Arrivano i numeri ufficiali sull’aumento di capitale da 3,5 miliardi di Saipem e per le banche del consorzio di garanzia non sono buone notizie. La società d’impiantistica del gruppo Eni ha chiuso l’operazione lo scorso 11 febbraio con sottoscrizioni pari all’87,7% delle azioni offerte in opzione ai soci, per un controvalore di 3,073 miliardi di euro.
I diritti inoptati erano stati offerti in Borsa nei giorni successivi, come da prassi, e gli investitori, al secondo giorno di offerta, avevano comprato tutti i 53,6 milioni di titoli che davano diritto a sottoscrivere azioni.
In seguito, però, solo un numero limitatissimo di diritti è stato tramutato in azioni. In effetti, considerato che ogni diritto dava la possibilità di prenotare 22 azioni, sembra proprio che ne sia stato esercitato solo uno. Ciò significa che le azioni non sottoscritte sono praticamente rimaste invariate al 12,2% dell’inoptato. Per completare l’operazione interverranno quindi le banche del consorzio, che dovranno sottoscrivere 1,18 miliardi di azioni per un valore complessivo di 427 milioni di euro.
Il consorzio è formato Goldman Sachs e JP Morgan in qualità di joint global coordinator e joint bookrunner; Banca Imi, Citigroup, Deutsche Bank, Mediobanca e Unicredit in qualità di joint bookrunner e Hsbc Bank, Bnp Paribas, Abn Amro e Dnb Markets in qualità di Co-Lead Managers.
Il flop dell’operazione è legato principalmente al crollo del titolo in Borsa avvenuto negli stessi giorni dell’aumento di capitale (e in parte legato al crollo del petrolio sotto i 30 dollari al barile). Ogni opzione dava la possibilità d’incamerare 22 nuove azioni a 0,362 euro l’una. Ma venerdì scorso i titoli a Piazza Affari hanno chiuso 0,33 euro, mentre il 12 febbraio erano scese fino a 0,2828 euro. Di conseguenza, se qualcuno avesse voluto comprare azioni Saipem avrebbe pagato meno passando dalla Borsa piuttosto che dalla ricapitalizzazione.
Questa mattina il titolo di Saipem guadagna il 4,5%, a 0,3455 euro per azione.