L’economia italiana sta andando peggio non solo di quanto sperato dal Governo, ma delle stesse previsioni dei centri studi sia italiani che internazionali. Le cause sono ormai palesi: da un lato il forte rallentamento del PIL e del commercio internazionale, e dall’altro il peso delle inefficienze strutturali accumulate negli ultimi venti o trent’anni che frenano la competitività, ingenerando sfiducia ed incertezza negli investitori e nei consumatori.
L’analisi del Centro Studi Confindustria presentata da Luca Paolazzi alla presenza del ministro Pier Carlo Padoan delinea un quadro molto preoccupante sia per quest’anno, quando la crescita dovrebbe fermarsi allo 0,7% sia, e soprattutto, per l’anno prossimo per il quale il Csc prevede una salita del Pil di appena lo 0,5%. Si tratta di numeri che altre istituzioni come Banca d’Italia e Prometeia hanno trovato molto pessimistici, e che il ministro dell’Economia ha contestato soprattutto perchè queste previsioni non incorporano gli effetti della manovra in corso di preparazione per la legge di stabilità e che – a parere di Padoan – potrà influire in maniera positiva sulle aspettative e quindi accelerare il tasso di crescita.
L’analisi della situazione in estrema sintesi mette in evidenza per quanto riguarda il lato internazionale, una forte caduta del ritmo di crescita del PIL che dovrebbe passare dal 3,2% al 2,4%, ed una ancora più forte contrazione del commercio estero che è visto scendere da un +6,8% ad appena un +1,8%. Da notare che la caduta del tasso di crescita del commercio internazionale al di sotto della crescita del PIL testimonia l’intensificarsi di politiche protezioniste che, in barba ai proclami dei vertici dei capi di Stato, molti paesi stanno adottando con il rischio di ripetere il grave errore commesso dopo la crisi del ’29 quando le politiche autarchiche resero più difficile la ripresa.
Se l’Italia subisce più di altri paesi le conseguenze della crisi generale, ciò è dovuto agli errori compiuti negli anni passati (il “quindicennio sprecato” dice l’analisi del Csc) e quindi alle inefficienze che si sono accumulate nel sistema che hanno ridotto la
produttività ed il potenziale di crescita. I freni sono ben noti: burocrazia,norme complesse e poco chiare, giustizia lunga ed imprevedibile, tassazione elevata, infrastrutture carenti, istituzioni del mercato del lavoro non funzionali ad una corretta mobilità,
concorrenza frenata. Su molti di questi temi il Governo ha varato una serie di riforme che devono essere ora implementate con costanza e che dovranno contribuire ad un mutamento culturale per poter dispiegare appieno i loro effetti.
Le ragioni di fondo della stagnazione italiana vanno quindi ricercate a monte degli interventi strettamente economici, ed attengono al funzionamento delle nostre istituzioni ed alla paralisi decisionale indotta dai troppi livelli di potere politico in perenne competizione tra loro. Per questo il presidente Boccia ed il ministro Padoan si sono trovati pienamente d’accordo nell’auspicare un voto favorevole al referendum per modificare la Costituzione. E’ il primo passo per avere governi più stabili e quindi capaci di impostare politiche di riforme a lungo termine, e per mettere un pò di ordine tra i compiti dello Stato e quelli delle Regioni.
Sulle cose da fare nell’immediato si è notata una qualche differenza di accenti tra il ministro Padoan ed il presidente di Confindustria Boccia. Quest’ultimo è stato particolarmente netto nell’auspicare che la prossima legge di stabilità sia incentrata sull’obiettivo di migliorare la competitività, quindi su una politica dell’offerta e non sul sostegno alla domanda attraverso bonus vari o riforme delle pensioni troppo costose, anche considerando che dai dati del Csc emerge chiaramente che gli ultra sessantacinquenni non hanno finora subito decurtazioni di reddito significative. Una politica dell’offerta deve puntare sul sostegno alla produttività anche attraverso la detassazione dei contratti aziendali, su efficaci incentivi agli investimenti ed all’innovazione e su apposite agevolazioni per facilitare la raccolta di capitali da parte delle imprese al di fuori dei canali bancari.
La Confindustria si è ben guardata da dare sponda alla proposta della Camusso basata sull’assunzione nel settore pubblico di 6-700 mila persone. Padoan ha rassicurato gli imprenditori sul fatto che la legge di bilancio conterrà la conferma della riduzione dell’ Ires e di altre misure per alleggerire il carico fiscale sulle imprese. A suo parere poi bisognerà fare una serie di provvedimenti di carattere micro economico per agevolare il reperimento di mezzi finanziari da parte delle imprese e per stimolare l’innovazione. Infine il ministro ha sottolineato il ruolo che dovranno avere gli investimenti pubblici per i quali il problema non è solo di risorse ma di snellimento delle procedure e di implementazione della nuova disciplina degli appalti.
Ricordando che l’incremento dell’occupazione in Italia è stato negli ultimi due anni il più elevato tra i paesi europei, il ministro dell’economia ha sottolineato come le riforme danno gli effetti più positivi quando raggiungono una massa critica (cioè rimuovono diversi ostacoli) e quando riescono quindi a modificare i comportamenti e le aspettative dei cittadini. Non mancano quindi elementi di preoccupazione sull’andamento della congiuntura italiana. Tuttavia non è questo il momento di abbandonare la strada intrapresa. Anzi occorre perseguirla con maggiore chiarezza, individuando bene gli obiettivi e utilizzando adeguatamente i pochi strumenti di cui possiamo disporre. “Pazienza e perseveranza” potrebbe essere lo slogan di chi ha a cuore il futuro dell’ Italia, la meta di una vera ripresa potrebbe non essere lontana.