La Borsa vola e lo spread cala, ma per l’Italia non è tempo di esultare. Il prestito alle banche spagnole annunciato sabato dall’Eurogruppo avrà un costo. E anche se i mercati per il momento festeggiano, a via XX settembre i tecnici del Tesoro lavorano per capire quanti soldi in più dovrà racimolare il nostro Paese.
Una stima esatta non è ancora possibile, perché i termini dell’accordo che dovrebbe salvare Madrid dall’implosione saranno definiti solo nella riunione Ecofin del 20-21 giugno. Ma già si parla di numeri preoccupanti: entro la fine dell’anno, tra fondi da sborsare e prestiti da garantire, il conto potrebbe superare i 48 miliardi di euro, come indicato dal Corriere della Sera. Appena un anno fa la quota italiana si era fermata a 9,2 miliardi, lo 0,6% del Pil.
Innanzitutto occorre fare una distinzione preliminare fra i due fondi salva-Stati europei, l’Efsf (già operativo, ma temporaneo) e l’Esm (permanente, ma attivo da luglio). A dispetto del nome, il primo non è un fondo tradizionale, perché non ha a disposizione risorse proprie: gli stati membri forniscono garanzie che consentono di emettere obbligazioni e, una volta piazzati questi Bond sul mercato, i fondi ottenuti vengono girati alle economie in difficoltà. Le garanzie fornite vengono contabilizzate da Eurostat nei debiti pubblici, cosa che invece non accade per i finanziamenti concessi tramite l’Esm.
Il sostituto dell’Efsf funzionerà come un normale fondo, con una propria liquidità, cui l’Italia dovrà contribuire con 5,6 miliardi in due rate. E’ evidente quanto sia decisiva la scelta dello strumento da utilizzare per il salvataggio della Spagna. Per il momento, Bruxelles sembra orientata sull’Esm. In ogni caso, quest’anno il nostro Paese dovrà finanziare Grecia, Irlanda e Portogallo per 29,5 miliardi attraverso Efsf.