Veneto Banca si avvicina all’assemblea dei soci, in agenda il 18 aprile. Il gruppo di Montebelluna ha appena approvato un nuovo piano industriale 2015-2017 che prevede il ritorno all’utile dal 2015 e 170 milioni di profitti nel 2017 e che è stato “predisposto in ottica stand alone”. Ma mentre si lavora alla trasformazione in Spa, vanno avanti i contatti con la Popolare di Vicenza, in attesa dei risultati dell’analisi Rothschild sulle opzioni strategiche legate agli scenari di consolidamento del settore. “L’autonomia è l’idea più gradita ma, in ogni caso, Vicenza non è la soluzione migliore, non sono favorevole a questa aggregazione” dichiara a FIRSTonline Giovanni Schiavon, ex magistrato ed ex presidente del Tribunale di Treviso, ora alla guida della neonata associazione degli azionisti di Veneto Banca (www.aavenetobanca.it).
Perché ha deciso di creare una Associazione di azionisti?
“L’idea mi è venuta un anno fa quando ho visto che Veneto Banca mi sembrava in difficoltà, dopo le ispezioni di Bankitalia. Io sono socio da anni, non un grande socio, ma ho partecipato alla vita della banca. Ho visto che c’era scontento tra gli associati che sembravano non sapere cosa stava succedendo. Sembrava che la banca fosse in default e così molta gente è andata agli sportelli a chiudere il conto. Poi si è aggiunta anche la vicenda dell’aggregazione con la Popolare di Vicenza. Vedevo che i soci erano disorientati e straniti. Bisogna ricordarsi che una popolare ha soci anche fra chi non ha specifiche conoscenze su come operano le banche. C’era quasi il panico. I soci non sono tutelati di fronte a queste cose, sono come pecore, come un gregge, lasciati senza alcuna seria documentazione”.
C’è malcontento tra i soci dunque?
“Alcuni soci non sanno come avvengono le vendite di azioni, temono grosse svalutazioni sul valore delle azioni, c’è gente che ci ha messo i risparmi di una vita. Lamentano diversità di trattamento, in molti hanno chiesto alla banca di acquistare le azioni ma al loro posto sono state soddisfatte richieste successive. Tutte cose su cui bisogna andare a controllare la documentazione. Il problema è che quando si va in assemblea il socio non conta nulla”.
Siete preoccupati per il futuro della banca di fronte a uno scenario di aggregazioni e fusioni?
“I soci si chiedono se si sta andando verso la fusione o meno. E se sì, con chi? Se la si vuole fare con Vicenza la situazione è molto complessa. La politica del presidente Zonin ha creato problemi. Con il suo atteggiamento aggressivo ha creato difficoltà, dichiarando che noi non eravamo pronti ad aggregare, da allora le azioni di Veneto Banca sono cadute di valore”.
In che senso?
“C’era una certa pressione da parte di Bankitalia perché Veneto Banca si aggregasse alla Popolare di Vicenza in posizione però di ‘aggregata’. Vicenza però era sempre risparmiata dalle ispezioni. In una fusione bisogna vedere i conti di una e poi dell’altra. E le dichiarazioni di Zonin erano difatti abbastanza aggressive: c’era la disponibilità a fondersi con Veneto Banca ma a patto che i vertici andassero via e se ne fossero occupati direttamente loro. Poi sono arrivati gli stress test della Bce e si è accertato che delle due banche a stare peggio era invece la Vicenza. Evidentemente non era vero che il loro aumento di capitale da 1 miliardo serviva per attrezzarsi a essere polo aggregante. Serviva per altro. Vicenza alla fine è rientrata nei parametri Bce solo all’ultimo momento”.
E ora?
“Ora ho segnalato un cambiamento singolare di politica. Zonin ha abbandonato la posizione ostile e ora propone un’alleanza e verrebbe in prima fila in assemblea. Cosa è successo nel frattempo? Ma non è solo questo. Una fusione con Vicenza creerebbe molti problemi di sovrapposizioni di sportelli e quindi ai dipendenti che verrebbero lasciati a casa. Inoltre, la Popolare di Vicenza ha più o meno gli stessi nostri problemi nostri. Non è che la somma di due problemi risolva i problemi, li fa aumentare”.
Insomma, Vicenza per voi è l’ultima delle opzioni. Ma il futuro lo vede con un’altra banca?
