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Siccità di giovani laureati e diplomati in arrivo: per la Fondazione Nord Est all’origine c’è il calo delle nascite

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La richiesta di giovani diplomati e laureati da parte delle imprese si scontra con la mancanza di candidati idonei per ragioni legate alle scelte formative, per le caratteristiche del sistema imprenditoriale, per i flussi netti in uscita di giovani verso l’estero o verso le regioni più attrattive. L’ultima componente da considerare è quella demografica che permette, al netto degli altri fattori, di considerare i numeri assoluti di giovani su cui potrà contare l’Italia e verso i quali il Paese dovrà immaginare adeguate politiche di formazione, di accompagnamento al lavoro, di welfare, di supporto alle scelte personali e professionali. Secondo l’analisi condotta dalla Fondazione Nord Est, tali politiche dovranno essere costruite nella cornice di un quadro demografico che risulta particolarmente critico.

Il quadro demografico: una popolazione che diminuisce e invecchia

A fine 2021 in Italia si è registrata una riduzione della popolazione residente di 253mila unità, con un tasso naturale negativo pari a -5,2 e un numero di figli per donna in età feconda ampiamente sotto la soglia di sostituzione (1,25 contro 2,1). E dove il tasso migratorio, seppure positivo, non è in grado di contrastare la perdita naturale di popolazione. I dati delle regioni settentrionali ricalcano le dinamiche nazionali

Sia a Nord-est che a Nord-ovest la dinamica complessiva della popolazione risulta meno negativa, grazie a un saldo migratorio maggiore, mentre la crescita naturale anche nelle due ripartizioni settentrionali è pari o superiore a -5 per mille (ossia -5mila abitanti ogni milione). 

Inoltre, l’Italia, il Nord-ovest e il Nord-est stanno sperimentando un progressivo invecchiamento della popolazione: l’età media è cresciuta nel Paese di oltre due anni in un decennio (da 43,6 a 45,9), mentre la quota di over 65 supera ampiamente quella degli under 15 (23,5% rispetto a 12,9%) e la popolazione delle età centrali si contrae (da 65,5 a 63,6%). 

Quanti diplomati e laureati disponibili per le imprese nei prossimi anni?

Queste dinamiche hanno già oggi ricadute importanti anche in termini assoluti sul mondo dell’istruzione e della formazione. Lo dimostrano, ad esempio, i dati sulle iscrizioni alla scuola nel ciclo primario.

Dall’anno scolastico 2015/16 a quello 2019/20 in Italia le classi sono diminuite di 3.223 unità, di 801 nel solo Nord-est, che corrispondono a 107.320 studenti in meno a livello nazionale e a -9.593 nel Nord-est.

In prospettiva questi si tradurranno in meno iscritti alle scuole secondarie di primo e secondo grado e meno immatricolati e, più in generale, in una riduzione del numero di lavoratori (siano essi dipendenti, autonomi e imprenditori) necessari allo sviluppo del Paese.  

Gli iscritti alla primaria nel 2015 saranno i diplomati dell’estate del 2028 e i laureati magistrali nel 2032. E negli anni precedenti e successivi quanti saranno i diplomati e i laureati? Per ricostruire questi numeri si è tornati indietro negli anni, fino a considerare i nati del 1992, gli attuali trentenni. I dati mettono in evidenza che fino al 2008 il numero delle nascite ha registrato tendenzialmente una crescita in Italia, come nel Nord-ovest e nel Nord-est. Successivamente, invece, le nascite sono andate via via diminuendo: in Italia dai 576.659 nati nel 2008 ai 399.431 del 2021, nel Nord-ovest dai 151.969 ai 104.755 e nel Nord-est dai 111.916 ai 79.195. 

Diverse le ragioni di queste dinamiche: fino al 2008 la base di donne in età fertile risentiva ancora dell’effetto del baby boom e vi era una presenza significativa di donne straniere con comportamenti riproduttivi diversi da quelli italiani e quindi con un più elevato numero di figli. Negli anni successivi tali fattori sono progressivamente venuti meno: si è ridotta la presenza di donne in età fertile, è diminuita la componente straniera i cui comportamenti, inoltre, si sono via via assimilati a quelli delle donne italiane.

