Sul Mes è finita come peggio non si poteva immaginare. Dopo aver tergiversato per oltre un anno, l’asse sovranista della Lega di Salvini e di Fratelli d’Italia della premier Giorgia Meloni, non a caso sostenuto dal populismo trasformista dei Cinque Stelle di Giuseppe Conte, boccia la ratifica del Mes con un blitz parlamentare che in un solo colpo assimila l’Italia all’Ungheria di Viktor Orban. Una scelta inusitata che riesuma i fantasmi populisti della scorsa e della prossima campagna elettorale e che affonda la credibilità internazionale dell’Italia contraddicendo dopo un sol giorno la ragionevole adesione al nuovo Patto di stabilità e crescita. E’ la vittoria del peggior populismo antieuropeo di Matteo Salvini, al quale si piega la premier che cancella così i suoi vani tentativi di tagliare le radici del passato e di accreditarsi come leader conservatrice europea quale non sarà. Inutile ricordare che inizialmente Salvini e Conte avevano avallato il Mes: il richiamo della foresta è stato più forte del realismo politico e le convergenze parallele degli opposti populismi di Salvini e Meloni da un parte e di Conte dall’altra hanno confezionato il disastro che costerà caro all’Italia e che ne strapazza l’immagine. Inutile anche cercare ragioni di merito nella sciagurata bocciatura del Mes: non ce ne sono, perché la scelta è puramente ideologica ed elettoralistica.
Giustamente il Direttore del Tg de La7, Enrico Mentana, si chiedeva ieri sera se fossero per caso impazziti tutti gli altri Paesi europei che hanno già ratificato la riforma del Mes che l’Italia con il suo voto di ieri mette in mora, impedendo al Vecchio continente di dotarsi di un salvagente finanziario in grado di fronteggiare crisi bancarie che per ora non sono all’orizzonte ma che non si possono mai escludere. Purtroppo a impazzire non sono stati nostri partner europei ma il nostro Paese. L’Italia, che dipende dagli altri partner europei e dai mercati per finanziare il suo enorme debito, la pagherà cara ma il voto del Parlamento di ieri non mancherà di avere anche riflessi di politica interna molto rilevanti. Le considerazioni che già ora si possono fare sono almeno tre.
Lega, FdI e M5S: le tre forze che hanno bocciato il Mes sono le stesse che affossarono il Governo Draghi
In primo luogo la bocciatura del Mes certifica che sul populismo di destra è Salvini ad avere l’egemonia e che la Meloni non è assolutamente in grado di sottrarsi al ricatto elettorale del suo scomodo alleato-rivale di estrema destra. Ieri il leader della Lega ha vinto per Ko distruggendo in un solo colpo l’immagine di leader moderata che la premier aveva faticosamente cercato di costruirsi nei mesi scorsi. La Meloni si è sempre rifugiata sotto le bandiere dell’atlantismo ma senza europeismo non c’è atlantismo che tenga. Dopo il passo falso sul Mes è una premier dimezzata.
La seconda considerazione racconta che, quando c’è una battaglia populista dal sapore elettoralistico, Conte non si tira mai indietro, con buona pace dell’ingenua leadership del Pd che l’ha sempre pensato come l’alleato più affidabile per tentare di costruire un’alternativa al Governo di destra-centro. Fateci caso: la triade Salvini, Meloni, Conte è la stessa che l’anno scorso liquidò il Governo Draghi, il miglior Governo che l’Italia abbia avuto negli ultimi trent’anni che ha saputo fronteggiare la pandemia, sostenere fin dalla prima ora l’Ucraina contro l’aggressione russa e rilanciare l’economia italiana (+12% di Pil in due anni) come ai tempi del miracolo economico del Dopoguerra.
Il Pd capirà che inseguire i Cinque Stelle anziché dialogare con il Centro allontana l’alternativa?
Terza considerazione: onore al merito delle forze che hanno saputo tenere alta la bandiera dell’europeismo battendosi, anche se invano, per la ratifica del Mes. Queste forze sono quattro: il Pd, Italia Viva di Renzi, Azione di Calenda e +Europa della Bonino, con l’indiretto ma timido appoggio di Forza Italia che si è astenuta di fronte alla bocciatura del Mes. Guarda caso, sono le stesse forze che con più convinzione avevano sostenuto il Governo Draghi. Sarebbe bello pensare che il voto sul Mes apra finalmente gli occhi al Pd e gli faccia capire che, se vuole avere una pallida speranza di costruire l’alternativa a Meloni, non può inseguire Conte nelle sue capriole trasformistiche ma deve aprire al Centro e condurre una vigorosa battaglia europeista e riformista. Talvolta le sconfitte politiche gettano il seme della riscossa e può darsi che la lezione di ieri apra nuovi scenari in futuro, ma per ora farsi troppe illusioni sarebbe a dir poco velleitario.