Non è certo che le elezioni siciliane di oggi saranno in grado di dare un governo alla Regione, ma di certo il risultato del voto di peserà sugli sviluppi del dibattito (anch’esso pre-elettorale) nazionale. Sia se prevarrà Nello Musumeci, il candidato storacian-alfaniano della destra, sia se questi soccomberà nella sfida con Rosario Crocetta, il sindaco anti-mafia di Gela oggi sostenuto dal Pd e dall’Udc, sarà comunque difficile trovare una solida maggioranza in consiglio regionale. Questo per tre motivi: 1) si prevede un robusto astensionismo, probabilmente accompagnato da un consistente successo del movimento cinque stelle, in favore del quale questa volta Beppe Grillo non ha lesinato sforzi, compreso quello fisico-atletico per traversare a nuoto lo stretto di Messina; 2) questi due fattori (successo di Grillo e astensionismo) faranno sì che i due maggiori schieramenti non potranno contare su un largo numero di consiglieri eletti per formare una solida maggioranza; 3) anche il complicato meccanismo elettorale previsto dallo statuto per l’elezione dei consiglieri non faciliterà l’identificazione di una chiara e omogenea maggioranza. Insomma: le elezioni siciliane non finiranno lunedì sera con la scelta del presidente.
Se questo è lo schema generale nel quale si colloca il voto siciliano, è comunque opinione comune che la presidenza della regione se la giocheranno in due: Musumeci e Crocetta, che in queste ultime ore di campagna elettorale se le sono dette di santa ragione. I sondaggi, quelli più o meno ufficiali e quelli che anche in questi giorni, che dovrebbero essere senza test pubblicabili, vengono sussurrati dai ben informati confermano un arrivo in volata. Musumeci ha fatto la corsa di testa ed è ancora in leggero vantaggio, Crocetta lo ha sempre seguito a ruota e qualcuno lo vorrebbe in rimonta proprio nelle ultime ore.
Il fatto è che gli schieramenti che sostengono i due candidati favoriti sono tutt’altro che granitici e consolidati. Innazitutto si tratta di schieramenti atipici. Musumeci ha il sostegno della Destra e del Pdl (soprattutto quello che si identifica con Schifani ed Alfano), ma al tempo stesso deve temere la concorrenza di Miccichè (il capo di Forza Italia nell’isola ai tempi del 61 a 0) e soprattutto l’attivismo dell’ex presidente della regione Raffaele Lombardo, alleato con Miccichè. Quanto al Pd di Crocetta, nell’isola è alleato proprio di Casini e dell’Udc, con i quali invece non ha trovato alcun’intesa a livello nazionale. Al tempo stesso c’è il fuoco amico della sinistra vendoliana che sostiene Giovanna Marano, segretaria nazionale della Fiom nazionale.
E allora? Alla fine la partita tra Musumeci e Crocetta si giocherà sui voti disgiunti. Questi, se ci fossero, potrebbero favorire la rimonta di Crocetta. Girano infatti strane voci, per le quali soprattutto Lombardo farebbe votare i suoi candidati (figlio compreso) al consiglio regionale, ma (grazie al voto disgiunto) sposterebbe un consistente numero di consensi per la presidenza su Crocetta. Non va dimenticato che il Pd ha sostenuto la sua giunta, pagando anche un duro prezzo in credibilità nei confronti della società civile siciliana. Al tempo stesso, nella sinistra, si sta facendo strada l’idea del “voto utile”, che sarebbe quello per il competitivo Crocetta, rispetto alla più caratterizzata Marano. La quale ha anche lamentato il sostegno dato a Crocetta da parte del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.
Come si vede la confusione nell’isola è grande. E questa non è certo una novità. Resta però il fatto che questa volta il voto siciliano conterà soprattutto a livello nazionale, in vista dei più impegnativi appuntamenti delle primarie del centro-sinistra e oramai anche del Centro-destra. Un successo di Musumeci metterebbe molto vento nelle vele di Angelino Alfano, sinora candidato favorito alla successione di Berlusconi.