Una sanatoria sui soldi “nascosti” nelle cassette di sicurezza delle banche, ovvero sulla ricchezza posseduta dagli italiani e mai dichiarata al fisco da regolarizzare con un’aliquota unica. È questa, secondo il Corriere della Sera, una delle ipotesi del governo Meloni per fare cassa nella prossima Manovra. A proporla, secondo il quotidiano, è il viceministro Fdi all’Economia Maurizio Leo. Che però smentisce tutto in una nota stampa. Non è la prima volta che spunta fuori la cosiddetta “voluntary disclosure”, una dichiarazione spontanea e volontaria da parte dei contribuenti sui patrimoni liquidi occulti detenuti nel Paese o all’estero. Lo scopo è quello di consentire a chi ha evaso di trattare col fisco italiano in cambio di denaro.
I precedenti
Matteo Renzi aveva provato ad attuarla al crepuscolo del suo governo di centrosinistra, nell’autunno 2016: riguardava le violazioni commesse fino al 30 settembre 2014 e si chiuse nel novembre 2015. Dalle 130 mila autodenunce emersero circa 60 miliardi, e il recupero per il Fisco (compreso il contante frutto di evasione) fu di 5 miliardi. La seconda edizione, relativa alle violazioni commesse tra l’ottobre 2016 e il luglio 2017, fruttò invece nella prima fase (dati non ufficiali) circa un miliardo, da 15 mila istanze. Secondo alcune stime delineate dal magistrato Francesco Greco (all’epoca procuratore capo di Milano), il “tesoro nascosto è tra i 200 e i 300 miliardi di euro, dei quali almeno 150 liquidi”.
Una norma del genere era stata proposta anche da Matteo Salvini all’epoca del governo Conte I (2019), con un’aliquota del 15%.
Controverse
Secondo il presidente dell’Ordine dei Commercialisti Elbano De Nuccio il rischio è di arrivare a regolarizzare proventi illeciti, in contrasto con le normative antiriciclaggio. Ma mettendo da parte anche questi rischi, è controverso il fatto che questa misura non si accompagnerebbe a una stretta sull’uso del contante: al contrario l’attuale esecutivo ha semmai allentato le maglie, facendo salire da 1.000 a 5.000 il tetto ai pagamenti liquidi. Quello che di fatto sarebbe un condono sul nero rischierebbe così di creare un precedente, scrive il Corriere, incentivando sempre nuove pratiche del genere.
Come funziona la voluntary disclosure sui patrimoni liquidi?
Si tratterebbe di consentire, a chi ha nascosto illecitamente capitali all’estero o contanti nelle cassette di sicurezza delle banche, di far emergere tali somme, denunciandole al fisco e pagando una imposta sostitutiva pari al 26%, in cambio della regolarizzazione. Quanto alle somme “non accertabili”, sarebbero regolarizzate accanto alle altre. In questo modo “un contribuente che avesse per esempio 10 mila euro di cui può giustificare il momento del guadagno e altri 10 mila di cui non può, sarebbe in grado di regolarizzare 20 mila euro detenuti in nero versandone appena 2.600”, spiega Federico Fubini del Corriere. Ma il progetto di Leo prevede anche che il contribuente sia sottoposto ad accertamento fiscale per le somme che non è in grado di spiegare. E dovrebbero arrivare anche dei filtri per escludere i proventi di reati non fiscali, andando a salvaguardare la normativa antiriciclaggio. Il falso nella dichiarazione comporterebbe una pena detentiva da uno a sei anni.
Il condono sul contante
Di fatto, spiega il quotidiano, l’operazione cassette di sicurezza potrebbe diventare una specie di maxicondono sui proventi in nero. A proporre una correzione il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: imporre un tetto al volume di contanti da far emergere alla luce. Ma questo potrebbe essere un incentivo ai prestanome. Il commercialista De Nuccio spiega che sarebbe un’operazione senza precedenti perché i condoni sul contante non sono mai andati in porto. E ci sarà un motivo. Non solo, “l’evasione fiscale può derivare dalla gestione di un’attività di economia reale. L’esempio classico è non dichiarare una parte dell’imponibile su cui il fisco effettua i prelievi. Mentre il contante può essere frutto di spaccio di droga, di proventi di attività della criminalità organizzata o del terrorismo. Si entra in contesto dove è difficile trovare una corretta modalità per fare emergere il contante. Un’operazione del genere impone il rispetto dei vincoli comunitari. Uno fra tutti quello sull’Iva. Chi dice che le somme oggetto di emersione non siano derivanti da attività sottoposte al regime dell’Imposta sul valore aggiunto?”.
Ma soprattutto, conclude De Nuccio, “se la legge dovesse introdurre una percentuale di prelievo per fare emergere le somme depositate nelle cassette di sicurezza si configurerebbe come uno schiaffo in faccia a chi paga le tasse. Il legislatore dovrà essere accorto”.
La smentita del governo
Il sottosegretario Leo ha smentito la notizia: “Contrariamente a quanto riportato oggi da alcuni organi di stampa, smentisco categoricamente che è allo studio una “voluntary disclosure” per far emergere valori e contanti detenuti nelle cassette di sicurezza. È un tema, peraltro, del quale non mi occupo e non mi sono mai occupato”. E ancora: “L’unica misura alla quale ho lavorato è la tregua fiscale ove si prevedeva che il contribuente in debito col fisco pagasse tutto il dovuto, con una sanzione ridotta. Ad ogni modo, proprio in virtù del ruolo da me ricoperto come responsabile delle finanze rimango fermamente contrario a forme di regolarizzazione del contante non dichiarato al fisco”.
Secondo il Corriere il governo eviterà di metterci “la faccia” lasciando proporre la misura a un parlamentare della maggioranza in sede di approvazione della legge di Bilancio. Il gettito previsto dovrebbe ammontare intorno ai 10 miliardi di euro. E nonostante sia stata smentita per il momento, quello che emerge è che l’esecutivo è alla ricerca di risorse per finanziare la prossima Legge di Bilancio e sta vagliando tutte le possibilità, anche quella di reperire fondi da uno dei cassetti più segreti dell’evasione fiscale.