Che Nicolas Sarkozy stesse puntando gran parte della sua campagna elettorale sul tema dell’immigrazione non era un mistero. Ma domenica, in quel di Villepinte, cittadina di 40mila abitanti nella banlieue nord di Parigi, il presidente della Repubblica uscente ha tirato fuori l’artiglieria pesante.
Davanti a una folla di 60mila sostenitori galvanizzati come non mai, il candidato alla ri-elezione non ha esitato a evocare l’ipotesi di un’uscita della Francia dagli accordi di Schengen, che disciplinano appunto la gestione dei flussi migratori dall’esterno verso l’Europa, spesso affidata ai Paesi di frontiera tra cui l’Italia.
Già non erano mancate l’anno scorso le polemiche sul caso-Lampedusa, quando oltre 25mila clandestini sbarcarono sulle coste italiane e molti di loro tentarono di raggiungere il territorio francese, prontamente fermati a Ventimiglia da un imponente contingente di forze dell’ordine voluto proprio da Sarko per bloccare “l’invasione”.
Ma a Villepinte il consorte di Carla Bruni è andato oltre: ha chiesto una revisione dei trattati, minacciando addirittura di sospendere la partecipazione della Francia se ciò non dovesse accadere entro un anno. Un vero e proprio ultimatum: “Gli accordi di Schengen non sono più in grado di rispondere alla gravità della situazione. Vanno rivisti, esattamente coma abbiamo fatto di recente rivedendo le norme fiscali e finanziarie”. “Non bisogna – ha anche detto Sarko – lasciare la gestione dei flussi migratori ai tecnocrati e ai tribunali”.