“Meglio le patate dei doner kebab”, gridano i Patrioti contro l’Islam mentre sfilano ordinati a Dresda, con un chiaro riferimento a quattro milioni di immigrati turchi presenti in Germania. Che succede nella placida e possente Germania ossessionata dalla tolleranza e dall’accoglienza dello straniero e con la legislazione più aperta verso i rifugiati? E che succederà dopo la tragedia di Charlie a Parigi? La paura della crisi economica (a dicembre l’inflazione andrà a 0,1%, flirtando con la deflazione) o il timore di perdere la propria identità culturale stanno provocando un movimento xenofobo di massa dai contorni pericolosi nel cuore della vecchia Europa o siamo alle esagerazioni di media ossessionati a loro volta dal “passato tedesco che non passa”?
Andiamo con ordine perché il fenomeno non va affatto sottovalutato per i suoi riflessi sociali, politici ed economici: lunedì 5 gennaio oltre 18mila persone hanno sfilato per le strade di Dresda, una delle più belle città tedesche, nota come la Firenze sull’Elba, città ricca di monumenti barocchi e musei. I manifestanti si riconoscono nei cosiddetti «Patriottici europei contro l’islamizzazione dell’Occidente» – noti con la sigla Pegida – il gruppo anti-Islam e anti-immigrati che con le sue marce di protesta settimanali – si danno appuntamento ogni lunedì – sta allarmando sempre più le autorità tedesche e il mondo politico.
Dalla prima manifestazione di ottobre il numero dei partecipanti alle proteste è aumentato: all’ultima del 22 dicembre hanno manifestato 17mila persone. Gli aderenti a Pegida manifestano con croci e bandiere della Germania, gridano slogan come «Meglio le patate dei doner kebab», oppure «No al fanatismo religioso e a ogni genere di radicalismo». Protestano contro le regole di accoglienza degli immigrati che richiedono asilo, considerate troppo lasche. Nel 2014 la Germania ha accolto 200mila rifugiati politici, quattro volte più del 2012.
E’ dunque un movimento di protesta del tipo di quello che sta sconquassando la placida Svezia ideatrice del welfare nordico, dove il governo di minoranza ha deciso di rinviare le elezioni anticipate per timore di un successo dei movimenti xenofobi di estrema destra, che hanno avuto un risultato impetuoso nelle ultime consultazioni? Possibile, ma per ora i commentatori sono cauti nel fare paragoni con altre realtà europee.
Il dato più rilevante statisticamente è che la Germania è diventata il secondo paese dell’Ocse con il più elevato flusso d’immigrazione, dopo gli Stati Uniti, superando la Gran Bretagna e il Canada (nel 2009 la Germania era all’ottavo posto). Inoltre, sono lontani i tempi dei “gastarbeiter”, i “lavoratori ospiti” che la Germania accolse per lavori poco qualificati dagli anni Cinquanta dal sud del Mediterraneo, italiani compresi, come una filmografia di successo ha reso noto. Oggi Berlino è a caccia di lavoratori qualificati da tutto il mondo e la sua industria sa che ha un enorme bisogno d’immigrati. La Germania ha infatti la popolazione più vecchia (dopo Italia e Giappone), un tasso di natalità basso ed è la locomotiva d’Europa. Inoltre nel 2030 andranno in pensione una valanga di lavoratori circostanza che creerà la necessità di nuovi immigrati per mandare avanti le fabbriche tedesche.
Le reazioni
Detto questo, si capisce perché il cancelliere tedesco Angela Merkel, leader della Cdu, un partito democristiano, nel discorso di fine anno al Paese ha attaccato il populismo di destra «spesso pieno di pregiudizi e persino odio». Poi sono arrivate le reazioni della Chiesa (il Duomo di Colonia ha spento le sue luci per protestare contro Pegida) e del quotidiano popolare Bild, che ha lanciato una campagna contro questo movimento a cui hanno aderito l’ex cancelliere socialdemocratico 96enne Helmut Schmidt, l’attrice Karoline Herfurth, l’ex giocatore Oliver Bierhoff, il presidente della Confindustria tedesca Ulrich Grillo, lo scrittore e giornalista Ulrich Wickert, molti politici e ministri di tutti i partiti.
Dunque, sono in molti a prendere le distanze dalle marce xenofobe, non solo il cancelliere. Migliaia di persone anti-Pegida si sono radunate a Berlino, Colonia e Stoccarda; almeno 5mila nella capitale della Germania, hanno confermato fonti della polizia, e circa 22mila tra Stoccarda, Munster e Amburgo.
A Berlino il nome del movimento xenofobo diventa Bergida: ma lunedì 5 gennaio, al debutto nella capitale, ha fatto fiasco. Contro di loro hanno marciato oltre 5.000 persone. «La Germania – ha detto alla contro-manifestazione di Berlino il ministro della Giustizia Heiko Maas – è un Paese nel quale i rifugiati sono i benvenuti e dove la maggioranza silenziosa non deve rimanere in silenzio ma farsi vedere e manifestare nelle piazze». Ma forse qualcosa si è rotto nella Germania e i politici fanno bene a spegnere l’incendio prima che divampi.