I guru azzeccano sette delle ultime cinque recessioni e otto delle ultime quattro riprese, per parafrasare una famosa frase di Paul Samuelson sui poteri divinatori di Wall Street. Ma, per quel che vale, è interessante sentire l’opinione di un “global strategist” indiano, Shankar Sharma, sulle prospettive dell’economia indiana.
Un’economia che era andata appannandosi negli ultimi tempi, di conserva al rallentamento cinese. E la preoccupazione era che l’India fosse messa peggio della Cina: la rupia era andata svalutandosi (ben oltre quota 50 contro dollaro), il deficit di bilancio e l’inflazione erano molto più alti che in Cina.
Sharma pensa tuttavia che la ‘nuttata’ è finita, che il Governo sta facendo le cose giuste, che la rupia tornerà presto sotto quota 50, che qualsiasi portafoglio internazionale non può e non deve trascurare il mercato azionario indiano, che la crescita nei prossimi 12 mesi sarà forte e che si notano germogli positivi negli investimenti diretti dall’estero e nei redditi rurali (la campagna indiana svolge lo stesso ruolo di serbatoio di crescita potenziale che ha l’hinterland cinese).