Non c’è solo la Pandemia da Covid a sconvolgere la nostra vita. C’è un’altra pandemia in atto, più subdola e meno drammaticamente appariscente rispetto a quella sanitaria, ma dagli effetti economici e sociali che si rifletteranno nel tempo alquanto devastanti. Ed è quella che riguarda il cambiamento climatico in atto. Lancia l’allarme Marco Salvi presidente di Fruitimprese e denuncia i gravissimi danni che le gelate hanno causato in questi giorni di inizio aprile alle produzioni ortofrutticole del Paese con punte fino all’80% nelle drupacee, già l’anno scorso colpite da eventi meteorologici estremi.
Il problema sta assumendo negli ultimi anni risvolti allarmanti.
L’alterazione climatica associata all’aumento termico in atto , infatti, modificherà sempre più (e lo sta già facendo) il comportamento delle principali variabili che incidono sulle produzioni come le temperature (in aumento di 1,5-2,0 C fino al 2050) e le precipitazioni (in riduzione come cumulati di pioggia); inoltre l’intensificazione delle incertezze e delle incognite si tradurrà in un aumento della vulnerabilità anche economica delle aziende e con effetti anche sugli andamenti di mercato Tradotto in numeri per capire meglio i pericoli a cui andiamo incontro, basta considerare che è stato calcolato che il calo di produzione agricola mondiale si attesterà nel 2080 tra i 190 miliardi di dollari e i 40 miliardi di dollari all’anno.
Si aprono infine inquietanti scenari dal punto di vista della sicurezza sociale planetaria per la disponibilità e l’utilizzo delle risorse naturali con conseguente aumento delle dispute territoriali, dei fenomeni migratori legati al peggioramento delle condizioni di vita, delle tensioni legate all’accesso e al controllo delle risorse energetiche.
Non a caso la Commissione europea, nella primavera del 2008, ha riconosciuto il cambiamento climatico come “un pericoloso moltiplicatore in grado di esacerbare tutti gli altri trend, tensioni e fattori di instabilità esistenti”.
L’anticipo dei periodi di fioritura delle piante, l’allungamento della stagione di crescita delle vigne e cambiamenti in altri cicli naturali delle piante nel calendario delle attività di coltivazione (semina, raccolto, ecc.) indicano che gli agricoltori si stanno già adattando alle nuove condizioni climatiche. Ma appare evidente che non ci si può limitare alla intuizione o alla buona volontà dei singoli.
Tornando alla situazione italiana, il presidente di Fruitimprese sottolinea che per la stagione attuale le amministrazioni competenti stanno già quantificando i danni. “Quello che è certo – dice – è che la campagna 2021 inizia con la perdita di ingenti quantitativi di produzione e con ricadute negative certe sui bilanci delle imprese produttive e commerciali dell’ortofrutta. La competitività delle nostre imprese ancora una volta è messa a dura prova – aggiunge Salvi – e a poco serve continuare a ripetere che il settore è stato ‘eroico’.
Di fronte alle difficoltà incontrate nel 2020 dagli esportatori di ortofrutta con la chiusura di molte frontiere, la limitazione della circolazione al Brennero e i tentativi di boicottaggio dei nostri prodotti su alcuni mercati europei è quasi un miracolo che la bilancia commerciale della nostra ortofrutta nel 2020 si sia chiusa con un +6% dell’export (a valore) e un -3% a volume e un saldo positivo di quasi 664 milioni di euro, anche se deve far riflettere tutti il dato che l’import a quantità per il secondo anno consecutivo supera l’export, in particolare per agrumi e ortaggi.
“Nulla da dire se le importazioni aumentano, ma poi non lamentiamoci se perdiamo superfici produttive e posti di lavoro. Dobbiamo capire – avverte il presidente Salvi – qual è il ruolo che vogliamo ritagliarci sullo scenario internazionale, se vogliamo competere o se siamo destinati ad un lento declino. La pandemia ci ha insegnato l’importanza del gioco di squadra e ha fatto capire agli italiani che frutta e ortaggi sono prodotti strategici per la nostra vita e il nostro benessere, però se non vogliamo perdere ulteriori posizioni nella competizione internazionale dobbiamo chiedere alla politica e alle istituzioni di sostenere il settore con misure concrete e non solo con dichiarazioni”.
Per far fronte ai cambiamenti climatici diventa essenziale mettere mano al sistema legislativo di protezione delle imprese con adeguati sistemi assicurativi “magari ricorrendo alle risorse del Recovery Plan o a quelle dello Sviluppo rurale della PAC”. Ma per Salvi è importante anche intervenire per migliorare la gestione della manodopera per le grandi campagne, rendere più snella e agevole la ricerca di lavoratori qualificati per le nostre imprese, ed evitare che i lavoratori stagionali stranieri vadano a lavorare in altri Paesi perché da noi la burocrazia rende tutto più complicato e difficile.
Poi c’è il problema del costo del lavoro più alto d’Europa, un fardello che minaccia direttamente la competitività delle imprese. Questi sono tutti temi da affrontare al Tavolo ortofrutticolo nazionale (o attraverso uno strumento alternativo), che chiediamo al ministro di convocare in tempi rapidi, vista l’urgenza dei problemi legati ai danni delle gelate e all’avvio della campagna estiva”.
In questa prospettiva argomento non secondario diventa anche la transizione ecologica e digitale, obiettivi strategici del PNRR e della strategia Farm2Fork. Salvi commenta: “Premesso che le nostre imprese hanno intrapreso già da molti anni la strada virtuosa della produzione integrata a basso utilizzo di chimica, si deve riconoscere che la strategia del Green Deal e della Farm2Fork (con la riduzione del 50% degli agrofarmaci e del 20% dei fertilizzanti) impatterà direttamente sul nostro lavoro e sul futuro delle nostre imprese. Serve decidere solo su basi scientifiche e fare valutazioni preventive di impatto per non perdere importanti quote di produzione e leadership in tante varietà per l’impossibilità di proteggere le nostre colture.
Altrimenti ci troveremo a competere con Paesi che non hanno i nostri stessi vincoli in termini di sostenibilità e garanzie per lavoratori e consumatori. Bene poi la Transizione digitale, purché si cominci dalla formazione e dalle scuole dove si deve curare di più l’avviamento al lavoro”.