Le conseguenze di tali dinamiche si possono leggere anche nei numeri relativi ai diplomati e ai laureati da oggi fino al 2041, considerando i dati relativi a cinque, dieci, quindici e venti anni. Italia, Nord-ovest e Nord-est sono accomunati da dinamiche simili: i diplomati della classe di età 20-24 nel 2041 saranno ampiamenti inferiori a quelli presenti oggi nella medesima classe di età, al netto di flussi migratori, mortalità o differente tasso di partecipazione e successo all’istruzione secondaria superiore. Viceversa, sempre con le stesse ipotesi, ma traslate sulla formazione terziaria, i laureati nella classe 25-29 saranno nel 2041, rispetto ad oggi, inferiori in Italia e ancora superiori nelle ripartizioni settentrionali.

Per il prossimo decennio, l’Italia – se saprà trattenere e valorizzare i propri giovani – potrà contare su un numero crescente di nuovi diplomati tra i 20-24 anni: fino al 2026 ci saranno quasi 109mila diplomati aggiuntivi rispetto al 2021. La crescita tra il 2026 e il 2031 sarà più modesta, limitandosi a poco meno di 18mila, in ragione del calo delle nascite a partire dal 2008, ovvero dai diplomati del 2028. Già nel 2036 i diplomati saranno calati a 1,674milioni e nel 2041 a 1,415 milioni.

Sul fronte dei nuovi laureati gli andamenti sono necessariamente i medesimi anche se traslati di cinque anni. La crescita, quindi, ad esclusione per il primo quinquennio, durerà fino al 2036, anno in cui raggiungeranno un valore di 829mila unità, per poi calare a 748mila nel 2041. 

Dinamiche del tutto simili si registrano a Nord-ovest e a Nord-est. Nella ripartizione occidentale tra il 2021 e il 2031 si passerà dai 405mila diplomati ai 476mila, con un rallentamento significativo della dinamica tra il 2026 e il 2031. La riduzione nel decennio successivo appare molto significativa: -177mila diplomati nel confronto tra quelli della classe 20-24 anni nel 2031 e quelli nella classe 20-24 del 2041. I laureati nella classe 25-29 anni cresceranno significativamente tra il 2026 e il 2031: quasi più 25mila. Una dinamica di medesime dimensioni, ma di segno opposto, caratterizzerà invece il passaggio dal 2036 al 2041: da 239mila e 215mila.

Nel Nord-est, infine, allo stesso modo tra il 2021 e il 2026 si registrerà una crescita di diplomati di quasi 43mila unità, dato che si riduce a poco meno di +7mila tra il 2026 e il 2031. Viceversa, nel decennio successivo la diminuzione sarà molto significativa, con uno scarto di ben 117mila unità tra la coorte 20-24 anni del 2031 e quella 20-24 del 2041.

Per quanto riguarda i laureati nordestini nella classe di età 25-29 anni, le dinamiche demografiche – sempre al netto dei flussi migratori e di mortalità – assicurerebbero una crescita fino al 2036, fino a 181mila nuovi possessori di titolo di studio terziario. Forte dell’aumento significativo delle nascite tra il 2002 e il 2006, il numero di laureati nel 2031 registrerà una crescita rilevante rispetto al 2026 (oltre 22mila in più), per poi rallentare progressivamente in ragione del calo di nuovi nati dal 2008. Nel 2041, i laureati saranno 161.106, ancora superiori al dato 2021.

Interventi urgenti: trattenere i giovani, investire nell’istruzione, favorire la natalità

Come visto nelle precedenti note, tutte le regioni italiane registrano una perdita di giovani verso i paesi esteri, perdita che – ad eccezione di quanto avviene per poche regioni (tra cui Lombardia ed EmiliaRomagna) – viene ulteriormente accentuata dalle migrazioni interregionali. Queste dinamiche inevitabilmente sottraggono diplomati e laureati al Paese, che deve interrogarsi sulle ragioni delle scelte riproduttive e sulla difficoltà ad attrarre persone dai paesi avanzati. 

Inoltre, gli attuali dati sul livello di istruzione secondaria e terziaria suggeriscono di attivare azioni di orientamento e investimenti per accrescere la formazione e assicurare una maggiore partecipazione e successo in tali percorsi, in termini di raggiungimento del diploma e della laurea

Infine, sul fronte demografico – in una prospettiva di più lungo periodo – non è più rinviabile l’impegno a sostegno della natalità, che, come evidenziano molte ricerche, passa anche per una maggiore qualità e stabilità dell’occupazione.

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