Nato il 23 luglio del 1941 a Palermo, Sergio Mattarella inizia ufficialmente la sua carriera politica nel 1983, quando viene eletto con la Democrazia Cristiana alla Camera dei Deputati, nella circoscrizione della Sicilia Occidentale. Per lui quella fu la prima di sette legislature consecutive in Parlamento, intervallate da quattro incarichi governativi prima dell’attuale carica di giudice della Corte Costituzionale, che ricopre dall’11 ottobre 2011, nominato in quota parlamentare.
Ma la vita politica di Mattarella inizia ben prima, visto che il padre Bernardo era negli anni 50 e 60 un esponente di spicco della Dc, per i cui governi fu più volte nominato anche ministro. Sulla scia dell’attività del padre, da ragazzo milita nelle file della Gioventù studentesca di Azione Cattolica e si laurea in Giurisprudenza (come tutti i Capi dello Stato tranne Gronchi). Poi poco più che 30enne l’esordio a Montecitorio, negli anni più caldi per la sua Sicilia: quelli degli attentati a Pio La Torre e al Generale Carlo Dalla Chiesa nel 1982, ma ancora prima, nel 1980, quello al fratello minore di Mattarella, Piersanti, assassinato dalla mafia mentre era Presidente (anche lui Dc) della Regione Sicilia.
E’ proprio la lotta alla mafia il cavallo di battaglia del giovane democristiano: il primo incarico ricevuto dall’allora segretario Ciriaco De Mita fu quello di bonificare la Dc siciliana, nella quale avevano allora un ruolo di primo piano Vito Ciancimino e Salvo Lima. In tale veste Mattarella nel 1985 promosse la formazione a Palermo di una giunta comunale di rinnovamento guidata da Leoluca Orlando (ancora oggi sindaco del capoluogo siciliano, per la quarta volta), che era stato tra i collaboratori di suo fratello Piersanti alla Regione.
Nel 1987 arriva invece il primo incarico nel Governo: prima con Giovanni Goria e poi con Ciriaco De Mita è ministro dei Rapporti con il Parlamento, mentre nel 1989 diventa ministro della Pubblica Istruzione nel sesto governo Andreotti. Sotto quel mandato venne approvata la discussa riforma del sistema radiotelevisivo, cosiddetta legge Mammì, accusata di aver avvantaggiato la posizione dominante della Fininvest di Silvio Berlusconi. Per quella vicenda, insieme ad altri ministri della corrente della sinistra Dc, Mattarella si dimise nel 1990.
Nei drammatici anni di Tangentopoli (dalla quale venne solo sfiorato ma pienamente assolto dall’accusa di un imprenditore siciliano di aver ricevuto 50 milioni di lire e dei buoni benzina) diventa vicesegretario della Dc e viene rieletto alla Camera nel 1992, anno nel quale assume anche la direzione del quotidiano democristiano “Il Popolo”. Nel 1993 è l’autore della legge che lo ha reso celebre: la riforma del sistema elettorale, soprannominata appunto Mattarellum, che verrà usata nelle elezioni politiche dell’anno dopo ma anche del 1996 e del 2001, prima dell’avvento – nel 2005 – del Porcellum, dichiarato poi incostituzionale nel 2013 (da una sentenza della Consulta votata anche da Mattarella) e in procinto di essere sostituito dall’Italicum.
A metà degli anni ’90 è poi uno dei fautori del nuovo Partito Popolare Italiano, costituito sulle macerie della vecchia Dc decimata dall’inchiesta Mani Pulite. E’ proprio con il Ppi guidato da Martinazzoli che viene rieletto in Parlamento nel 1994 e nel 1996: ma il passaggio di mano da Martinazzoli a Buttiglione, più propenso a un’alleanza col centrodestra di Berlusconi, ne determinerà il progressivo allontanamento.
A questo punto, lui che fu uno dei più fervidi sostenitori della candidatura di Romano Prodi alla guida dell’Ulivo, si avvicina al centrosinistra ed aderisce alla corrente che di lì a qualche anno diventerà il partito de La Margherita. Intanto per lui arrivano due importanti incarichi governativi: nel 1998 è vicepresidente del Consiglio del primo governo D’Alema, mentre per un anno e mezzo, tra dicembre 1999 e giugno 2001, diventa Ministro della Difesa prima del D’Alema-bis e poi del governo Amato.
Alle elezioni politiche del 2006 è candidato nella lista dell’Ulivo e viene eletto deputato per la settima volta. Nel 2007 partecipa attivamente alla costituzione del Partito Democratico, di cui è stato uno degli estensori del manifesto fondativo. Rimane però quello il suo ultimo impegno politico: dopo lo scioglimento delle Camere nel 2008 non si ricandida alla elezioni anticipate, e dal 2011 guarda la politica dall’alto, da garante della Costituzione, ruolo per il quale viene ora chiamato a diventare la prima carica dello Stato.