilizzando altri metodi per abbandonare le sigarette tradizionali. Quindi la ricerca scientifica è fondamentale per rispondere a questi requisiti”.

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