Alcune aziende brianzole (pochissime ma molto importanti) e qualche altro produttore italiano di spicco (ma finanziariamente poco stabile) avrebbero dichiarato di non voler partecipare al Salone del Mobile di Milano, che dovrebbe svolgersi in settembre dal 5 al 10 settembre. Questi rifiuti sorprendenti – senza il Salone del Mobile non esisterebbe il successo mondiale del made in Italy della casa – hanno provocato, insieme ad altri problemi, le dimissioni del presidente del Salone Claudio Luti. Ma molti a Milano nell’ambiente dei designer, dei mobilieri stessi e delle aziende che ruotano in un indotto molto ricco scommettono invece sul suo svolgimento. “Il Salone del Mobile non può assolutamente mancare all’appuntamento – ha confermato un guru del design, Anty Pansera, Premio Compasso d’Oro alla carriera e riferimento culturale del settore -, le polemiche possono solo rendere più difficile il percorso per una ripresa di quello che è l’evento mondiale per eccellenza, il simbolo stesso della nostra creatività e di un comparto leader incontestabile”.
Ma a confermare che il Salone per eccellenza – lo chiamano così all’estero si svolgerà è stato anche, indirettamente ma con una fermezza inusitata, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con una lettera resa nota dal sindaco di Milano Giuseppe Sala. Mattarella del resto ha voluto con un’inaspettata presa di posizione, confermare la centralità per l’economia italiana di un evento che decide le esportazioni dell’intero settore, del gigantesco indotto, compresi i miliardi che entrano nelle tasche degli operatori del turismo d’affari. Chi sono le aziende che si rifiutano di partecipare al Salone? Sembrerebbe capitanare il piccolissimo gruppo di mobilieri della Vandea italiana, la Brianza, del “no” il gruppo Poliform. un autentico gigante. Che però, tramite una dichiarazione del vertice stesso dell’azienda espresso da Giuseppe Anzani, aveva espresso mesi orsono un giudizio decisamente favorevole sul Salone e sulla presenza del gruppo all’evento. Non solo Poliform ma – pare – anche Poltrona Frau, che rappresenta uno dei brand più noti all’estero della migliore lavorazione del pellame, avrebbe negato l’assenso alla presenza a settembre.
Ma c’è dell’altro dietro il diffuso malessere che sembra paralizzare i preparativi per settembre e cioè i mugugni di molti espositori che avrebbero richiesto alla direzione del Salone la restituzione della consistente caparra per la consueta prenotazione dello spazio standistico. Caparra versata per l’edizione del 2020 ma che non sarebbe stata affatto restituita con una risposta che sembra essere stata quasi un ultimatum, suonando all’incirca così: “Se non partecipate all’edizione di settembre, non avete diritto alla restituzione”. Lo scontro è stato molto duro e le reazioni anche. Quella degli albergatori, dei ristoratori e dell’intero indotto non solo lombardo ma italiano è arrivata subito. E del resto il Salone è un evento che ogni anno genera ben più dei due miliardi per l’indotto lombardo e che ha determinato nei decenni un valore che nel 2019 ha superato con le aziende del settore e gli indotti, oltre 40 miliardi di euro. Gli albergatori lombardi e milanesi hanno già numerose prenotazioni per settembre e minacciano costosissime ritorsioni se il Salone dovesse essere annullato.
Eppure, secondo i giornalisti di settore e secondo i timori espressi da molti operatori fieristici e dallo stesso Sala, all’orizzonte si profila, un doppio pericolo, legato strettamente al fatto che gran parte della produzione italiana dell’arredo prende da anni la strada dei mercati mondiali di tutti i continenti, compresa l’Africa dove sta crescendo la voglia del made in Italy. Tutto questo rende molto più interessante e “conveniente” partecipare alle fiere estere, in Cina per esempio, negli USA e nella stessa Europa. Tre sono i competitor del Salone di Milano secondo i gossip e i timori: le fiere tedesche e quelle cinesi. Messe Berlin, per esempio, che ha un gigantesco e rinnovato comprensorio fieristico nel cuore della città, una enorme capacità ricettiva-alberghiera (al contrario di Milano, carissima e inadeguata), tre aeroporti, voli molto molto convenienti e nemmeno troppo lunghi (intorno a un’ora, meno che in auto da e per Milano dalla Brianza, dal Veneto o dal resto dell’Italia). E KölnMesse che già organizza una delle più storiche rassegne del settore, la Möbelmesse di gennaio, un tempo concorrente molto forte del salone milanese, poi divenuta meno importante.
Colonia ha però qualche handicap: è parecchio lontana da Milano, pochi voli e costosi oltre che una capacità alberghiera insufficiente. C’è poi Francoforte con la sua fiera nel cuore della città più ricca d’Europa, molto vicina a Milano (45 minuti di volo) e già forte di fiere dedicate alla casa come Ambiente, oggettistica e ISH, termoidrosanitaria, bagno e climatizzazione. La China: sta diventando il mercato più promettente per il nostro made in Italy con un numero crescente di ricchi e ricchissimi, in adorazione dell’autentico prodotto fatto in Italia, ha tre importantissime fiere dedicate al design: una a Pechino, una, la più importante, a Shanghai e una, molto trendy, a Shenzen, che per certi versi assomiglia a Milano come città di riferimento culturale e di innovazione hi tech. Ci sono state delle reali offerte per tentare di portare via a Milano il suo gioiello? Certo. E sino ad ora gli organizzatori milanesi hanno saputo agire d’anticipo organizzando da qualche anno anche in Cina e in altre nazioni una copia – molto selezionata – del Salone di Milano. Cosa manca a tutti questi eventi? La città, Milano, con il suo mood unico, la vicinanza delle fabbriche, e il mitico Fuorisalone.
E’ questo che i visitatori internazionali vogliono, non soltanto una bella fiera: un contesto che arricchisce, elettrizza e rende uniche le giornate, le serate e gli eventi che ruotano intorno al Salone di Milano. E chi deve proprio al Salone e a Milano, come i brianzoli, il 90 per cento della costruzione di un mito, il good design italiano, bilanci floridi anche con il Covid e quote elevate di esportazioni, forse dovrebbe ricordarlo.