“Certamente non è la soluzione migliore, non sono favorevole a questa aggregazione. Se Veneto Banca dovesse fondersi con un altro istituto non dovrebbe essere la Vicenza. Sul fronte delle altre opzioni, Veneto Banca ha dato mandato a Rothschild per vedere quali sono i partner migliori per questa aggregazione, verso la quale Bankitalia spinge molto. La seconda opzione che abbiamo è quella dell’autonomia. Questo significa fare una Spa molto forte con un aumento di capitale. L’autonomia è l’opzione gradita a tutti gli imprenditori della provincia di Treviso”.
Temono per il territorio?
“Una banca che conosce bene i pericoli e i valori del territorio è garanzia per il loro futuro. Se qui viene una banca che si trasforma in una specie di ministero e non ha una specifica attenzione allo sviluppo delle Pmi la prospettiva è mesta. Anche per l’Associazione l’idea più gradita è quella dell’autonomia”.
Per la prossima assemblea del 18 aprile vi preparate alla raccolta delle deleghe?
“La nostra associazione (qui il video di presentazione) ha scelto di non fare attività di raccolta di deleghe. Per evitare che si pensi che abbiamo fini trasversali, abbiamo rinunciato a questa attività. Ogni socio voterà come vuole. Noi nasciamo per favorire il dialogo, la comunicazione e la trasparenza, vogliamo essere un’associazione di formazione della coscienza dei soci, la voce degli azionisti. Lo scopo è la tutela degli interessi diffusi e collettivi dei soci. E ora siamo nella fase di registrazione delle adesioni all’Associazione, in tre settimane, da quando siamo partiti, abbiamo raccolto più di 300 associati, anche importanti. Ciò che è importante è che i soci non vogliono più essere osservatori passivi e vedere come vanno gli aventi. Una banca popolare non può essere gestita con gli stessi criteri del grande istituto, deve avere una gestione anche flessibile, che significa parlare di più con i soci e gli imprenditori”.
Cosa ne pensa della trasformazione in Spa?
“Che non si può fare con un decreto legge. Ho molti dubbi che sia costituzionale una legge che pur mantenendo il modello popolare per altri, impone ad alcune banche la trasformazione in Spa. Il socio che non ha diritto di recesso subisce la trasformazione, aveva scelto il diritto capitario che ora gli viene tolto, gli viene espropriato un diritto. Detto questo, il voto capitano ha creato tanti problemi che dovrebbero essere eliminati”.
La sensazione è però che la trasformazione in Spa potrebbe aiutare la vostra Associazione.
“Sì, penso che nella prospettiva della trasformazione in Spa la nostra associazione possa portare una dialettica utile a garanzia degli associati. E che la forma giuridica nuova ci possa facilitare il lavoro, perché riesce ancora di più a esaltare la funzione di trasparenza dell’Associazione che vuole essere la voce dei soci”.
State cercando partner finanziari che aumentino il peso della vostra Associazione?
“In questo momento non stiamo cercando investitori a supporto. Ma tra non molto questo problema si potrà porre. Ora però puntiamo alla registrazione dei soci. E a dare voce agli azionisti che oggi non sono considerati nulla più che un gregge. Abbiamo chiesto alla banca dei dati, così come chiederemo il rapporto di Rothschild sulle aggregazioni e in assemblea prenderemo parola. Ci stiamo organizzando per poter far si che l’Associazione partecipi alla vita decisionale della banca”.
Come hanno reagito i vertici di Veneto Banca?
“Noi siamo totalmente indipendenti da Veneto Banca. I vertici all’inizio non la vedevano bene, avevano perplessità, poi ne abbiamo parlato, ho incontrato il presidente un paio di volte, l’ho sempre informato, con comunicazioni e mail per correttezza. Abbiamo rapporti cordiali. Vogliamo dialogare con Veneto Banca, non abbiamo intenzioni aggressive, nessuna azione collettiva di risarcimento danni. Le faccio un esempio. Ora scadono quattro amministratori. Chi sono? Ancora non si sa. Probabilmente saranno riconfermati gli stessi. Noi non abbiamo alcuna intenzione di proporci, tradiremmo il nostro spirito ma questo non è modo di operare. Non c’è modo per far sì che il cda venga scelto su base del consenso che viene dagli azionisti?”.