Non c’è solo un calo del 30% della produzione di grano: in sofferenza sono anche girasole e mais, con percentuali che al Nord arrivano al -45%. Non va molto meglio agli altri cereali, né ai pascoli, ormai secchi per l’alimentazione animale. Di più: per ortaggi e frutta, in alcuni territori, si arriva al -70%, con danni alle ciliegie in Puglia ed Emilia Romagna, angurie e meloni e scottati dal caldo in Veneto, pere e albicocche rovinate nel Ferrarese, barbatelle bruciate che perdono le foglie nei vigneti toscani attorno a Firenze, pesche soffocate dalla calura che cadono dai rami prima di riuscire a svilupparsi completamente e poi i giovani ulivi in stress idrico.
I danni della siccità: a rischio 332 mila aziende e 358 mila lavoratori
La siccità sta mettendo a dura prova migliaia di aziende agricole, con pesanti ricadute anche sui braccianti, in particolare gli stagionali, per la stragrande maggioranza stranieri. È il quadro allarmante tracciato dalla Coldiretti: a repentaglio 332 mila aziende e 358 mila lavoratori provenienti da ben 164 Paesi diversi che sono impegnati nei campi e nelle stalle, fornendo più del 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie.
I distretti agricoli in crisi
Sono molti i distretti agricoli dove i lavoratori immigrati sono una componente importante, come nel caso – spiega la Coldiretti – della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte, fino agli allevamenti da latte in Lombardia, dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani. I lavoratori stranieri occupati in agricoltura sono per la maggior parte provenienti da Romania, Marocco, India e Albania, ma sono rappresentate un po’ tutte le nazionalità. Si tratta soprattutto di lavoratori a tempo determinato, che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese.
Le colture più danneggiate dalla siccità
Ma ora la siccità sta dando una mazzata pesantissima all’intero settore e anche per i lavoratori stagionali si prospetta il rischio di un viaggio a vuoto e della disoccupazione per colpa della generalizzata e preoccupante riduzione della produzione agricola. Nella pianura padana per la mancanza di acqua è minacciato oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana.
Le campagne italiane sono allo stremo, con cali produttivi del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta, di oltre 1/5 della produzione di frumento tenero, del 30% del riso. E ancora: -15% per la frutta ustionata da temperature di 40 gradi, -20% di cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po, dove – evidenzia la Coldiretti – si allargano le zone di “acqua morta”, assalti di insetti e cavallette con decine di migliaia di ettari devastati.
Preoccupa anche la vendemmia appena iniziata in Italia con una prospettiva di un calo del 10% delle uve, mentre è allarme negli uliveti, con il caldo che rischia di far crollare le rese produttive.
“Siamo di fronte a un impatto devastante sulle produzioni nazionali – spiega la Coldiretti – con danni che superano i 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione nazionale”.