Gli ultimi saranno i primi? Dopo un anno ruggente per buona parte degli indici azionari vale la pena di andare a rivisitare le piazze che hanno deluso le attese degli operatori e che, per questa ragione, offrono oggi valutazioni a sconto. Soprattutto nel caso della Cina, il gigante dell’economia mondiale che, secondo le previsioni di inizio 2021, sembrava destinata a raccogliere per prima e con più forza la ripresa post– Covid. Le cose, si sa, sono andate in maniera diversa. L’indice Csi 300 di Shanghai e Shenzhen ha accusato, in dollari, un calo del 5,3 per cento. Ancor peggio ha fatto la Borsa di Hong Kong che ha chiuso l’anno con una perdita del 14 % abbondante. Eppure, non erano in pochi a scommettere che Pechino avrebbe difeso i livelli dell’ex colonia britannica, l’approdo obbligato, tra l’altro, per i Grandi della tecnologia gialla costretti loro malgrado a far le valigie da Wall Street.
Così non è andata. Il presidente Xi Jingping ha imposto una severa stretta ai colossi in odore di eccessiva indipendenza dal potere centrale. Ne ha fatto le spese Alibaba, estromessa dalla top ten delle società più capitalizzate, ma anche Didi, la Uber di Pechino che non aveva atteso il via libera del partito per far domanda a Wall Street. Intanto, è esplosa, assai minacciosa, la crisi dell’immobiliare che promette di avere tempi lunghi. E’ di stamane la notizia della nuova sospensione del titolo Evergrande che pure aveva annunciato nel week end di esser pronta a tronare in piena attività. Insomma, non solo la Cina ha deluso, ma numerosi segnali stanno ad indicare che la decelerazione dell’economia del Drago si protrarrà anche nel 2022. Pertanto, la crescita del PIL rimarrà modesta, probabilmente sotto il 6% indicato dalle previsioni ufficiali.
Data la politica di tolleranza zero contro il Covid-19, le restrizioni continueranno a pesare sull’attività economica, in particolare nel settore dei servizi. Il governo è intervenuto a sostegno del settore energetico dopo che svariati blackout ne avevano frenato l’attività. Tuttavia, è probabile che permanga la pressione sulle riserve di carbone, perlomeno in inverno. Di conseguenza, i produttori devono fare i conti con i maggiori costi dell’energia in una fase in cui la domanda all’esportazione sembra destinata a rallentare. Alla larga da Pechino? Non è detto anche perché buona parte dei fattori negativi sono ormai stati incorporati nei prezzi. Oggi i conti dei principali gruppi dell’auto elettrica, (Nio, Li Peng e Li auto) offriranno l’occasione per misurare la forza della ripresa. Non solo. Pechino ha anche adottato nuove misure di rilancio mentre le autorità si preparano all’apoteosi del congresso di ottobre, occasione per una riconferma trionfale del presidente. Dal punto di vista dei mercati, dice Louisa Lo di Schroders “la correzione del mercato azionario cinese nel 2021 fa nascere numerose opportunità in svariati settori. Nel complesso, ci sembra che le valutazioni siano adeguate e offrano una maggiore protezione dal rischio di ribasso in un contesto macroeconomico ancora difficile nel 2022”. A sostenere i mercati, oltre ad una revisione della stretta sui titoli tecnologici, saranno i titoli legati ai consumi trainati dall’aumento del reddito disponibile grazie alle riforme ed agli stimoli.
Ma le opportunità migliori potrebbero trovarsi nel reddito fisso, il vero buco nero per gli investitori che, in assenza di alternative, comprano ancora i Bund, che offrono un rendimento tuttora negativo pur in presenza di un’inflazione tedesca sopra il cinque per cento. I titoli di Pechino sono una buona alternativa: rendimenti interessanti, l’inclusione negli indici internazionali e la tenuta della moneta in cerca di affermazione quale valuta di riserva sono alcune delle ragioni che suggeriscono di prestare attenzione ai bond in renmimbi.
Non c’è solo la Cina tra i grandi delusi del 2021. Una scommessa a (poù) alto rischio riguarda il Brasile. L’indice Bovespa della Borsa di San Paolo ha chiuso il 2021 con una perdita che sfiora il 14%, se viene espressa in Euro. E’ una delle peggiori performance borsistiche al mondo. Per trovare di peggio bisogna guardare alla Borsa della Turchia, in perdita del 25% in Euro, a causa del tracollo della Lira Turca che apre l’anno con il sesto ribasso consecutivo. E’ già svanito, insomma, l’effetto annuncio delle misure straordinarie fatto qualche giorno fa dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Anche se i rendimenti dei bond sono molto alti, il rischio di perdere sul cambio è ancora forte.
Le acrobazie del Sultano di Istanbul hanno creato più danni della pessima gestione della pandemia dell’attuale presidente Jair Bolsonaro, la cui popolarità è in caduta libera.
Ora, per motivi stagionali, il Covid-19 è in frenata. Non si sa fino a quando anche perché le cronache da Rio narrano dell’esplosione della febbre per il Carnevale, senza mascherina ma numerosi cortei in maschera. Di sicuro sarà un anno turbolento in vista del voto di ottobre che vede l’ex presidente Ignacio Lula in netto vantaggio.
Vale la pena di scommettere su questa Borsa capace nel 2016 di mettere a segno uno spettacolare +76%, espresso in euro? La scommessa, da sconsigliare ai deboli di cuore, non è temeraria, anche se l’economia carioca è reduce da un anno nero, frenata in agricoltura dal cattivo andamento del raccolto di soia, cotone, mais e canna da zucchero e, per quanto riguarda l’industria, dalla crisi dell’energia e dalle difficoltà ad esportare dato lo stato della logistica. Con tutti i suoi problemi, però, nel 2031 il Brasile potrebbe diventare l’ottava potenza economica mondiale scavalcando l’Italia. E per ora i prezzi sono da saldo: un rapporto P/E medio per l’indice Bovespa intorno a 6,7 volte e un Dividend Yield intorno all’8%, valori molto attraenti se confrontati con la media mondiale: l’indice MSCI World “gira” con un P/E di 21,50x e un Dividend Yield dell’1,70%.