Il Torneo della palla ovale più vecchio del mondo è cominciato all’inizio del week-end, venerdì sera, nella sempre affascinante cornice del Millennium Stadium di Cardiff per ospitare il match d’apertura che sa di finale, Galles – Inghilterra. L’inaugurazione del Sei Nazioni si consuma tra fuochi d’artificio, fiamme alte dieci metri agli angoli del campo e impatti che regalano gli straordinari al medico indipendente per le concussion – se un giocatore risulta scosso dopo un colpo alla testa deve obbligatoriamente sottoporsi a dei controlli di un medico indipendente per cinque o dieci minuti. Nel sabato pomeriggio gli altri due incontri: la scalata impossibile per gli azzurri contro i quadrifogli irlandesi da una parte e gli highlander scozzesi contro i galletti francesi dall’altra. Il minimo comun denominatore dei tre match è chiaro: tutti i pronostici sono andati a farsi benedire e, quando individuabili, i favoriti hanno dovuto faticare parecchio per portare a casa la vittoria o, addirittura, perdere – il tutto con l’eccezione dell’Italia, che non ha regalato sorprese ai quasi 70mila dell’Olimpico.
Italia vs Irlanda
L’Irlanda arriva a Roma forte di un Novembre di test match sorprendenti e pronta alla candidatura per la vittoria finale, con un occhio sempre rivolto al mondiale di questo autunno. Eppure non è la solita Irlanda, complici le numerose rivisitazioni operate dal tecnico nella rosa del XV. Non basta all’Italia, però, giocare contro la formazione delle “riserve” irlandesi a dare quella spinta in più attesa dai tanti spettatori. La partita finisce come doveva finire, 26 – 3 per i tutti-verdi, con gli Azzurri praticamente inesistenti sull’erba maltrattata dell’Olimpico di Roma. Un dato è emblematico del match: possesso palla 70% irlandese e 30% italiano, tra l’altro tutto concentrato nell’area difensiva o neutra del rettangolo di gioco. Anche capitan Parisse non può che ammettere la disfatta del giorno, commentando con un secco “Quanto a gioco, siamo stati zero”. Esatto, zero, le azioni italiane si contano sulle dita di una mano e solo una o due volte ci siamo affacciati ai 22m avversari – anche se c’è da dire che la meta di Haymona nel finale era da convalidare a causa del fallo di ostruzione subito dallo stesso Parisse (ovviamente il risultato non sarebbe variato di molto).
Delusione, insomma, ma tutto nella norma.
Francia vs Scozia
Un’altra partita, questa, che almeno sulla carta non avrebbe dovuto donare grandi emozioni e che sembrava – come tutti gli anni – segnata già in partenza, una cosa simile a Italia-Irlanda insomma. Invece no, gli highlanders sbarcano allo Stade de France convinti che qualcosa lo possano raccontare anche loro, e la storia è molto bella. Per tutto il primo tempo i galletti dell’orco Bastardeau sono schiacciati a difendere e a formulare piani per neutralizzare gli scozzesi giovani, agili e spesso tecnicamente ineccepibili. I primi 40’ si chiudono sul 9-8 per i francesi, autori di soli calci di punizioni regalati dall’inesperienza dell’armata di Principe Edoardo, mentre questi segnano una meta di gran prestigio. Nell’intervallo probabilmente ai galli viene tirato il collo e il ritorno in campo è di altra categoria rispetto al primo tempo. Gli equilibri si bilanciano e la troppa foga agonistica degli inesperti scozzesi dona qualche punizione di troppo e, infine, anche una meta degna del miglior rugby champagne cui i francesi ci hanno da sempre abituati. All’80’ è 15-8 per i padroni di casa, forti di una grande prova di carattere contro un avversario che potrebbe candidarsi a una delle più belle sorprese del 2015 – mondiale compreso.
Galles vs Inghilterra
Il match più grande del Torneo più grande della storia del Rugby. Introduce così il commentatore Antonio Raimondi la sfida tra i dragoni e le rose rosse di Sua Maestà. L’incontro è stato accompagnato durante tutta la settimana da schermaglie strategiche via media da una parte e dall’altra a testimonianza dell’importanza del match: l’allenatore inglese ha fatto allenare i suoi al chiuso con gli inni gallesi sparati a tutto volume dagli altoparlanti, mentre le polemiche sull’apertura o meno del tetto dello Stadio si sono risolte solo il giorno prima dell’incontro. I gallesi entrano in campo con netto ritardo per far impazientire i colleghi inglesi, lasciati ad aspettare in mezzo al campo al buio, tra il silenzio di oltre 70mila presenti. Una volta cominciata la partita, i retroscena non sono più ingombranti e quello che conta è chi placca e chi avanza di più. La risposta a entrambi i quesiti è chiara: i gallesi. Non sembra esserci storia contro un’Inghilterra priva di suoi 12 titolari fuori per infortuni, in trasferta nello Stadio più ostile al mondo e con il peso sulle spalle per farsi trovare pronta per il Mondiale di cui tra qualche mese sarà padrona di casa – per capirsi è come il Mondiale in Brasile per i calciofili. Le grandi squadre, però, sono grandi proprio perché in queste congiunture riescono sempre e comunque a far valere il loro gioco. Ci hanno messo tanto, circa sessanta minuti, per ristabilire gli equilibri in campo, ma alla fine hanno la meglio e portano a casa la partita contro qualsiasi ragionevole previsione. Certo, c’è da dire che la prima meta inglese è viziata da un fallo di trattenuta del giocatore inglese a terra non fischiato colpevolmente dal direttore di gara, che se prontamente sanzionato avrebbe dato un’altra faccia al risultato finale di 16 – 21 per le rose rosse di Regina Elisabetta.
God Save The Queen, insomma.