Allevamenti sovraffollati, sostanze chimiche utilizzate per evitare la diffusione di malattie, pesci maltrattati e uccisi nei modi più brutali. Molti non lo sanno ma questa è la triste realtà di come spesso vengono allevati i salmoni, una scelta “motivata” da una richiesta sempre più crescente, aumentata esponenzialmente negli ultimi anni. Durante un’inchiesta sull’industria scozzese del salmone, diffusa da Compassion in World Farming – organizzazione internazionale per il benessere degli animali da allevamento – è emersa un verità preoccupante: sofferenze diffuse su scala industriale, violazioni della legislazione sul benessere degli animali e tassi di mortalità importanti. Gli studi dell’organizzazione sono stati realizzati tra settembre e novembre 2020 su 22 allevamenti che hanno evidenziato “gravi infestazioni di pidocchi di mare e alti livelli di mortalità”. Anche un servizio della trasmissione “Le Iene” andato in onda di recente ha portato alla luce verità sconcertanti sugli allevamenti intensivi dei salmoni. Nonostante ciò, il pesce d’acqua più amato in cucina continua a finire sulle nostre tavole, assecondando il desiderio di miliardi di persone che non intendono rinunciarvi. E perché?
Il salmone è uno dei pesci più amati e ricercati, per la sua carne morbida e il sapore gustoso ma soprattutto per le proprietà organolettiche. La Norvegia ne detiene il primato nella produzione (con il 33% del mercato mondiale), seguita da Cile e Scozia in Europa. Negli anni le tecniche di acquacoltura si sono affinate sempre di più fino a quelle attuali, nate in Norvegia nel 1960 e che dall’Europa si sono diffuse nel resto del mondo.
La sua produzione è triplicata negli ultimi due decenni, arrivando a toccare le 82 milioni di tonnellate nel 2018. E con la crescente richiesta di prodotti ad alto valore nutrizionale legata all’aumento della popolazione e dei consumi, non avremmo in futuro disponibilità adeguata di pesce. L’obiettivo è di preservare la salute dell’animale e di avere un impatto sull’ecosistema positivo, o perlomeno neutro. Ma gli ambientalisti restano scettici e ritengono che le sofferenze siano ancora troppo elevate per questo straordinario pesce.
Tecniche di allevamento dei salmoni
Dapprima, le uova di salmone vengono fatte schiudere in bacini di acqua fresca e a circa 12-18 mesi di età i giovani salmoni vengono trasferiti in gabbie galleggianti in mezzo al mare secondo la tecnica off-shore, oppure in vasche create vicino alla costa ma sulla terraferma, secondo la tecnica in-shore. Le gabbie sono generalmente di forma circolare o quadrata di un diametro variabile (tra i 10 e i 30 metri e di circa 10 metri di profondità). Una gabbia può contenere fino a 90mila esemplari, con una densità fino a 18 kg per metrocubo. I salmoni sono carnivori e dunque vengono alimentati con cibi naturali (altri pesci) o artificiali (mangimi ad alta concentrazione di proteine) e pescati dopo circa 12-24 mesi di allevamento quando sono abbastanza cresciuti. In base al tipo di commercializzazione, i salmoni possono essere surgelati o eviscerati, per favorire il trasporto e scongiurare eventuali rischi di infezione. Per questo motivo si consiglia di consumarli al più presto e di non congelarli una seconda volta. Il congelamento preventivo avviene per due motivi principali: in primis per evitare il rischio anisakis (infezione parassitaria del tratto gastrointestinale), ma anche per fare in modo che i pesci si conservino più a lungo.
Dubbi sulla salubrità dei salmoni
Ma quali sono i dubbi sulla salubrità del salmone di allevamento? La maggior parte di questo pesce che arriva nei nostri mercati è d’allevamento, generalmente di origine norvegese, scozzese o cilena e con i diversi trattamenti il salmone avrà perso molte delle sue proprietà organolettiche. Ma ci sono altri dubbi in merito:
- Malattie e parassiti: il sovraffollamento negli allevamenti crea le condizioni ideali per favorire la diffusione di malattie e parassiti. Ad esempio il Gyrodactylus, scoperto nel 1972 nei salmoni d’allevamento svedesi, o la ISAv, una specie di anemia che attaccò oltre 30 anni fa i salmoni d’allevamento norvegesi. Si tratta di malattie che possono essere tenute sotto controllo nei salmoni a mare aperto, ma con densità molto alte possono diventare casi ben più gravi fino ad esplodere in vere e proprie epidemie. Spesso, per scongiurare il diffondersi di certi agenti patogeni si usano antibiotici e sostanze chimiche, dannosi sia per la loro che per la nostra salute.
- Inquinamento e tossine: il posizionamento di gabbie d’allevamento deve avvenire in luoghi incontaminati, lontani da fonti di inquinamento. Per questo motivo sono da preferire i salmoni che provengano da zone come Scozia e Norvegia, anche se il rischio è più alto nel salmone allevato che in quello selvaggio. Inoltre, la presenza di PCB è senz’altro allarmante, ovvero sostanze chimiche cangerogene la cui pericolosità dipende dal livello accumulato nell’organismo.
