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Sanità privata cresce con le liste d’attesa, già pesa per il 40%. Mediobanca: “Per quella pubblica l’Italia spende meno dei big Ue”

Imagoeconomica

Le lunghe liste d’attesa della sanità pubblica rendono “lecito attendersi, nel prossimo futuro” un “aumento del peso degli operatori sanitari privati” in Italia, il cui giro d’affari “è già stimabile in circa 70 miliardi, pari al 40% dei numeri complessivi del comparto”. Lo afferma l’Area studi di Mediobanca nel suo report dedicato ai maggiori operatori sanitari privati in Italia. Un’analisi che arriva all’indomani del via libera fornito dal Consiglio dei ministri alle misure contenute nel nuovo decreto legge in materia di liste d’attesa, con i dubbi che tuttavia permangono sulle reali risorse a disposizione.

I tempi di attesa, che insieme alle difficoltà economiche hanno spinto 4,5 milioni di italiani a rinunciare a curarsi nel 2023, spingono infatti chi è in grado di sostenere i costi della sanità privata, i sottoscrittori di assicurazioni private e i beneficiari di welfare aziendali a indirizzarsi al di fuori del Servizio sanitario nazionale (Ssn), contribuendo alla crescita della spesa sanitaria privata, sottolinea Mediobanca.

Sono 14, evidenzia Mediobanca, i gruppi che hanno chiuso in perdita il 2022 contro i 5 del 2021.

Il ritorno sul capitale (roe) aggregato, già in riduzione dal 5,9% del 2019 al 4,1% del 2021, cala ulteriormente al -0,8% nel 2022. Ad esprimere la migliore redditività netta sono Centro di Medicina (22,2%), Humanitas (13,4%), Eurosanità (9,5%) e Ghc (8,3%) nell’assistenza ospedaliera, Synlab (39,2%) nella diagnostica e San Raffaele di Roma (36,3%) nella riabilitazione.

La struttura patrimoniale nel 2022 appare solida e in parziale miglioramento rispetto all’anno precedente, con debiti finanziari pari al 104,5% dei mezzi propri, in riduzione dal 112,7% del 2021. Le posizioni più solide sono quelle dello Ieo, privo di indebitamento finanziario, e di Auxologico Italiano, Salus, Policlinico di Monza, Humanitas e Istituto Don Calabria, con debiti finanziari attorno al 20%.

Sul fronte dei ricavi il +5,5% atteso nel 2023, dovrebbe essere spinto dal dai gestori di strutture per anziani (+14%), con il ritorno alla piena saturazione delle Rsa entro il 2024, seguito dall’assistenza ospedaliera (+5,7%), dalla riabilitazione (+4,1%) mentre la diagnostica è attesa in calo (-4%).

Il confronto tra il +5,5% dei ricavi della sanità privata stimato da Mediobanca e il +1,7% della spesa accreditata rilevabile dall’ultimo Def consente di stabilire che la variazione del giro d’affari aggregato sia trainata dall’incremento delle prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dai cittadini.

Sanità privata, ecco le cifre del report: i dettagli

Dunque, è proseguita anche nel 2022 la crescita del giro d’affari della sanità privata in Italia, con un fatturato salito del 2,7% sul 2021, anno in cui la crescita dei ricavi (+14,5%) aveva beneficiato del rimbalzo delle prestazioni dopo la ‘gelata’ registrata durante la pandemia. I 10,6 miliardi di ricavi del 2022 sono superiori dell’8,7% ai livelli pre-pandemici del 2019.

Nel 2023 il fatturato dei 31 operatori sanitari privati con fatturato superiore ai 100 milioni di euro, analizzati dal report di Mediobanca, dovrebbe crescere di un ulteriore 5,5%. Se i ricavi progrediscono, la redditività fatica: l’aggregato esaminato registra una perdita complessiva di 38 milioni nel 2022, dopo che già il 2020 si era chiuso in rosso per 53,9 milioni.

La redditività complessiva, rileva Mediobanca, resta ancora inferiore ai livelli pre-pandemici e subisce un’ulteriore battuta d’arresto nel 2022, risentendo dell’inflazione: il margine operativo netto si è contratto del 60,4% sul 2019 e del 49,7% sul 2021 e il margine dell’ebit sui ricavi scende all’1,8%, dal 3,8% del 2021 e dal 5,3% del 2019.

Nel 2022 al primo posto per ricavi si colloca Papiniano, holding del gruppo San Donato e del San Raffaele (1.707 milioni), che precede Humanitas (1.122 milioni), Gvm – gruppo Villa Maria (840 milioni), il Policlinico Gemelli (799 milioni) e Kos (683 milioni).

Sanità pubblica: “L’Italia spende meno dei big europei”

L’Italia spende meno degli altri grandi Paesi europei per la sua sanità pubblica in rapporto al suo Prodotto interno lordo. Nel 2022, evidenzia l’Area studi Mediobanca, il nostro Paese ha speso il 6,8% del Pil, alle spalle di Spagna (7,3%), Regno Unito (9,3%), Francia (10,3%) e Germania (10,9%).

Nel 2023, prosegue l’analisi, l’Italia si è attestata al 6,3% con la previsione di portarsi al 6,4% nel 2024. In valore assoluto la spesa si è attestata a 131,7 miliardi di euro nel 2022 e, secondo i dati previsionali, scenderà a 131,1 miliardi nel 2023. Nel 2022 il 79% circa del valore complessivo è originato dalle strutture pubbliche e il 21% da quelle accreditate, che nel ventennio 2002-2022 hanno mostrato una crescita superiore a quella dei presidi pubblici (+3,1% contro il 2,5%).

“Lo scenario che si prospetta è l’appiattimento dell’incidenza sul Pil della spesa sanitaria pubblica, a fronte di una crescente richiesta di prestazioni per effetto delle dinamiche demografiche” evidenzia Mediobanca, che ricorda come nell’area Ocse l’incidenza degli over 65 sia salita dal 7,6% del 1950 al 18% del 2022, con la previsione di raggiungere il 26,4% nel 2060, e che l’Italia, con il 23,9% di over 65 nel 2022 e una previsione del 33,4% al 2060, sia già sopra la media, alle spalle solo del Giappone (29%).

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