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Siccità in Italia: pronti 600 milioni di euro per il riuso delle acque. Emergenza in cinque Regioni

Imagoeconomica

Non cala l’emergenza siccità in Italia. Dal Piemonte alla Sicilia, la conta dei danni all’agricoltura e dei disagi alle famiglie è in continuo aggiornamento. Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza in Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto, ma è tutta l’Italia a soffrire la mancanza d’acqua. Lo stato di emergenza durerà per tutto il 2022, ma il razionamento dell’acqua potabile resta in ogni caso una soluzione limite per circostanze estreme.

Il governo, a parte il dialogo continuo con le Regioni per gli interventi più immediati, ha varato il decreto per il riuso delle acque. Un provvedimento di 600 milioni di euro del Ministero della Transizione Ecologica che impegna una parte delle somme previste da una misura specifica del PNRR. È un obiettivo strategico rispetto alla rete dei depuratori esistente, alcuni dei quali non in perfetto stato. Ma il governo prevede anche lo stanziamento di 36,5 milioni di euro per il Fondo per le emergenze nazionali per le Regioni Emilia-Romagna ( 10,9 milioni), Friuli Venezia Giulia (4,2 milioni), Lombardia (9 milioni), Piemonte (7,6 milioni) e Veneto (4,8 milioni).

Siccità in Italia: 600 milioni da utilizzare per progetti più efficienti

Il Ministero della Transizione ecologica con il suo provvedimento finanzierà progetti in grado di rendere più efficace la depurazione delle acque reflue scaricate nel mare e nelle acque interne. Per alcuni è previsto l’adeguamento ecologico per il riutilizzo delle acque di scarico depurate per l’irrigazione e per l’industria. Ogni anno in Italia si producono 9 miliardi di metri cubi di acqua depurata, ma – dice Utilitalia – se ne riusa solo il 2,5%. Le organizzazioni agricole in questi giorni sono tornate a lamentare la cronica mancanza degli invasi, utili a contenere le acque soprattutto durante periodi di siccità e da mettere poi in circolo. Già in passato avevano aperto un tavolo di confronto anche con l’Ue, con risultati non eccellenti.

Tempi troppo lunghi per i nuovi cantieri

Nel decreto ci sono le risorse e i criteri da rispettare per accedere ai finanziamenti. I progetti, come su tutto il PNRR, devono essere fattibili, avere criteri di sostenibilità ed efficienza. In totale, il Piano fino al 2026 ha un plafond di circa 4 miliardi di euro. Ancora una volta, come ha stabilito il Parlamento, il 40% delle risorse andrà alle Regioni meridionali. Quelle, cioè, che “hanno situazioni di criticità legate al mancato adeguamento del sistema idrico alle previsioni delle Direttive Europee di settore”, ha chiarito il Mite. Del resto, anche la domanda di acqua potabile in Italia resta al di sopra degli standard europei: 215 litri per abitante al giorno, contro una media europea di 125 litri. Con le reti che ne perdono anche il 50% la situazione si aggrava. Su tutto pesa la macchina amministrativa burocratica, che impiega fino a 5 anni prima di dare il via libera a un cantiere. Tempi che la siccità non considera.

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