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Si ritorna a vivere, è il momento di raccogliere asparagi selvatici nei boschi

Foto di DianaRuff da Pixabay

L’arrivo della Primavera è sempre atteso con grandi aspettative dagli amanti della natura. Quest’anno assume un valore eccezionale per gli effetti del decreto governativo che ha colorato di giallo la maggior parte delle regioni italiane, restituendo moderate libertà di movimento dopo mesi di compressione umana, sociale ed economica. Arrivano le belle giornate, l’inverno buio e piovoso diventa un ricordo che ci lasciamo alle spalle. Perché non approfittare per una bella e salutare passeggiata nei prati, nei boschi in campagna per cogliere il risveglio della natura ma ancor più per cogliere asparagi selvatici che in questi giorni spuntano un po’ dovunque e si protrarranno fino a giugno per prepararci una saporitissima frittata?  E potremo anche scoprire che non solo sono molto più gustosi di quelli coltivati ma anche molto più nutrienti.

Lo sapevano bene gli egizi e successivamente i romani che facevano largo usodi asparagi.  Addirittura risalgono 200 a.C i primi manuali per la coltivazione e recano l’autorevole firma di Teofrasto, di Catone, che ne parla nella sua opera “De agricoltura”, descrivendone le tecniche di coltivazione e di impianto, di Plinio il vecchio, addirittura di Giulio Cesare. E, ovviamente, di Apicio il padre di tutti i gastronomi.  E tutti descrissero con molti particolari come coltivarli ma anche come prepararli. Gli imperatori romani ne erano così ghiotti che mobilitavano apposite imbarcazioni per assicurarsene scorte nutrite. Quando i romani conquistano la Spagna, vi diffusero anche la coltivazione dell’asparago che qui trovò il suo habitat ideale; la penisola iberica è ancora oggi una delle zone più produttive a livello mondiale.

Durante il Medio Evo furono quasi del tutto trascurati La Francia avviò le prime coltivazioni nel XV secolo. E con Luigi XIV, divenne una moda si coltivavano nella zona di Argenteuil. Un secolo dopo li troviamo in Inghilterra. Poi dal vecchio continente arrivarono in Nord America e oggi Stati Uniti e Perù con la Cina sono i più grandi produttori al mondo.

Pur tuttavia il nome è di origine greca: aspháragos, derivato dal persiano asparag=germoglio, dal ché se ne deduce che questa pianta avesse origini mesopotamiche.

Sia come sia la fortuna che ha arriso nel tempo agli asparagi sta non solo nel loro sapore ma anche nelle loro notevoli proprietà salutari, che negli asparagi selvatici sono molto più concentrate.

Ricchissimi di provitamina A dotata di proprietà antiossidanti, protettive della pelle e delle mucose, e di vitamine del gruppo B, potente energetico; E, dalle importanti proprietà antiossidanti, e K, fondamentale per la funzionalità dell’apparato scheletrico e per la fluidità e coagulazione del sangue, per non parlare della vitamina C. Basti pensare che 100 grammi di asparagi forniscono 25 mg di Vitamina C quanta ne occorre giornalmente a una persona occulta e il 75% di acido folico, vitamina indispensabile per la moltiplicazione cellulare e la sintesi di nuove proteine.

Recenti ricerche scientifiche hanno inoltre messo in risalto che due preziose sostanze, le saponine (la protodioscina e la protodiogenina) che si sono rivelate in grado di inibire e contrastare la proliferazione di cellule tumorali nel colon.

L’elenco delle proprietà nutraceutiche degli asparagi selvatici è sorprendente, si scopre che hanno proprietà diuretiche, grazie all’asparagina, depurative, disintossicanti, riequilibranti del metabolismo, rimineralizzanti per un buon contenuto di calcio, ferro e potassio, antiossidanti, corroboranti del sistema immunitario. E per chi ha problemi di sovrappeso anche dimagranti, anticellulite e lassative.

Ma va anche raccomandato del pari di farne un uso moderato in chi soffre di nefrite e di insufficienza renale e calcolosi renale.

In natura e a tutte le latitudini si trovano diversi tipi di asparagi selvatici ma in Italia il più diffuso l’asparago pungente o Asparagus acutifolius, nome che rappresenta bene la sua morfologia. Infatti, si presenta come un cespuglio disordinato, difeso da spine che in punta presenta un germoglio, il turione, che si coglie con un taglio netto alla base.

Passando agli aspetti gustativi il grande Pellegrino Artusi, scrittore, gastronomo e critico letterario, autore del notissimo libro di ricette: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” sosteneva che “questo erbaggio, prezioso non solo per le sue qualità diuretiche e digestive, ma anche per l’alto prezzo a cui si vende, lessato che sia si può preparare in diverse maniere, ma la più semplice e la migliore è quella comune di condirli con olio finissimo e aceto o agro di limone”.

Senza nulla togliere alla sapienza di Artusi a dire il vero gli asparagi selvatici in cucina, per quel sapore più intenso e deciso al palato, tendente all’amarognolo, rispetto agli asparagi coltivati, sono molto versatili.

Oltre alla canonica frittata hanno trovato in cucina molte applicazioni dall’essere serviti crudi in insalata, oppure usati per condire pasta e risotti, zuppe e vellutate, o in accompagnamento con secondi piatti di carne o ancora preparati con pesce e crostacei.

Gli chef raccomandano comunque di limitare la loro cottura per conservare il loro sapore particolare. Altra raccomandazione è di evitare di cucinarli con l’aglio che mal si combina con la delicatezza del loro gusto.

 A questo punto non resta che organizzarsi per una bella scampagnata e rifornirsi dei gustosi asparagi selvatici con una raccomandazione però: informarsi prima sulle disposizioni regionali a difesa  dell’ecosistema della natura e dei boschi, che riguardano così come avviene per i funghi periodi di raccolta e quantità. 

Atra raccomandazione è di fare molta attenzione a quello che si coglie, ci sono delle piante che rassomigliano agli asparagi ma sono invece tossiche per l’uomo, come i germogli di Clematide (Clematis vitalba) o i giovani germogli di Tamaro (Tamus communis). Quindi documentarsi bene prima di metterli in pentola.

Infine una curiosità: in un non remoto passato in Abruzzo le piante di Asparago pungente, per via della loro robustezza, venivano utilizzate dagli spazzacamini che per ripulire le canne fumarie arrotolavano i cespugli di asparago fino a creare una palla spinosa legata ad una corda che veniva calata più volte attraverso la canna fumaria per scrostare la fuliggine dalle pareti e far funzionare meglio i camini.

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