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Sanità: tra fuga di medici e mancanza di fondi, allarme ospedali. Il caso Zero48: Tac a rischio per i malati oncologici

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La sanità e il sistema sanitario nazionale sono sotto pressione: cresce il numero dei medici che abbandonano la sanità pubblica, creando una vera e propria emergenza nel sistema ospedaliero italiano. Nel corso del 2021 e nell’anno successivo, si è registrato un balzo significativo delle uscite, arrivando a 2.870 nel 2022. I numeri continuano a crescere. Le risorse, invece, diminuiscono: il caso dell’ospedale di Latina

La fuga dei medici: a cosa è dovuta? 

I motivi che spingono i medici a lasciare il loro lavoro in ospedale sono molteplici. Uno dei fattori principali è l’esaurimento dovuto a turni di lavoro estenuanti e alla mancanza di prospettive di carriera. Negli ultimi dieci anni, con la riduzione di 30.000 posti letto ospedalieri, migliaia di posizioni da primario sono andate perdute, minando ulteriormente le prospettive di crescita professionale. A tutto ciò si aggiungono anche gli stipendi tra i più bassi d’Europa, un ulteriore elemento che contribuisce alla loro frustrazione.

Inoltre, i medici reclamano migliori condizioni di lavoro. I dati sembrano mostrare che, in media, si possono accumulare circa 300 ore di lavoro straordinario non pagato né recuperato. I sindacati di categoria chiedono che le aziende sanitarie smettano di utilizzare fondi destinati alla carriera e ai risultati per pagare gli straordinari. È una situazione paradossale in cui gli stessi medici finiscono per finanziare i loro straordinari.

Secondo il sindacato rappresentativo dei medici ospedalieri, circa 5.000 di loro hanno chiesto informazioni su come lasciare il servizio pubblico, alcuni per andare all’estero, altri per lavorare nel settore privato. Alcuni invece cercano solo la pensione. Complessivamente, si stima che 10.000 medici siano pronti ad abbandonare completamente il lavoro in corsia o ridurre le loro presenze.

Il segretario nazionale dell’Anaao (Associazione Nazionale Aiuti e Assistenti Ospedalieri), Pierino di Silverio, riporta cifre allarmanti riguardo a questa crescente crisi. Afferma che la sanità pubblica è allo stremo e che c’è bisogno di azione immediata per evitare la disgregazione del servizio sanitario nazionale. Non si escludono scioperi e dimissioni di massa.

Un problema che necessità azione immediata, su larga scala

Le carenze di personale e la fuga dal servizio pubblico rendono difficile sostituire il personale durante le ferie estive. I reparti ospedalieri, soprattutto quelli di medicina d’urgenza, sale operatorie e infettivologia, saranno particolarmente colpiti.

Il fenomeno della fuga dei medici riflette anche le preferenze dei giovani specialisti. Ad esempio, la dermatologia e la chirurgia plastica, specializzazioni più remunerative nel settore privato, hanno poche posizioni scoperte. D’altra parte, specialità come la virologia e la microbiologia registrano una percentuale elevata di posti non assegnati, poiché non portano richiesta di visite private.

Per affrontare questa crisi, il Ministero della Salute e dell’Università sta accogliendo 3.000 aspiranti medici nelle facoltà di medicina. Tuttavia, di Silverio sottolinea che è necessario rendere più attrattive le specializzazioni meno remunerative per i giovani medici.

Al sistema sanitario nazionale mancano i fondi: il caso di Zero 48

La situazione sembra mostrare che il sistema sanitario nazional sia sull’orlo del collasso, non solo per la fuga di dottori, ma anche per una mancanza di risorse. Infatti chi invece non vuole lasciare potrebbe essere obbligato a dover abbandonare i propri progetti.

Ad illustrare questo problema è il caso di Zero 48. Circa due anni fa, è stato avviato questo programma innovativo presso l’Icot di Latina, che si rivolge specificamente ai pazienti affetti da cancro. È stato ideato dal professor Iacopo Carbone, direttore del reparto di “Diagnostica avanzata per immagini” dell’istituto pontino. Il progetto nasce dalla necessità di fornire supporto ai pazienti affetti da cancro durante la pandemia, quando l’accesso alle procedure diagnostiche come le Tac e le risonanze magnetiche era limitato. Il professor Carbone ha contattato le oncologie territoriali per comprendere le necessità dei pazienti in termini di Tac mensili ed è riuscito a dedicare un’intera giornata alla settimana ai pazienti oncologici. Il progetto è stato avviato nel giugno 2021 e ha registrato una crescente domanda, con 45 pazienti sottoposti a Tac ogni venerdì.

Tuttavia, il progetto si scontra con il problema dei limiti di budget, con rischi di riduzione degli esami se non si ottiene supporto economico dalla Asl. È ora necessaria la ricerca di finanziamenti dalla parte di individui o ma anche dalla regione, il sostegno istituzionale per garantire la continuità del progetto e ampliare l’offerta di esami, come le risonanze magnetiche, per i pazienti oncologici: «E’ partito nell’era del Covid quando per i malati di neoplasia gli ospedali erano inaccessibili. Oggi all’Icot facciamo 180 Tac al mese, per non fermarci serve il supporto della Asl» reitera Carbone. 

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