- Salmoni modificati geneticamente: alcune specie di salmoni subiscono questo trattamento in laboratorio per favorirne l’accrescimento, ma possono essere evitate se l’etichetta riporta la dicitura OGM. Inoltre, le sostanze usate per rendere il colore della carne più rosso e, di conseguenza, più appetibile agli occhi dei consumatori hanno un impatto ambientale enorme sugli ecosistemi.
- Tipo di alimentazione: una delle problematiche del comparto riguarda anche l’enorme quantità di pesce selvatico utilizzato negli allevamenti come mangime. Ad esempio in Scozia vengono utilizzate circa 18 milioni di tonnellate l’anno per produrre farina e olio di pesce. Questo problema affligge soprattutto i pescatori nei paesi in via di sviluppo, che vedono le loro scorte impoverite per alimentare il consumo eccessivo di salmone nel mondo occidentale. Sarebbe preferibile scegliere i salmoni non alimentati dall’uomo, ma che si nutrono solo di sardine, aringhe o altri pesci. Inoltre, molto spesso capita che negli allevamenti iperintensivi i salmoni vengano nutriti con magimi derivati dalla carne di pollo o di maiale, ricchi di proteine, causando così un impoverimento di Omega 3 e antiossidanti.
Soluzioni e alternative
Dunque, i dubbi sulla salubrità del salmone di allevamento sono sempre più allarmanti. Per risolvere il problema sia dal punto di vista salutare che etico e morale nell’ultimo periodo si parla sempre più spesso di dieta sostenibile per i pesci carnivori. In questo senso, l’industria dei mangimi per salmoni si è evoluta passando da farine e oli ad una dieta più vegetale e sostenibile, con l’introduzione di ingredienti nutrienti derivanti da alghe ed insetti come fonte proteica alternativa, un alimento naturale delle specie ittiche. Ad esempio, il mangime utilizzato negli allevamenti di salmone norvegese è completamente privo di Ogm e di antibiotici mentre gli ingredienti marini provengono da fonti certificate e strettamente controllate. Ovviamente l’evoluzione mira alla sostenibilità ambientale, ma è anche motivata da un grande risparmio economico.
Una delle possibili soluzioni, secondo Roberto Cerri (biologo marino e dottorando dell’Università degli Studi di Udine, esperto in acquacoltura e nutrizione dei pesci) è allevare più specie nello stesso sito. In questo modo, si produrrebbe di più e in chiave sostenibile: i rifiuti di una specie diventerebbero il mangime per un’altra. Per quanto riguarda l’utilizzo eccessivo di antibiotici e antiparassitari, si lavora per integrare nella dieta dei salmoni nutraceutici, estratti vegetali, prebiotici e probiotici, in grado di favorire un aumento della risposta immunitaria dei pesci.
Altra alternativa sarebbe la vaccinazione, dato che in Norvegia, Regno Unito, Irlanda e Canada ha ridotto del 95% l’utilizzo di antibiotici. Oppure, ci sono metodi di controllo biologico, come l’aggiunta del pesce pulitore nelle gabbie d’allevamento. Questo si nutre dei parassiti limitandone la diffusione e andando a ridurre l’utilizzo di agenti chimici anti-pidocchi.
Proprietà nutrizionali e usi in cucina
Dalla carne morbida e gustosa e un sapore delicato, il salmone è uno dei pesci più allevati al mondo. Soprattutto se consumato fresco, il salmone è ricco di proprietà nutrizionali grazie a un significato apporto di vitamine (A, B, D) sali minerali (fosforo, potassio e selenio), proteine e calorie. Una delle principali fonti di acidi grassi Omega 3 (DHA + EPA), grassi polinsaturi e carotenoide, l’antiossidante che colora di rosso la sua carne. Un consumo regolare aiuta tenere sotto controllo il peso, dando un senso di sazietà.
Può essere un valido aiuto nella lotta all’infiammazione, riduce il rischio di infarto, le malattie cardiovascolari e coronariche, fluidificano il sangue, contribuisce al mantenimento della pressione arteriosa normale, abbassano il rischio di ictus e hanno un effetto antiaritmico sul cuore. Questa specie regala numerosi benefici anche al cervello, alle ossa e alle articolazioni in generale, aiutando a prevenire l’osteoporosi. Aiuta anche a mantenere la pelle elastica e luminosa, ottimo antiossidante, riduce gli effetti dei radicali liberi contro l’invecchiamento. A livello di vista, un consumo regolare può ridurre il rischio di glaucoma e di pressione alta negli occhi.
Amato soprattutto per la sua versatilità in cucina e perché si presta bene a qualsiasi tipo di cottura: in padella, al vapore, arrosto, al forno, grigliato, alla piastra, affumicato o consumato crudo come sushi e sashimi. Si può consumare a pranzo e a cena, ma anche a colazione o come spuntino veloce e nutriente.
Obiettivamente l’allevamento ha reso più accessibile un prodotto che fino a qualche tempo fa era considerato un vero lusso. Pur considerando questo vantaggio, è sempre meglio scegliere esemplari di alta qualità, sicuri e provenienti da pesca sostenibile, meglio ancora se in regime biologico. A livello industriale si sta fallendo nel proteggere questi animali, e questa condizione deve necessariamente cambiare, sperando in un futuro più sostenibile in grado di rispettare la vita dei salmoni.10