Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha chiesto regole comuni in Europa anche sui mini-bond. “L’Ue può lavorare favorendo fonti di finanziamento per le Pmi, passando attraverso regole comuni, ad esempio sui mini-bond”, ha detto intervenendo al convegno Eurofi di Milano. Sulle obbligazioni pensate apposta per il finanziamento delle piccole e medie imprese non quotate in Borsa si ripongono molte aspettative e sono uno degli strumenti che il ministro vuole valorizzare nell’ambito della strategia per la crescita che il governo ha presentato all’Ecofin. Già dal palco del Forum Ambrosetti il ministro aveva riportato i riflettori su questi strumenti che “non si guadagnano le prime pagine dei giornali – ha detto – ma i primi risultati dei mini-bond fanno ben sperare”.
A fine agosto il Mef ha diffuso un primo bilancio: sono state 26 le Pmi che per la prima volta hanno emesso mini-bond per un valore di circa 1 miliardo con emissioni tra i 5 e i 200 milioni. Il mercato si attende che questi numeri possano salire in fretta arrivando a 5 miliardi entro Natale. “Il mercato dei mini-bond è sostanzialmente partito. Si è acquisita da parte dei vari interlocutori la consapevolezza che questo può essere uno strumento che può aiutare le Pmi a crescere come strumento alternativo alle banche”, spiega Giovanni Scrofani, resposabile del Fondo Progetto Minibond Italia di Zenit Sgr, fondo specializzato su questo tipo di strumento.
FIRSTonline – Qual è la situazione dei mini-bond sul fronte dei fondi al momento?
Oggi ci sono diversi fondi. Una decina è già partita con una prima tranche di raccolta, si tratta di risorse importanti , 1 miliardo di euro nell’arco di poco più di un anno. Indica che gli investitori si stanno muovendo: i principali sono banche e assicurazioni ma anche fondi previdenziali. Sui fondi di minibond possono investire gli istituzionali e gli investitori qualificati, anche persone fisiche, ma non il retail. E le risorse sono destinate ad aumentare: la raccolta di 1 miliardo rappresenta il primo closing effettuato ma i target che si sono dati i fondi già avviati sono più alti. Inoltre, ci sono altri 30 fondi che stanno pensando di partire con mini-bond.
FIRSTonline – Quali le difficoltà del mercato dei mini-bond al momento?
Si tratta di un mercato poco liquido, per gli investitori significa immobilizzare le risorse per un certo numero di anni. Il nostro fondo prevede cedole semestrali e poi man mano che i bond arrivano a scadenza liquida la relativa quota parte agli investitori. La durata dei mini-bond è variabile, in genere va da circa 3 a 7 anni, l’orizzonte temporale medio è di cinque anni. Il nostro fondo prevede una durata di circa 6 anni. Al momento i fondi di mini-bond tendono oggi a rimanere investiti nelle emissioni in cui investono, nei prossimi anni è possibile che il mercato si sviluppi e si potranno fare operazioni di compravendita tra i fondi stessi mentre in futuro ci si potrà muovere verso una maggiore standardizzazione dei contratti e alla loro compravendita.
FIRSTonline – Cosa potrebbe essere migliorato nell’attuale quadro normativo?
E’ stato già fatto tantissimo. Sono stati eliminati vincoli civilistici e fiscali, c’è stato un importante interesse da parte della Cdp e del Fondo di garanzia. Se ne sta parlando molto e sono in pipeline come strumento per rilanciare l’Europa e anche l’Italia. Certo, si può intervenire sulla tassazione in capo agli investitori e si potrebbero trovare soluzioni per stimolare gli investitori istituzionali a investire. Le assicurazioni per esempio possono investire fino al 3% delle loro riserve tecniche. Qualcosa di simile si potrebbe pensare per i fondi pensione. Per aiutare la liquidità le cartolarizzazioni sono poi uno strumento importante per favorire la numerosità delle emissioni di mini-bond perché si possono andare ad emettere mini-bond che hanno come sottostante asset illiquidi delle banche (i finanziamenti alle imprese). Questo darebbe alle banche la possibilità di liberarsi di asset illiquidi e di aumentare di conseguenza i finanziamenti alle imprese ma anche dall’altro lato di aumentare le emissioni di mini-bond.
FIRSTonline – Il piano di Mario Draghi a capo della Bce sugli Abs è quindi positivo anche per i mini-bond?
Sì, le ultime iniziative di Draghi possono avere un effetto positivo sul mercato dei mini-bond, aiutandolo a diventare più liquido, favorendo un maggior numero di emissioni.
