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Sardine, gilets gialli e Greta: che ne sarà delle piazze del 2019?

Sardine, gilets gialli e Greta: che ne sarà delle piazze del 2019?

Il 2019 è stato l’anno delle proteste di piazza, in tutto il mondo. Dall’Europa all’America Latina, all’Asia, a Greta Thunberg in giro per il pianeta. Dai gilets gialli alle Sardine, volendo scegliere esempi così geograficamente vicini ma così diversi nelle modalità di espressione del malcontento. I primi aggressivi, più paragonabili alle feroci – e spesso legittime – rivolte dell’America Latina e di Hong Kong; i secondi pacifici, virtualmente gemellati – nei toni – con i Fridays for Future, altro fenomeno che ha caratterizzato l’anno che ci lasciamo alle spalle, al punto che la rivista Time ha proclamato Greta come personaggio del 2019.

Ma che ne sarà di gilets gialli e Sardine nel 2020? Quale modalità di manifestare il disagio prenderà il sopravvento, in Europa e nel mondo? Ha ancora futuro la protesta francese spesso contaminata dalla presenza di black bloc e sfociata in devastazioni e arresti? E Mattia Santori e soci finiranno col fare politica, forti di una partecipazione crescente, o visto il precedente fallimentare proprio dei “colleghi” francesi preferiranno mantenere intatta la loro spontaneità e i loro modi “gandhiani”, che ne hanno fatto la mosca bianca dei movimenti di piazza di tutto il mondo?

Le Sardine, o per rispettare meglio il copyright le 6.000 Sardine, hanno iniziato radunandosi spontaneamente (in seguito a un semplice appello su Facebook lanciato da quattro ragazzi) a Bologna, in piazza Maggiore, venerdì 15 novembre, fino ad arrivare a portare 100.000 persone in piazza San Giovanni a Roma, un mese dopo.

Niente bandiere, niente simboli di partiti, niente insulti, niente scontri con la polizia. La primissima volta, sotto una pioggia battente che in teoria avrebbe dovuto scoraggiare la cosiddetta “sinistra da salotto”, fu anzi contrassegnata da un voluto e significativo silenzio, intervallato solo dalle note di Bella Ciao, intonata dalla folla e diventata poi la canzone simbolo di un’iniziativa pacifica, che ha dimostrato che un popolo “di sinistra” esiste ancora, chiede rappresentanza, chiede un linguaggio politico e sociale più pacato, e che soprattutto i giovani non sono affatto chiusi nel loro presunto benessere da salotto ma hanno voglia di scendere in piazza, come dimostra anche la folta partecipazione ai Fridays for Future, in Italia così come nel resto del mondo.

Di ben altro stampo invece sono state le proteste dei nostri cugini francesi, per non parlare di quelle in Sudamerica o ad Hong Kong, costate pure la vita a diverse persone.

La chiave di lettura in realtà è immediata: un conto è protestare contro chi usa il linguaggio dell’odio, in maniera apolitica e senza fare particolari rivendicazioni al governo, un conto è invece ribellarsi non contro un’altra parte della società ma contro le stesse istituzioni, i partiti, i governi, per difendere dei precisi diritti, che siano quelli dell’indipendenza dalla Cina (Hong Kong) o di votare senza brogli (Bolivia), o di difendere la propria dignità da un costo della vita esploso senza controllo (Cile), o di essere ancora tutelati in quanto indigeni (Ecuador), o ancora come in Francia di non dover pagare lo scotto della transizione energetica.

Sarà che in Italia evidentemente non siamo così messi male, o che in molti prima di arrivare a sfogare la rabbia hanno pensato di trovare una soluzione votando 5 Stelle o Lega, ma quanto accaduto in questo 2019 in molte parti del mondo non ha precedenti ed è in totale antitesi rispetto allo spirito delle nostre Sardine.

Il movimento dei gilets jaunes ha in comune con le Sardine solo quello di essere nato spontaneamente sui social. Il motivo che ha portato in piazza centinaia di migliaia di manifestanti a Parigi e in mezza Francia per 58 volte (58 Acte, dove gli Acte sono i sabati di protesta, ininterrottamente da oltre un anno con l’aggiunta della grande manifestazione per lo sciopero generale di giovedì 5 dicembre), è stato l’aumento dei prezzi del carburante e di conseguenza l’elevato costo della vita per “l’altra Francia”, quella della provincia, costretta a spostarsi in macchina e lontana dall’efficienza green della capitale.

Il presidente Macron, che in queste settimane assiste a un riacutizzarsi delle tensioni in vista dell’approvazione della riforma delle pensioni (che inaugura un sistema “a punti” e che pur senza costringervi aumenta di fatto l’età pensionabile), aveva risposto convocando una grande consultazione popolare, durata due mesi attraverso internet ma anche con comitati di ascolto cittadino nei quartieri, per raccogliere lamentele e proposte. Evidentemente però quella fase, che pur avrebbe potuto dar vita ad una partecipazione “sana” sul modello Sardine, non ha avuto grandi effetti e su Parigi pende sempre la spada di Damocle di una tensione pronta in qualsiasi momento a riesplodere.

La speranza è che per una volta l’Italia possa fare da apripista ad una nuova forma di protesta, pacifica e costruttiva ma non per questo meno motivata. E che si lega a quella, che vede ancora una volta protagonisti i giovani, dei Fridays for Future. L’effetto-Greta e l’effetto-Sardine (che si sono già diffuse in mezza Europa) per provare finalmente a convincere la politica che il mondo non può più aspettare: deve essere un posto migliore.

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