Riflettori puntati sul Salone dell’Auto di Ginevra, che apre oggi i battenti al pubblico – si attendono 700mila visitatori – e che dal 7 al 17 marzo mette in vetrina più di cento anteprime mondiali ed europee. Mai come quest’anno il Motor Show ginevrino è atteso per testare la salute dell’industria mondiale dell’auto che corre verso l’elettrico a emissioni zero sul quale ha già investito 300 miliardi di dollari e che tesse alleanze con i big del digitale Usa, come Apple, Google e Microsoft, per la messa a punto del veicolo sempre più connesso e a guida autonoma. Un domani affascinante ma che non dà pace ai big dell’auto obbligati a sostenere investimenti di queste dimensioni pur sapendo di avere di fronte un decennio di transizione certamente non facile. Tesla, la società alfiere dell’elettrico, con la sua visione rivoluzionaria ha incendiato la Borsa americana fino a raggiungere capitalizzazioni superiori di Gm e Ford ma non ha mai chiuso un bilancio in utile.
Le innovazioni tecnologiche ’accelerano molto più velocemente di quanto facciano i governi nel predisporre una rete adeguata di punti di ricarica per l’auto elettrica oggi più che mai insufficiente. Aumentano e si infittiscono restrizioni e divieti sulle emissioni nocive che di fatto stanno già emarginando il diesel. Sulla scena mondiale sono entrati nuovi outsider del settore -– cinesi in particolare – che puntano a bruciare le tappe nella scalata al successo internazionale. Mai come in questo momento gli storici playmaker mondiali dell’auto avrebbero bisogno di una congiuntura favorevole che di fatto non c’è e che potrebbe anche peggiorare se la guerra dei dazi non troverà una soluzione positiva.
Un quadro incerto che pesa sulle vendite, in calo in Europa: a gennaio la flessione è stata del 4,6%, con segni negativi per quasi tutti i principali costruttori, un aumento delle auto che non si comprano ma si noleggiano a lungo termine e il pesante calo del diesel che ha perso in media il 19%. L’Italia è, con la Spagna, il Paese dove la variazione negativa è maggiore. Proprio in Italia sono stati appena introdotti la tassa sulle emissioni nocive, che colpisce chi compra auto meno ecologiche e il bonus per chi acquista vetture elettriche o ibride. Il 2019 si presenta ancora più incerto del 2018 che non è stato un anno brillante, con l’industria mondiale dell’auto incapace di conquistare il traguardo dei 100 milioni di vetture vendute, registrando anzi un lieve calo rispetto al 2017 con le vendite fissate in 95,6 milioni.
Elettrico, tanto ibrido, multimedialità ovunque tra gli eleganti stand, il Salone ginevrino, tra supercar e concept delle auto di domani, come ogni anno gioca sull’appeal di un settore che colpisce la vista ed emana benessere. Ma anche per i saloni i tempi del “sold out” sembrano finiti vista la crescita di diserzioni eccellenti che in quello di Parigi dello scorso settembre hanno pesato per il 40% delle vendite in Europa. Ginevra è andata meglio ma anche la rassegna svizzera deve registrare le assenze di big come Ford, Opel, Volvo, Hyundai, Jaguar e Land Rover. Di grandi marchi ce ne sono comunque 26, tra questi per la prima volta anche quello della cinese della Changan, il più grande gruppo di Pechino che tra l’altro ha scelto Rivoli, nei pressi di Torino, per aprire nel 2012 il suo primo Centro di design fuori dei confini asiatici, terzo della casa dopo quelli presso la sede di Chongqing e a Shin-Yokohama nei sobborghi di Tokyo.
Perché tante diserzioni? Una questione di costi o piuttosto un cambiamento di strategia per cui alla rassegna generalistica si preferisce un evento mirato? I pareri si dividono. Internet ed il digitale, hanno rivoluzionato anche il mondo dell’auto. E quello dei Saloni: se Detroit, Parigi, Francoforte, Ginevra, solo fino a qualche anno fa erano il punto di riferimento del mondo dell’automobile, ora non sembrano più così importanti per case auto e utenti. Capita così che proprio Elon Musk, il più potente sostenitore dell’auto elettrica, proprietario della Tesla, non ha scelto Ginevra ma il Design Studio di Los Angeles per presentare il 14 marzo prossimo la Model Y, il nuovo crossover elettrico della casa automobilistica di Palo Alto. Dopo aver lanciato la Model 3 low cost, a 35mila dollari, Elon Musk ha annunciato il nuovo modello su Twitter. “La model Y, essendo un Suv, è circa il 10% più grande della Model 3, quindi costerà circa il 10% in più e avrà una gamma leggermente inferiore per la stessa batteria”. Sarà a la Gigafactory di Shanghai a produrre i modelli Model 3 e Model Y con Tesla che punta a raggiungere una capacità di 250mila veicoli all’anno, un obiettivo che Musk vuole raggiungere puntando tutto sull’esclusiva vendita di auto on line. Uno smacco per la rassegna svizzera ammorbidito solo dalla presenza al Motor Show ginevrino di una versione modificata della Tesla Model S, progettata dal brand di design londinese Niels van Roij.
Assente a Parigi, a Ginevra la Fca è presente in forze, dalla Fiat Centoventi Concept – la citycar che segna il futuro prossimo del brand, tutta elettrica con batterie modulari che consentiranno un’autonomia fino a 500 km. – alla Ferrari F8, erede della 488, estetica completamente rinnovata, motore V8 più potente e migliore aerodinamica. I prototipi che Fca presenta a Ginevra sono i primi modelli del piano da 5 miliardi di euro per gli stabilimenti italiani, annunciato il primo giugno 2018 da Sergio Marchionne a Balocco e che Frank Manley, nuovo Ceo di Fca al suo esordio al Salone svizzero, ha confermato nella conferenza stampa del 5 marzo, malgrado l’ecotassa imposta dal governo giallo-verde sulle Supercar che aveva spinto il gruppo italo-americano a minacciare il ritiro del piano.Per sapere tutto e di più sul Motor Show di Ginevra e le auto in vetrina c’è il sito https://www.gims.swiss/
A segnare la discontinuità nel mondo dell’auto non c’è solo un radicale cambiamento sul fronte delle motorizzazioni con l’elettrico e l’ibrido che scacciano il diesel e minacciano la benzina. C’è per una serie di cause le più dispararate, talune dolorose e drammatiche –come nel caso di Fca – un ricambio ai vertici di non pochi grandi gruppi. Non c’è più, fortemente rimpianto, Sergio Marchionne, il geniale top manager che ha portato Fiat a conquistare Chrysler. Al suo posto Manley, l’uomo della Jeep, il marchio che nel 2018 ha battuto per fatturato quello storico di Fiat. Alla Renault-Nissan-Mitsubishi non c’è più Carlos Ghosn, l’uomo forte del gruppo franco-.nipponico, finito in galera per una serie di reati. Al suo posto ci sono ora in Renault Jean-Dominique Senard e Thierry Bolloré mentre la Nissan è stata affidata a Hiroto Saikawa. A maggio al vertice di Daimler-Mercedes Ola Kallenius prenderà la poltrona di Dieter Zetsche, il manager dai grandi baffi bianchi che lascia dopo 13 anni di leadership. Nomi nuovi che al di là del Salone ginevrino saranno probabilmente protagonisti di una nuova stagione di alleanze sempre più necessarie per far fronte a investimenti sempre più massicci per non perdere il treno delle tecnologie necessarie per vincere la sfida dell’auto a emissione zero.