Come finanziare gli ingenti investimenti contenuti nel Rapporto Draghi? È possibile creare una Agenzia del Debito Europeo con l’obbiettivo sia di finanziare Beni Pubblici Europei e sia di rafforzare il mercato dei capitali, la stabilità finanziaria e l’euro attraverso la creazione di un Safe Asset Europeo? È possibile pensare a un indirizzo integrato tra emissione di debito europeo e rafforzamento e/o creazione di nuovi Fondi europei a capitalizzazione con finalità di politica industriale?
La situazione geopolitica ed economica globale è critica. L’Europa deve dare risposte ambiziose. In un clima di tassi di interesse strutturalmente bassi ed alta domanda di safe asset è il momento di pianificare in modo integrato una serie di strumenti capaci di darci la forza necessaria per aumentare la produttività, favorire l’innovazione e rilanciare la forza industriale del nostro Continente.
“A Trattati invariati, ci ricorda il Governatore onorario della Banca d’Italia Ignazio Visco, è ancora possibile puntare, su soluzioni pragmatiche, meno ambiziose eppure efficaci. Non è più possibile eludere la necessità di dotare l’Unione di una adeguata capacità di bilancio comune. Essa permetterebbe di disporre di uno strumento pronto per essere utilizzato in caso di necessità, senza dovere di volta in volta ricorrere a programmi ad hoc, con esiti incerti: poco soddisfacenti come nella crisi dei debiti sovrani o senz’altro efficaci come nella risposta alla pandemia. Oltre che consentire di governare meglio pressioni di mercato non giustificate e agevolare la stabilizzazione macroeconomica, si aprirebbero in questo modo spazi decisivi, anche con l’emissione di debito “comune”, per l’offerta di beni pubblici “europei” […] Non si tratta di un’affermazione sovversiva. La teoria economica e l’esperienza concreta di altre unioni monetarie di successo, in particolare gli Stati Uniti, suggeriscono che l’area dell’euro trarrebbe grandi benefici dalla creazione di una capacità di bilancio a livello sovranazionale.“(Visco, 2023)
Per fare questo è necessario, innanzitutto, riflettere su di una domanda, sollevata recentemente da Mario Draghi: “È possibile che l’Europa possa proseguire nel passaggio ‘da una politica fiscale ciclica a una strutturale’, aprendo una via diversa, e forse più fondata, verso un’unione fiscale?” (Draghi, 2023).
Gestire i debiti pubblici in un ambiente di tassi di interesse bassi
Negli ultimi decenni, abbiamo assistito ad un calo costante dei tassi di interesse reali. Questo fenomeno è attribuibile a una domanda di risparmio superiore all’offerta di investimenti a livello mondiale. Le principali cause di questo squilibrio includono l’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle disuguaglianze, e un forte aumento della domanda globale, dovuta ad una crescita dell’economia mondiale, trainata dalla Cina, ben superiore all’offerta di asset sicuri (safe asset) da parte di quello che le economie avanzate possono offrire.
La combinazione di tassi di interesse bassi e bassa inflazione ha fatto sì che, per molte economie occidentali, esclusa l’Italia, il differenziale tra tasso di interesse reale ed il tasso di crescita sia stato, negli anni, e nella media, negativo. Questo significa che il costo del servizio del debito pubblico è inferiore al tasso di crescita economica, facilitando la stabilizzazione o la riduzione del rapporto debito/Pil. Questo non vuole dire che i debiti pubblici, cresciuti a livelli molto alti in conseguenza del Covid, non siano un problema. Ma che sono più gestibili, sempre che si mantenga una politica fiscale responsabile, un coordinamento costante tra banche centrali e Governi per mantenere il tasso di crescita naturale a livelli che permettano all’economia di esprimersi al suo massimo potenziale, e che non arrivino drammatici “shock esogeni”.
