Gli italiani pagano di tasca propria circa un quarto delle spese totali per la salute. La spesa sanitaria totale registrata in Italia nel 2017 è stata infatti pari a 152,8 miliardi di euro e di questi, il 74% (113,1 miliardi di euro) è rappresentato dalla spesa pubblica e il 24% (39,7 miliardi di euro) dalla spesa sanitaria privata.
Ben il 91% della spesa privata (36 miliardi di euro) è stata out of pocket, ovvero sostenuta interamente di tasca propria dai cittadini, mentre solo per il rimanente 9% si è trattato di spesa intermediata. Un dato significativo che, da un lato, conferma lo spostamento del finanziamento sempre più a carico dei cittadini e dall’altro fa notare come la sottoscrizione di forme di sanità integrativa rimanga un fenomeno ancora limitato rispetto ad altri paesi europei: in Irlanda, Francia e Paesi Bassi la componente intermediata raggiunge un’incidenza sulla spesa sanitaria privata superiore al 40%.
Questi e altri approfondimenti sul tema della sanità sono stati presentati a Roma nel corso di un incontro organizzato da UniSalute, società del Gruppo Unipol e principale player nel mercato della sanità integrativa che gestisce 43 Fondi Sanitari integrativi di categoria derivanti da CCNL.
I dati presentati fanno parte di uno studio elaborato dalla European House-Ambrosetti che mostra come l’incidenza della spesa sanitaria pubblica italiana sul PIL (pari a 6,6%) sia minore della media europea (7,4%) e nei prossimi anni sia destinata a diminuire e con un gap, rispetto agli altri paesi del Vecchio continente, destinato ad ampliarsi: Germania, Svezia e Paesi Bassi, ad esempio, spendono più di 4.000 euro l’anno per ogni cittadino, quasi il doppio di quanto spende l’Italia.
La tendenza all’aumento della spesa sanitaria privata e soprattutto di quella out of pocket (ben il 24% in più negli ultimi anni) evidenzia uno stato di sofferenza del nostro sistema sanitario nazionale in considerazione di uno sbilanciamento demografico verso la fascia più anziana delle popolazione che genera conseguentemente una maggiore domanda di salute.
Nel corso dell’incontro, l’Amministratore Delegato di UniSalute, Fiammetta Fabris, ha commentato: “Siamo convinti che la sanità integrativa dovrà mantenere e ampliare il ruolo di primo piano grazie all’importante attività svolta ad oggi dai Fondi Sanitari di categoria che hanno consentito di intercettare parte della spesa diretta in sanità per oltre 5,8 milioni di assistiti. La vivacità e l’attenzione del settore è evidente anche dalle nuove modalità con cui abbiamo saputo insieme intercettare le nuove e diverse esigenze a tutela degli iscritti e dei loro familiari, cominciando ad attivare percorsi di presa in carico delle patologie, in particolare quelle croniche, specifici percorsi di prevenzione personalizzata e modelli di gestione di assistenza domiciliare. Restano aperte importanti tematiche che costituiscono le sfide anche del SSN quali la non autosufficienza e i farmaci che pesano per una buona percentuale sul totale della spesa privata totale”.
Alcune di questi bisogni, già presenti tra le coperture prestate dai Fondi Sanitari di categoria ai propri iscritti, sono il segno della dinamicità del settore e della propensione dello stesso e della Compagnia a cogliere le novità tra cui il ricorso alle nuove tecnologie (ad esempio legate alla telemedicina) che possono supportare una spesa che rischia altrimenti di diventare troppo onerosa per i cittadini.
A chiusura dell’evento, anche in considerazione dell’apertura del prossimo confronto che i Fondi avranno sui tavoli ministeriali, la Fabris ha inoltre evidenziato come, in questi anni, i Fondi Sanitari di categoria da CCNL abbiano assicurato prestazioni per un valore di circa 2 miliardi di euro, confermando il ruolo di secondo pilastro della sanità. “E’ necessario ora – ha concluso la Fabris – iniziare delle riflessioni anche interne al sistema. Siamo alla vigilia di una stagione importante, con obiettivi precisi: il mantenimento degli investimenti pubblici nel settore, la razionalizzazione della spesa, un maggiore spazio da dedicare su questo fronte nella contrattazione nazionale”.