FIRSTonline – Uno degli auspici è l’armonizzazione delle regole sui mini-bond a livello europeo. Qual è la situazione di questo mercato in Europa?
Diversificata. L’esperienza più prossima è quella tedesca. Si tratta di un mercato partito nel 2010, più grande. Le principali differenze sono che esistono tre segmenti di riferimento con forte radicamento territoriale con i fondi che investono solo su determinate aree mentre da noi c’è solo un segmento che è l’ExtraMot. Inoltre il rating è obbligatorio mentre rendimenti sono più alti dei nostri, in media di un punto percentuale.
FIRSTonline – Partendo da un merito di credito del sistema Paese migliore e con tassi di interesse per i finanziamenti delle imprese da parte delle banche più bassi che da noi, come può essere che i tassi dei mini-bond in Germania siano più alti?
I mini-bond sono strumenti per le Pmi che in Italia rappresentano spesso l’eccellenza del sistema produttivo e che quindi riescono a guadagnarsi tassi più bassi delle Pmi tedesche.
FIRSTonline – Tra le proposte del Governo c’è anche la costituzione di una rete specializzata nel fornire servizi alle imprese per aiutarle nel sostenere oneri amministrativi, legali e fiscali. Cosa ne pensa?
Sicuramente è utile qualunque incentivo o strumento che agisca anche sul lato degli emittenti. Stiamo parlando di imprese medio piccole e di un percorso in cui c’è bisogno di strumenti, due diligence, advisor. Ci sono poi costi non solo sull’emissione ma anche costi ricorrenti successivi. Per esempio il rating non è obbligatorio per legge ma il nostro fondo ha stabilito come vincolo di investire solo in mini-bond che hanno rating.
FIRSTonline – Qual è lo spaccato delle aziende che emettono mini-bond?
A noi sta arrivando un po’ di tutto, dalla moda alla produzione, all’energia. Profili di aziende variegati. Noi non ci siamo dati un limite di settori, guardiamo alla sostenibilità della crescita, che ci sia una strategia credibile con prospettive di crescita o di internazionalizzazione. Il management è poi fondamentale in questo tipo di imprese. Le start up invece non sono un target dei mini-bond mentre si trovano anche aziende consolidate sul mercato con una storia di 20-30 anni. In ogni caso non è uno strumento per ristrutturare il debito o sopperire a una situazione commerciale che non si chiude o alla mancanza di circolante.
FIRSTonline – Il vostro fondo come investe?
Non abbiamo vincoli geografici o, come detto, di settore. Comunque non investiamo più del 25% su un singolo comparto, non più del 7% su una singola emissione e non più del 10% su un singolo emittente. Rispetto ad altri fondi poi non compriamo tutto il debito emesso da un emittente. Se una società emette dieci milioni di euro di bond ne acquistiamo solo una parte. Non vogliamo porci come un unico interlocutore nei confronti del cliente, vogliamo diversificare il portafoglio. La nostra logica è quella dell’investitore puro.
FIRSTonline – Qual è l’attrattiva di questo tipo di investimento?
I tassi di interesse aiutano perché i rendimenti di obbligazioni governative e corporate sono ormai ai minimi termini e i mini-bond permettono di poter investire su un’asset class che può garantire 2-3 volte il rendimento del Btp.Noi siamo tarati attorno al 6% come obbiettivo lordo del nostro fondo, da cui vanno decurtate le commissioni di gestione e le tasse.
FIRSTonline – Le commissioni saranno penso più alte di un fondo obbligazionario medio.
Sì perché è necessario tutto un lavoro aggiuntivo di accurata due-diligence. Noi abbiamo due quote di investimento. Sulla classe A, dove l’investimento minimo è di 2,5 milioni di euro, la commissione è dello 0,8%. Sulla classe B dove l’investimento minimo è di 250mila euro, la commissione è dell’1,2%
FIRSTonline – A che punto siete nel processo di raccolta e investimento?
Stiamo completando il fundraising ed entro fine settembre faremo il Cda per il primo closing sulla raccolta delle risorse che si chiuderà sopra i 30 milioni di euro. Dobbiamo ancora iniziare il processo di investimento. Ci stanno arrivando moltissime richieste e penso che una volta che avremo chiuso la raccolta le segnalazioni aumenteranno. Non facciamo in maniera attiva l’attività di scouting sugli investimenti, le aziende si propongono da sole, oppure le segnalazioni arrivano tramite l’advisor a cui ci appoggiamo e tramite gli stessi investitori. Entro fine anno penso che avremo investito su 2-3 aziende.