“I dati sono la risposta migliore e non c’è modo di intimidirli”. Così il presidente dell’Inps, Tito Boeri, a margine della presentazione della relazione annuale dell’istituto, ha replicato alle critiche arrivate nei giorni scorsi dal vicepremier, Matteo Salvini. “La mia risposta è nei dati e i dati parlano – ha aggiunto – Oggi presentiamo quella che è la verità che bisogna dire in Italia”. E la verità è che “il nostro Paese ha bisogno di aumentare l’immigrazione regolare”, perché sono “tanti i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere”. In assenza di immigrazione regolare, la domanda di lavoro immigrato “si riversa sull’immigrazione irregolare di chi arriva in aereo o in macchina, non coi barconi ma coi visti turistici, e rimane in Italia a visto scaduto”.
Il nostro sistema pensionistico, ha spiegato ancora il numero uno dell’Inps, “è in grado di reggere alla sfida della longevità, almeno sin quando si manterrà l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita e la revisione dei coefficienti di trasformazione. Ma non ha al suo interno meccanismi correttivi che gli permettano di compensare un calo delle coorti in ingresso nel nostro mercato del lavoro”.
QUOTA CENTO COSTA TROPPO: FINO A 20 MILIARDI L’ANNO
Quanto all’intenzione del governo di riformare la legge Fornero introducendo quota 100 – cioè la possibilità di andare in pensione quando la somma di età anagrafica e anni di contribuzione arriva almeno a 100 – secondo Boeri costerebbe fino a 20 miliardi l’anno. Il conto scenderebbe a 18 miliardi con una soglia di età minima a 64 anni e a 16 miliardi alzando il requisito anagrafico a 65 anni.
Questa spesa, ha ricordato il numero uno dell’Inps, a regime “dovrà essere coperta aumentando il prelievo fiscale su ogni lavoratore”. Si innescherebbe così “un circolo vizioso in cui più tasse riducono l’occupazione e scaricano l’onere di finanziare le pensioni su una platea sempre più piccola”. In generale, “ripristinando le pensioni di anzianità con quota 100 o con 41 anni di contributi si avrebbero subito circa 750mila pensionati in più”, il che peserebbe immediatamente “sul reddito netto dei lavoratori”.
LE REPLICHE DI SALVINI E DI MAIO
A stretto giro è arrivata via Twitter la contro-replica del ministro dell’interno e vicepremier, Matteo Salvini:
Più diplomatico l’altro vicepremier, nonché ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio: “Non so se andremo d’accordo su tutto, ma sul tema delle pensioni d’oro e dei vitalizi lavoreremo bene. Finché il legislativo farà il legislativo, l’esecutivo farà l’esecutivo e l’Inps farà l’Inps, andremo d’accordo”. Quanto al futuro di Boeri, lo difende: “resterà in carica fino al 2019, il tema del rinnovo non è stato affrontato”.
LE CRITICHE AL DECRETO DIGNITÀ
Nella sua relazione, Boeri ha criticato anche il Decreto Dignità: “Non si vede perché reintrodurre le causali sui contratti a tempo determinato. L’esperienza passata dimostra che comportano un forte appesantimento burocratico, scoraggiando la creazione di lavoro soprattutto nelle piccole imprese. Meglio aumentare i contributi sociali di questi contratti ad ogni proroga. L’esperienza ci dice anche che è molto difficile per le amministrazioni pubbliche valutare le giustificazioni addotte dalle imprese per ricorrere ai contratti a tempo determinato”.
BOOM DEI CONTRATTI A TERMINE: PESA L’ADDIO AI VOUCHER
Dal rapporto Inps emerge che fra il 2016 e il 2017, in Italia, l’occupazione ha continuato a salire, tornando ai livelli pre-crisi. Tuttavia, gli occupati a tempo indeterminato sono diminuiti da 14,1 a 13,8 milioni, mentre i lavoratori a termine sono aumentati da 3,7 a 4,6 milioni.
L’Istituto di previdenza spiega che l’anno scorso a incrementare i rapporti a termine ha contribuito in modo significativo la soppressione a marzo 2017 dei voucher: “Gli indizi di tale movimento sono stati subito nettissimi – si legge nel Rapporto – con l’immediato ritorno alla crescita dei contratti di lavoro intermittente”.
L’argomento è legato all’attualità politica, visto che il contratto di governo legastellato prevede la reintroduzione dei voucher. Il tema – rimasto a sorpresa fuori dal Decreto Dignità – è caro soprattutto alla Lega, ma non sembra incontrare l’opposizione del M5S, anche se in passato il capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, parlava dei voucher come di “una forma di schiavitù”.
LA GIG ECONOMY DÀ LAVORO A 1-2 PERSONE SU 100: SALARIO MEDIO DI 346 EURO
Altro tavolo aperto è quello che riguarda i rider, simboli della Gig Economy. Secondo l’Inps, questo settore – che si divide in tre categorie: lavoro on demand, crowdwork e asset rental, ad esempio chi affitta casa su AirBnb – coinvolge in Italia fra 589 e 753mila persone, pari all’1,59-2,03% della popolazione fra i 18 e i 64 anni di età. Di questi lavoratori, una quota compresa fra 137mila e 175mila individui (pari all’1,59-2,03% dei 18-64enni) svolge attività nella Gig Economy come unico lavoro.
Il salario medio è di 346 euro, ma le differenze sono ampie: i salari mensili come unico lavoro, segnala l’Inps, si “attestano intorno ai 570 euro, contro i 350 come secondo lavoro. Inoltre, il livello di bassi salari per chi svolge Gig da disoccupato dipende sia dal basso numero di ore lavorate che dai bassi salari orari”.
GIOVANI IN FUGA: PERSE ALTRE 115MILA PERSONE
Per quanto riguarda la situazione dei giovani, “purtroppo la fuga all’estero di chi ha tra i 25 e i 44 anni non sembra essersi arrestata neanche con la fine della crisi – ha detto ancora Boeri – Nel 2016, l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati dell’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, abbiamo perso altre 115.000 persone, l’11% in più dell’anno precedente. E potrebbe essere una sottostima, perché le nuove registrazioni di italiani alla sicurezza sociale di Paesi come la Germania e il Regno Unito sono da due a tre volte superiori ai cambiamenti di residenza notificati all’Aire”.
RAFFORZARE IL REDDITO D’INCLUSIONE
Il Presidente dell’Inps suggerisce poi di puntare sul reddito d’inclusione (Rei), strumento di sostegno al reddito messo a punto dal governo Gentiloni: “È sottofinanziato”, ma basterebbero 6 miliardi aggiuntivi per raggiungere l’80% delle famiglie povere, contro il 20% coperto con le risorse attuali. “Quali che siano le decisioni che il nuovo Parlamento vorrà prendere, ci sentiamo di chiedere sommessamente di non disperdere il lavoro svolto nel mettere in piedi una infrastruttura nazionale capace di raggiungere nei primi 5 mesi circa 300 mila famiglie e un milione di persone”.