L’avvento di Hollande sulla scena europea consentirà verosimilmente, oltre le intenzioni dello stesso Presidente francese, di rimettere al centro dell’agenda l’evoluzione delle istituzioni europee in senso federalista, partendo dai temi della crescita. E’ infatti evidente a tutti (anche alla signora Merkel, in privato, per il momento) che dobbiamo trovare la quadra del cul de sac nel quale ci siamo infilati conciliando una inevitabile mutualizzazione dei rischi con dichiarate politiche che ci restituiscano la speranza nel futuro. Per evitare di restare vaghi, parto molto concretamente dal documento pubblico della Commissione Europea, nel quale si descrivono tre diverse versioni di Eurobond:
1. Sostituzione completa dei debiti nazionali e garanzia congiunta. I debiti pubblici degli Stati verrebbero sostituiti completamente dagli Eurobond, seppure in modo graduale. Tutti gli stati garantirebbero e se un Paese non fosse in grado di ripagare la sua parte di debito, scatterebbe la garanzia congiunta degli altri Stati.
2. Sostituzione parziale dei debiti nazionali e garanzia congiunta. I debiti pubblici degli Stati verrebbero sostituiti solo in parte dagli Eurobond (ci sarebbe un limite in percentuale del Pil alla loro emissione) mentre, per la parte rimanente, gli Stati dovrebbero continuare ad emettere titoli nazionali.
3. Sostituzione parziale dei debiti nazionali e garanzie separate. Funziona come il secondo esempio, ma la garanzia sugli eurobond sarebbe pro-rata: ogni Stato garantisce solo una quota prestabilita di emissioni.
Tra queste soluzioni, la prima risponde meglio all’esigenza di integrazione fiscale europea e rappresenta un passo significativo verso un’unione europea “credibile”. Tuttavia, per via della garanzia congiunta, tale opzione richiederebbe una revisione dei Trattati comunitari, risultando pertanto difficilmente applicabile nel breve periodo, con l’attuale timida leadership.
La sostituzione parziale dei debiti nazionali (soluzione 2 e 3) risulterebbe di più facile implementazione, a condizione di consentire al detentore di titoli di poter gradualmente sostituire i titoli di debito nazionale in portafoglio con Eurobond.
Socializzare i debiti può indurre nel tipico problema dell’azzardo morale: i soliti furbetti continuerebbero a scialacquare a scapito dei paesi seri. Tuttavia, la sostituzione parziale e non completa dei debiti, ponendo un limite all’emissione degli eurobond, consentirebbe di ovviare alla propensione all’indebitamento della Grecia di turno. Nel breve periodo, una valida opzione per gestire al meglio il timore di azzardo morale e la necessità ormai imprescindibile di promuovere la crescita economica è rappresentata dall’emissione – su scala limitata e per obiettivi – di specifici bond caratterizzati da garanzia congiunta. Per esempio, per favorire la crescita, si potrebbe puntare su un più efficiente utilizzo dei Fondi strutturali europei attraverso strumenti pubblico/privati come i project bond. Con tali strumenti di risk sharing è infatti possibile aumentare le risorse disponibili per progetti di sviluppo sfruttando la leva finanziaria sui fondi pubblici messi a disposizione dall’Unione Europea.
La Commissione europea, con una comunicazione alle istituzioni legislative europee dello scorso ottobre, si è impegnata a portare avanti il progetto “Europe 2020 Project Bond Initiative”. Il fine dell’iniziativa è facilitare il finanziamento di progetti destinati allo sviluppo delle infrastrutture supportando l’emissione di bond da parte di soggetti privati attraverso una con-partecipazione al rischio da parte delle Istituzioni europee, in particolare della BEI, che gode già di apprezzata esperienza nel settore (a fine 2009 il debito in circolazione della BEI ammontava a più di 300 miliardi di euro) e il cui Board è costituito dai ministri delle finanze dei paesi membri della UE. I bond supportati dalla BEI già oggi rappresentano un “quasi Eurobond” (sebbene finalizzati a progetti specifici) e, in quanto tali, forieri di benefici simili a quelli di una maggiore integrazione fiscale. Inoltre, un fondo promosso dalla BEI con garanzia congiunta non implicherebbe uno svantaggio per i paesi più virtuosi. Infatti, eventuali perdite realizzate potrebbero essere allocate in base al principio di dove sono sorte. I benefici inoltre sarebbero condivisi da tutti gli Stati Membri, incluso il contributo atteso in termini di stabilizzazione e crescita economica.
E allora lanciamo la nostra idea di project bond: trasformiamo la nostra penisola nel più grande molo naturale esistente, per la ricezione del traffico mercantile proveniente da est, che consentirebbe un risparmio di 5 giorni di navigazione rispetto agli attuali approdi nei porti del nord Europa, per il transito di merci nel cuore del Vecchio Continente. Un progetto vantaggioso per tutti, con un indotto enorme, con fondi privati disponibili. Soluzioni e progetti che potrebbero avere efficacia solo se vengono prese in fretta. L’Unione Europea, per rimanere tale, ha bisogno di risposte concrete.