Delle tre riforme che il Governo di destra-centro propaganda in campagna elettorale – quella sul premierato, quella sull’autonomia differenziata e quella della giustizia con la separazione delle carriere dei magistrati – quest’ultima è forse quella più contrastata. Sia l’Anm (l’associazione nazionale magistrati) che la sinistra politica e mediatica pensano che la separazione delle carriere sia la leva con cui mettere la mordacchia ai magistrati, lederne l’autonomia e sottoporre il potere giudiziario al quello esecutivo. Ma se si riavvolge il nastro del passato e si riaprono gli archivi si scopre che la storia dice altro. E’ quello che ha fatto sabato “Il Foglio” rivelando, proprio alla vigilia dell’anniversario del suo barbaro assassinio, il giudice Giovanni Falcone, giustamente onorato più dopo la morte che nella vita come campione della lotta alla mafia, era uno degli antesignani della separazione della carriere.
Falcone: la separazione delle carriere non comporta la dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo
Diceva Falcone fin dal 1989: “Comincia a farsi strada faticosamente la consapevolezza che la regolamentazione delle funzioni e della stessa carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l’habitus mentale, le capacità professionali richieste per l’espletamento di compiti così diversi: investigatore a tutti gli effetti il pubblico ministero, arbitro della controversia il giudice. Su questa direttrice – aggiungeva Falcone – bisogna muoversi, abbandonando lo spauracchio della dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo e la discrezionalità dell’azione penale, che viene puntualmente sbandierato tutte le volte in cui parla di differenziazione delle carriere”: Concludeva Falcone: “Disconoscere la specificità delle funzioni requirenti rispetto a quelle giudicanti, nell’antistorico tentativo di continuare a considerare la magistratura unitariamente, equivale, paradossalmente, a garantire meno la stessa magistratura, costituzionalmente garantita sia per gli organi requirenti che per gli organi giudicanti”.
Pisapia: “Riconoscere la sostanziale differenza tra la funzione requirente e quella giudicante equivale a garantire meglio la magistratura”
Più chiare di così le parole di Giovanni Falcone non avrebbero potuto essere ma “Il Foglio” prosegue il suo cammino negli archivi scoprendo altre due insospettabili pronunciamenti di sinistra a favore della separazione della carriere. Uno è quello dell’avvocato, ex parlamentare di Rifondazione comunista e poi sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, “icona della sinistra” e l’altro è addirittura quello contenuto in una mozione presentata al Congresso nazionale del Pd nel 2019. Nel 2004 Pisapia, presentando in Parlamento una proposta di legge per la separazione della carriere dei magistrati, sosteneva: “Riconoscere la sostanziale differenza tra la funzione requirente e quella giudicante equivale – diversamente da quanto alcuni temono – a garantire meglio la magistratura, la sua indipendenza e a prevenire il pericolo che ne sia inficiata la credibilità”. Concludeva Pisapia: “Non si può fare a meno di rilevare che la situazione italiana è del tutto anomala rispetto alla situazione della maggior parte degli altri Paesi europei nonché da quella di altri Paesi extraeuropei dove, seppure con forme diverse, è stata già operata una netta distinzione tra le due funzioni”. Esempio classico quello della Francia che nel 1993, sotto la presidenza socialista di Francois Mitterrand, varò una legge di revisione costituzionale per introdurre “una sezione del Consiglio superiore della magistratura competente esclusivamente nei riguardi dei magistrati del pubblico ministero” onde rafforzare la divisione dei ruoli dei magistrati. Ecco perché per Pisapia “anche in Italia è necessario e indifferibile un intervento legislativo teso a rafforzare la differenza di funzioni tra i magistrati, e non già in un logica di emergenza, ma in ottemperanza al dettato costituzionale” perché, nel nostro ordinamento “non c’è alcun rischio che la separazione delle carriere possa determinare una dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo”.
Separazione delle carriere: il Congresso del Pd del 2019 era favorevole
L’altro pronunciamento significativo della sinistra a favore della separazione della carriere dei magistrati, oggi aborrita dal Pd tendenza Schlein, è la mozione presentata nel 2019 al Congresso nazionale del Pd dall’allora segretario Maurizio Martina che sosteneva apertamente che “la separazione della carriere appare ineludibile per garantire un giudice terzo e imparziale”.
Ovviamente sulla separazione della carriere dei magistrati si possono avere tutte le opinioni che si vogliono ma sostenere che chi vuole la separazione è di destra e chi non la vuole è di sinistra non è falso: è semplicemente grottesco, come Falcone per primo ci ha insegnato.