Se il 26 gennaio Stefano Bonaccini avesse perso (ho molto temuto che ciò accadesse) non avrei avuto difficoltà ad ammettere che si sarebbe trattato di una sconfitta di portata storica. Del resto, ho espresso una valutazione siffatta in tanti articoli scritti prima delle elezioni. La sconfitta di Jeremy Corbyn in collegi dove il Labour aveva vinto ininterrottamente dal 1935 ha fatto il giro del mondo. Ma sarebbe stata ben più clamorosa una sconfitta in Emilia Romagna, per quello che questa regione rappresenta nello scenario, non solo nazionale, della politica.
Per fortuna Bonaccini ha vinto e in modo netto. Considero pertanto disonesto che i partiti di centrodestra e i loro sostenitori sui media si ostinino a non ammettere la sconfitta del Capitano (qualcuno si è spinto persino a proclamarne la sostanziale vittoria). Eppure, Salvini si era impegnato in prima persona con l’obiettivo dichiarato di vincere in Emilia Romagna per avvicinare a grandi passi la vittoria in Italia. Ed i sondaggi gli erano favorevoli, nonostante l’inadeguatezza di Lucia Borgonzoni e il generale riconoscimento del “buon governo” di Bonaccini. Roberto Calderoli si era spinto fino a dire che la giornata del 26 gennaio sarebbe diventata la Festa della Liberazione.
Adesso il centrodestra e la Lega non possono cavarsela con un’asettica lettura dei flussi elettorali, dell’entità del voto disgiunto e del numero (importante) di voti ottenuti nelle urne. Sostenere che la Lega è stata in grado di contendere la regione rossa e che questo è un risultato eccezionale è un falso ideologico, perché l’obiettivo non era perdere bene, ma vincere in maniera netta. Addirittura chiedendo all’elettorato di aderire al referendum che Salvini aveva lanciato su se stesso e sul suo progetto politico, anche accettando di correre il rischio di essere governati peggio, a livello regionale, nei prossimi anni.
Ci dovrà pur essere un corrispettivo tra la capacità di Stefano Bonaccini di evitare – in gran parte da solo – una catastrofe per la sinistra e le conseguenze politiche di una mancata vittoria di chi era convinto di poter invertire una storia rimasta immutata per decenni e divenuta così emblematica. Non si può dire “fino adesso abbiamo sempre vinto, in ben 9 regioni, non è un dramma aver perso bene in una regione tradizionalmente collocata dall’altra parte del fronte”.
L’Emilia Romagna non è un territorio vaccinato dall’exploit nazionale della Lega nell’arco di pochi anni. Le elezioni politiche e quelle europee avevano già mandato dei segnali inequivocabili di rapporti di forza inesistenti nella precedente consultazione regionale. Se mi è consentito il paragone (ovvero si parva licet) Winston Churchill realizzò delle vittorie importanti anche quando riuscì a riportare in patria l’armata “spiaggiata” a Dunkerque (tecnicamente fu una ritirata) e quando vinse la battaglia sui cieli d’Inghilterra contro l’aviazione tedesca. Hitler non se la cavò dicendo “abbiamo invaso mezza Europa e sconfitto la Francia in poche settimane, con il Regno Unito non ce l’abbiamo fatta, ma lo abbiamo bombardato bene”.
Un’altra prova di disonestà politica, a mio avviso, sta nel tentativo di demolire il movimento delle sardine, attribuendo a un’eminenza grigia (Romano Prodi?) di esserne il promotore e il regista. È poi ridicolo lasciar intendere che sia stato il Pd creare un movimento parallelo e travestito da pesce azzurro. Non ne avrebbe avuto né la forza, né le risorse, né la capacità organizzativa. Gli sponsor (in Tv e sui quotidiani) della Lega e del suo Capitano stanno facendo di tutto per delegittimare le sardine (con articoli, saggi, comparsate sugli schermi, ecc.) perché hanno capito che questi giovani esprimono una forza reale per un obiettivo giusto.
A chi dice che stanno insieme soltanto contro Salvini bisogna rispondere come le parole del generale De Gaulle: un vasto programma. Il Capitano è il primo problema dell’Italia. A me sembrano un po’ patetici, di converso, quelli che invitano i vincitori del 26 gennaio a non montarsi la testa, perché il Pd non ha risolto i suoi problemi e la destra è ancora potente nell’elettorato. È assolutamente vero, come è vero, però, che Salvini ha cominciato a perdere. A Stalingrado, l’Armata rossa riuscì a fermare l’invasione nazista. Fu l’inizio di un rovesciamento del fronte. Ma segnò comunque una svolta; anche se, per arrivare a Berlino, ci vollero ancora degli anni. E tante battaglie.
Cazzola torna a fare il sessista in tv che il giornalismo non fa per te, nessuno ha detto che le Sardine sono state organizzate dal PD, ma sono sicuramente appoggiate dal partito e non di certo un movimento spontaneo.