Alla fine la maxi multa è arrivata: Royal Bank of Scotland dovrà pagare in tutto 612 milioni di dollari per espiare la manipolazione del Libor. Si tratta della seconda multa più salata che sia mai stata imposta nell’ambito di un’indagine globale.
In realtà, la somma finale è frutto di tre sanzioni. L’istituto britannico verserà 325 milioni alla Commodity Futures Trading Commission (Cftc), l’agenzia indipendente americana che regola il mercato dei future delle materie prime e quello delle opzioni. Al dipartimento della Giustizia statunitense andranno invece 150 milioni di dollari, mentre altri 137 finiranno nelle casse della Financial Services Authority, la Consob inglese. A diffondere la notizia è stata la Cftc, specificando che la divisione giapponese di Rbs si è dichiarata colpevole nell’ambito di un patteggiamento con il dipartimento di Giustizia americano.
Quella alla Banca scozzese è la terza sanzione arrivata finora nell’ambito delle inchieste sullo scandalo Libor e si piazza sul secondo gradino del podio. La medaglia di bronzo va a Barclays, che a giugno ha ricevuto un’ammenda da 290 milioni di sterline (circa 454 milioni di dollari), mentre al primo posto resta inavvicinabile il primato della svizzera Ubs, che lo scorso dicembre ha pagato una multa storica da 1,5 miliardi.
Ma qual è il peccato da mondare a così caro prezzo? Secondo le autorità americane ed inglesi, dal 2006 decine di trader della grande famiglia Rbs hanno tentato “centinaia” di volte di distorcere il regolare andamento del Libor. L’acronimo inglese sta per “London Interbank Offered Rate”, ovvero il principale tasso d’interesse a cui le banche internazionali si prestano denaro fra loro. Non solo: il Libor viene preso a riferimento per fissare i tassi di moltissimi contratti e -grazie alla solita magia dei derivati – arriva ad influenzare asset pari a circa 10 volte il Pil della Terra. I trader di Rbs puntavano proprio a falsare le loro scommesse sui derivati legati al Libor, garantendosi sempre il ritorno più redditizio possibile.
Ad aggiungere vergogna alla vergogna è la particolare condizione della Royal Bank of Scotland, che – al contrario della sue compagne di truffa – non è più una banca privata. Nel 2008, al culmine della crisi finanziaria, l’istituto è stato salvato con una somma spaventosa di denaro pubblico: 45 miliardi e mezzo di sterline, che hanno portato l’81% del capitale di Rbs nelle mani del Tesoro britannico.
Per cercare di alleviare il grave danno d’immagine, l’istituto ha già annunciato che chiederà ai suoi dipendenti coinvolti di restituire le somme guadagnate negli ultimi anni e che i bonus legati all’investment banking saranno tagliati.
Tutto questo però non chiude definitivamente il triste capitolo dello scandalo, perché al Libor è legato anche l’andamento dei tassi d’interesse su milioni di prestiti e mutui. E’ quindi probabile che, primo o poi, arrivino delle richieste di risarcimento da parte dei clienti. E nemmeno in quel caso si parlerà di spiccioli.