Si chiamano “illicit whites”, ovvero sigarette prodotte legittimamente in un Paese con lo scopo principale di immetterle illegittimamente in commercio in un altro Paese. Prodotte prevalentemente al di fuori della Comunità Europea, queste sigarette non sono sottoposte né ai controlli di qualità richiesti a livello europeo né alle tasse come le sigarette vendute legalmente. Un mercato nero che, solo in Italia secondo l’ultimo rapporto Kpmg vale il 5,6% del consumo totale, con una perdita in termini di valore economico di 770 milioni di euro in mancate accise. Oltre chiaramente ai problemi di salute pubblica legati alla commercializzazione di sigarette non sottoposte a controlli.
Un problema ancora maggiore se si pensa che la maggior parte delle illicit whites che entrano nel mercato europeo provengono da un Paese che, nonostante tutti i dubbi ancora esistenti sulla sua tenuta democratica, in Europa ci sta anche per entrare: la Bielorussia. La Bielorussia, secondo i dati della World Customs Organization (WCO) raccolti sulla base dei sequestri effettuati, è il secondo paese d’origine al mondo per contrabbando di sigarette. Non solo: oltre 6 miliardi di sigarette illegali consumate in Europa sono prodotte in Bielorussia (erano 700 milioni nel 2006, un incremento pari ad oltre il 700%) non da un’azienda privata qualsiasi ma dalla Grodno Tobacco Factory Neman (GTFN), società pubblica posseduta interamente dal Governo Bielorusso.
Un esecutivo presieduto da oltre 20 anni (dal 1994) dal discusso presidente Aleksandr Lukashenko, più volte accusato dalla stessa Ue e dalla comunità internazionale di violare i fondamentali diritti civili e politici, reprimendo sul nascere qualsiasi opposizione politica e mantenendo in vigore la pena di morte. Circostanze confermate dall’ultimo rapporto Ocse e che cozzano non poco con lo spirito europeo, se non fosse che Minsk è alla ricerca di quegli investimenti economici necessari a modernizzare un sistema industriale obsoleto e che l’Europa ha da parte sua interesse a rafforzare i legami politico-economici con la Bielorussia in ottica di contenimento della Russia, soprattutto a seguito dell’annessione della Crimea.
E’ proprio seguendo questa logica che l’Unione Europea ha deciso, nel febbraio scorso, di rimuovere alcune sanzioni decise nel 2004 a carico di 170 personalità bielorusse, tra cui lo stesso Presidente. Poche settimane fa Aleksandr Lukashenko, i cui uomini sono ai vertici della Grodno Tobacco Factory Neman, è anche stato – quasi sotto silenzio stampa – in visita ufficiale in Italia e presso la Città del Vaticano incontrando rispettivamente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Papa Francesco. E’ difficile immaginare che abbiano parlato del fatto, ad esempio, che in termini di flussi la Bielorussia è il primo paese d’esportazione di sigarette illecite in Italia. O del fatto, stando sempre ai dati dell’ultimo rapporto KPMG, che in Italia nel 2014 sono state commercializzate illegalmente quasi 190 tonnellate di sigarette con marchi GTFN (erano 10 tonnellate solo nel 2009, un aumento di quasi 20 volte). Il che ha significato 30 milioni di euro in mancate accise e IVA solo nel 2014. O infine del fatto che ad oggi in Europa 1 sigaretta illegale su 10 appartiene ad uno dei marchi dell’azienda statale bielorussa, per una perdita in mancate accise per le casse europee pari a circa 1 miliardo di euro. Per fare un esempio, risultano essere state vendute 2,9 miliardi di sigarette del marchio “Fest” in Europa, il più commercializzato oltre i confini.
Ma come è possibile questo fenomeno? Innanzitutto grazie a una precisa – quanto ambigua – volontà del governo bielorusso: il Consiglio dei Ministri determina le quote di produzione, supervisiona il mercato, detiene il monopolio all’importazione attraverso l’azienda statale Belarustorg. Le quote di produzione destinate al mercato interno, determinate dal Consiglio dei Ministri, sono esplose negli ultimi anni a prescindere dai consumi interni passando da 19 miliardi nel 2004 a 30 miliardi di sigarette nel 2015 (di cui 23 prodotte dall’azienda statale GTFN). Se questo non bastasse, negli ultimi anni la produzione ha anche costantemente superato le quote destinate al mercato interno: solo GTFN aveva una quota di surplus pari a quasi 5 miliardi di sigarette nel 2014, destinata all’export, avendo prodotto 27,8 miliardi di sigarette. La conseguenza è stata, citando i dati ufficiali del Belstat (Istituto di statistica nazionale), un aumento dell’80% delle esportazioni di sigarette tra il 2012 e il 2014, passate da 6 ad un totale di 11 miliardi.
Come arrivano questi prodotti in Europa? Le sigarette vengono vendute a ridosso dei confini, eludendo i controlli, a un prezzo enormemente più basso di quello al mercato legale. Ad esempio le Minsk, uno dei marchi Grodno maggiormente venduti in maniera illecita in Italia, vengono vendute a 0,18 centesimi di euro per poi essere rivendute a 2,50 euro a pacchetto nel nostro Paese. Prezzi con i quali è chiaramente impossibile competere, visto che nel mercato legale in Italia la fiscalità rappresenta circa il 75% del costo totale del pacchetto. Se anche gli operatori legali, che versano le imposte, vendessero senza profitto, a margine zero, il prezzo per pacchetto da 20 sigarette rimarrebbe comunque molto distante dal prezzo del mercato illegale: circa 4 euro per un prodotto legale, rispetto a 2,50 per un pacchetto di Minsk della Grodno, fino ad arrivare a prodotti disponibili sul canale illegale anche a 2,20. Nessuna strategia fiscale o di prezzo potrebbe mai essere efficace di fronte ad un simile divario a favore del produttore e distributore illegale.
Che cosa fa l’Europa per arginare questo commercio illegale? In termini di lotta al mercato illegale, le istituzioni europee hanno avviato numerosi piani di intervento, anche in collaborazione con gli operatori della filiera. Tuttavia, qualsiasi impegno preso dall’Unione Europea sarà inutile se i Paesi confinanti non procederanno nella stessa direzione prendendo impegni stringenti per la lotta al mercato illecito. Soprattutto quei Paesi, come la Bielorussia, con i quali l’Europa sta rafforzando i propri interscambi economici e che sono ad oggi tra le principali fonti di sigarette vendute illegalmente.
Un’operazione che rischia di essere una delle tante contraddizioni dei palazzi di Bruxelles, oltre che un pericoloso boomerang: come si spiegherà ai cittadini perché l’Europa e l’Italia dovrebbero investire in un Paese dove i mancati controlli comportano l’esportazione di sigarette non soggette ad alcuno standard con rischi per i consumatori ed enormi danni in termini di mancate entrate per le casse pubbliche? Prima di ipotizzare investimenti in Bielorussia – finanziati anche dalle tasse pagate dalla filiera legale del tabacco – non sarebbe il caso che l’Europa chieda garanzie?