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Shell, balzo dell’utile nel 2021 spinto dai prezzi del petrolio e gas

Il colosso petrolifero registra nel 2021 utili sopra i 20 miliardi di dollari spinti dal rimbalzo delle commodities – Al via a buyback da 8,5 miliardi nella prima metà 2022

Shell, balzo dell’utile nel 2021 spinto dai prezzi del petrolio e gas

Shell chiude il 2021 con un’ottima performance dopo un 2020 di perdite storiche. La major petrolifera britannica registra un forte aumento degli utili 2021 oltre le attese degli analisti, spinti dal rimbalzo dei prezzi delle materie prime e dalle alte tensioni geopolitiche in un contesto di ripresa economica globale. Per tutto il 2021 gli utili del colosso petrolifero sono saliti a 19,3 miliardi di dollari, un balzo considerevole se si confronta questo risultato con il 2020 e i suoi 4,85 miliardi di dollari.

Con i prezzi dei barili che macinano record su record, gli utili del quarto trimestre 2021 sono stati pari a 6,4 miliardi di dollari, in aumento del 55% rispetto al trimestre precedente e sopra le attese degli analisti per 5,2 miliardi di dollari. Contro i 393 milioni di dollari dello stesso periodo del 2020 quando la pandemia con le sue misure restrittive aveva annientato l’attività globale facendo crollare i prezzi del greggio a minimi storici.

L’indebitamento netto si è ridotto a 52,6 miliardi di dollari alla fine del 2021, per una riduzione di 23 miliardi di dollari rispetto al 2020.

Shell ha anche reso noto che prevede di aumentare il dividendo del 4% nel primo trimestre del 2022 a 0,25 dollari per azione e che intende intensificare le distribuzioni con un programma di riacquisto di azioni da 8,5 miliardi di dollari nella prima metà 2022. In questi 8,5 miliardi di buyback rientrano anche i 5,5 miliardi della vendita degli asset nel bacino del Permiano, il giacimento petrolifero più attivo degli Usa.

Dopo aver tolto “Royal Dutch” dal suo nome e aver trasferito la sede a Londra dai Paesi Bassi, Shell semplifica la struttura eliminando la doppia linea di azioni A/B per un’unica linea di azioni ordinarie quotate su Euronext Amsterdam, London Stock Exchange e New York Stock Exchange. “Non saranno emessi nuovi certificati azionari in relazione alla semplificazione – ha spiegato la società petrolifera in una nota – e l’assimilazione non ha modificato il numero totale di azioni detenute da qualsiasi azionista o ADS detenuti da qualsiasi titolare di ADS”.

Shell aveva delineato i suoi piani nel novembre 2021, anche in seguito alla sentenza del tribunale olandese che le aveva ordinato di tagliare del 45% le sue emissioni nette di carbonio entro il 2030, dichiarando la società responsabile delle proprie emissioni e di quelle dei suoi fornitori, note come emissioni Scope 3. Per la prima volta un’azienda è stata ufficialmente obbligata ad allineare le sue politiche con l’accordo di Parigi. Il gigante petrolifero ha presentato ricorso contro la sentenza, una mossa che non è piaciuta agli ambientalisti.

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