È partita la stagione olivicola e le prime stime parlano di un crollo della produzione nazionale di olive. Una siccità devastante mai vista negli ultimi 70 anni che ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni di soccorso per dissetare e rinfrescare le piante ha creato le premesse per un calo del 30%, della produzione, ciò significa che le famiglie italiane devono dire addio a quasi 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy. In aggiunta a ciò diverse aziende hanno dovuto limitare interventi straordinari per gli elevati costi di carburante, elettricità, service e prodotti di supporto alla nutrizione dei terreni.
Resta ovviamente salva la qualità, con l’Italia che può vantare il più ricco patrimonio di varietà di olii a livello mondiale.
Sono 30 milioni gli ulivi da salvare in Italia abbandonati a causa del cambiamento climatico e per l’esplosione dei costi che mettono a rischio anche la sopravvivenza di quel patrimonio di biodiversità e storia rappresentato dagli alberi secolari.
L’Italia della qualità vanta il più alto patrimonio europeo di DOP (42) e IGP (7)
Una cultura conservata nei secoli che ha portato oggi l’Italia ad essere la regina dei riconoscimenti di qualità in Europa con il suo patrimonio di 42 Dop e 7 Igp olivicole, pari al 40% delle certificazioni comunitarie, mentre Spagna e Grecia inseguono il nostro Paese a distanza con appena 29 riconoscimenti. Dato importante è che più della metà della produzione nazionale di olii Dop e Igp viene con il valore degli scambi cresciuto del +55% negli ultimi cinque anni, passando da 40 a 62 milioni di euro.
Il 20% del patrimonio nazionale di 150 milioni di piante di ulivo in Italia risulta però in stato di abbandono – è l’allarme lanciato da Coldiretti e Unaprol – a causa degli effetti della guerra in Ucraina e delle tensioni internazionali che rendono difficili gli investimenti in olivicoltura. Con l’esplosione dei costi aumentati anche del 200% per le aziende olivicole quasi 1 su 10 (9%) lavora in perdita ed è a rischio di chiusura, secondo dati Crea.
A pesare, in particolare i rincari diretti e indiretti determinati dall’energia che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne mentre il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra anche un incremento del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica. Olivicoltori e frantoiani sono costretti a fronteggiare anche l’incremento dell’elettricità, i cui costi sono quintuplicati.
Avviato uno studio delle piante ultrasecolari di ulivo per individuare elementi utili alla resilienza al cambiamento climatico
“Per provare ad invertire la rotta, Coldiretti e Unaprol si sono impegnati nel recupero e nella manutenzione degli uliveti di alcuni tra i più importanti parchi archeologici italiani e nel tentativo di salvare la piana degli ulivi monumentali dal batterio della Xylella che sta distruggendo l’olivicoltura pugliese – spiega Nicola Di Noia, responsabile olio di Coldiretti -. Dallo studio di piante plurisecolari come l’Albero Bello di Villa Adriana, attraverso un progetto del Crea/Ofa, si potrà arrivare ad individuare caratteri utili per la resilienza al cambiamento climatico, per il comportamento produttivo, per la versatilità nei confronti delle esigenze di intensificazione sostenibile della coltivazione dell’ulivo e per migliorare le caratteristiche salutistiche dei prodotti”.
“Gli ulivi plurisecolari sono custodi non solo di storia ma anche, probabilmente, di elementi che potrebbero aiutarci ad affrontare nel migliore dei modi il cambiamento climatico che stiamo vivendo, per questo motivo è assolutamente necessario lavorare per recuperare e rendere produttive il maggior numero possibile di queste piante – afferma David Granieri, presidente di Unaprol – L’obiettivo non è solo arricchire il nostro bagaglio di conoscenze, ma anche ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di olio straniero e quindi, con adeguati investimenti, rilanciare la produzione di extravergine Made in Italy”.