L’Italia è uno dei quattro Paesi sui 19 dell’Eurozona a non avere un salario minimo obbligatorio. Insieme a noi ci sono soltanto Cipro, Austria e Finlandia.
Nel resto di Eurolandia, invece, il panorama è assai diversificato. Dall’ultimo bollettino economico della Banca centrale europea emerge che a luglio di quest’anno il salario minimo mensile pagato nell’area dell’euro variava dai 430 euro della Lettonia ai 2,071 euro del Lussemburgo.
L’ANDAMENTO DEL SALARIO MINIMO NELL’EUROZONA
Negli ultimi dieci anni – proseguono gli analisti della Bce – il salario minimo è aumentato in tutti i 15 Paesi che lo adottano, ma a ritmi assai differenziati: in questo caso si passa dal +1,5% di media annua dell’Irlanda al +7% dell’Estonia.
Se però restringiamo lo sguardo al primo semestre del 2019, si nota che l’aumento medio del salario minimo nell’Eurozona è stato particolarmente significativo: addirittura +4,6% su base annua, dopo il +1% registrato in tutto il 2018. Inoltre, per la prima volta dal 2008, tutti i paesi dell’area dell’euro che prevedono un salario minimo lo hanno aumentato nel 2019, con incrementi rispetto all’anno precedente che vanno dall’1,5% della Francia al 17,9% della Spagna.
I CRITERI PER CALCOLARE IL SALARIO MINIMO
Ma come viene fissato il livello del salario minimo nei vari Paesi? Gli economisti dell’Eurotower sottolineano che anche sotto questo profilo non c’è uniformità nell’Eurozona: i 15 Paesi adottano “metodi diversi, comprese formule predefinite, raccomandazioni di comitati di esperti e consultazione delle parti sociali”.
Non solo: il livello del salario minimo è spesso soggetto “alla discrezionalità del governo – si legge ancora nel bollettino – Di conseguenza, la frequenza del cambiamento varia da un paese all’altro. Tuttavia, la maggior parte dei paesi solitamente rivede i propri salari minimi ogni anno o due”.