Delle quattro sorelle orfane dell’ultima eliminata, l’Olanda, la prossima che dovrebbe finire nel temibile mirino dell’agenzia di rating Standard & Poor’s (che proprio ieri ha confermato a BBB il punteggio dell’Italia) è la Finlandia.
L’economia del Paese scandinavo, unica europea a godere ancora della tripla A insieme a Germania, Austria e Lussemburgo, rispecchia la crisi della sua azienda più nota, Nokia, e si appresta a un “nuovo inverno glaciale”, stando alla metafora usata dalla stessa banca Nordea per riassumere le prospettive della Finlandia.
Del resto i dati della banca centrale di Helsinki parlano chiaro: il malato della Scandinavia, come inizia a essere definito, vedrà nel 2013 il suo Pil decrescere dell’1%, contro lo 0,8% precedentemente stimato, e soprattutto la ripresa annunciata nel 2014 sarà debole, ancor più del previsto: +0,6% anziché +0,7%.
La scusa della crisi dei partner europei che giustificherebbe il calo dell’export, sul quale si basa da tempo il sistema economico, regge solo in parte: se è vero che il rallentamento della crescita della Russia rappresenta un oggettivo freno alle esportazioni, è altresì realistico quanto comunicato dalla stessa banca centrale, secondo la quale “oltre agli effetti negativi della recessione internazionale, l’economia risente anche di una faticosa ristrutturazione industriale, dell’aumento del costo della vita e dell’invecchiamento della popolazione”.
Per non parlare poi della disoccupazione, che cresce pericolosamente verso la soglia del 9%: dal 7,7% del 2012, il tasso è già all’8,1% quest’anno e secondo gli esperti di Nordea salirà almeno all’8,5% nel 2014. Tempi duri dunque per “Nokialand”, proprio nei giorni in cui Bruxelles ha dato l’ok alla gigantesca operazione che vedrà l’azienda di telefonia, leader del mercato a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, attraversare l’Atlantico e passare nelle mani del colosso Microsoft per la cifra di 5 miliardi di euro.
Tuttavia se Atene piange, Sparta non ride. La Finlandia sarà anche a rischio di perdere la tripla A di S&P, ma anche la florida economia della vicina Svezia non naviga più sui consueti standard di eccellenza. Anche Stoccolma infatti soffre la crisi dell’export, nonostante un cambio valutario quanto mai vantaggioso: l’euro si scambia con 9,05 corone, il minimo da 18 mesi. La disoccupazione, inoltre, è cresciuta dello 0,1% a novembre, toccando la soglia dell’8% della popolazione attiva. Segnali non proprio confortanti, anche se al momento la Svezia ha respinto la recessione: nel 2013 il suo Pil è comunque cresciuto dell’1%, e la ripresa del 2014 è prevista molto più vigorosa rispetto alla media europea, con un +2,4%.