Eurobond: una storia lunga trent’anni
Di Eurobond se ne parla da trent’anni, da quando Jacques Delors nel suo libro Bianco della fine del 1993 propose l’emissione di “Unione Bond” per finanziare le infrastrutture europee, e soprattutto le telecomunicazioni. Da allora le proposte si sono moltiplicate, sia da parte dei policy makers e sia da parte degli economisti.
Nel 2011, durante la crisi dei debiti sovrani, il Consiglio di Esperti Economici Tedeschi avanzò l’idea di un “Fondo di Redenzione” per gestire i debiti nazionali superiori al 60% del Pil, ma la proposta fu respinta dal Parlamento tedesco. L’iniziativa tedesca ha tuttavia, ha stimolato un acceso dibattito tra economisti e politici. Nel 2021, Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nelle sue Considerazioni finali, ha ripreso il concetto, suggerendo la creazione di un fondo europeo che includesse almeno i debiti contratti durante i due anni della pandemia. Mario Draghi ed Emmanuel Macron, con un articolo pubblicato sul Financial Times a dicembre 2021, hanno ripreso ed elaborato la sua proposta, sostenendo la necessità di trasferire il debito in una nuova Agenzia Europea del Debito, anche se il loro obbiettivo era più orientato al finanziamento delle “spese per il futuro”, piuttosto che alla stabilizzazione finanziaria (Giavazzi et Al, 2021).
La crisi del Covid-19 ha spinto l’Unione Europea a compiere un passo storico, lanciando il programma Next Generation Eu (Ngeu) da 800 miliardi di euro e il Sure, un programma di supporto all’occupazione da 100 miliardi di euro. Questi strumenti, finanziati tramite un ampliamento del bilancio dell’Unione. Tuttavia, le emissioni di titoli legate a Ngeu e Sure, pur avendo ottenuto rating Aaa, non sono ancora percepite dai mercati come equivalenti ai Bund tedeschi o ai titoli francesi e spagnoli. Mancano di garanzie irrevocabili, contribuendo allo spread rispetto ad altri emittenti europei. Il problema non è, come molti sostengono, solo la scarsa liquidità. Il mercato “prezza” il timore politico riguardo alla permanenza ed esistenza stessa, nel lungo termine, della Unione Europea, oltre al timore che si tratti di programmi una tantum.
Bisogna agire con più ambizione. La creazione di un safe asset europeo, come un Fondo Europeo del Debito o l’emissione di titoli comuni, oltre che finanziare Beni Pubblici Europei, rappresenterebbe anche un passo essenziale per consolidare l’unione bancaria e dei mercati dei capitali. Ridurrebbe il rischio di fuga verso titoli sicuri durante le crisi economiche, offrendo una base più stabile per il sistema finanziario europeo. Inoltre, aumenterebbe l’efficacia della politica monetaria della Banca Centrale Europea, facilitando il finanziamento di stabilizzatori automatici condivisi tra gli Stati membri. Infine, promuoverebbe l’euro come valuta internazionale, aumentando il suo utilizzo nei mercati globali e rafforzando il ruolo dell’Europa nell’economia mondiale. Come lo è stata la nascita della Banca Centrale Europea, così anche la creazione di un Fondo Europeo del Debito, darebbe un segnale importante nel rafforzamento del concetto stesso di sovranità europea.
Quale ruolo per Fondi o Istituzioni europee a capitalizzazione?
Parallelamente è necessario rafforzare le e istituzioni finanziarie europee a capitalizzazione, come la BEI, la BERS, la CEB ed il MES e le altre grandi banche promozionali nazionali (KFW, CDC, Bpi France, CDP, PKO). Esse rappresentano un elemento cruciale per sostenere la capacità di investimento dell’Europa, soprattutto nei progetti pubblico-privati, che sono stimati in circa due terzi degli investimenti necessari. Queste istituzioni utilizzano un modello basato su capitale versato (che è pari, secondo un recente studio della Banca Mondiale, nella media delle Banche di sviluppo multilaterali, solo a circa il 9%) e richiamabile (pari al restante 91%, nel caso, molto improbabile che esse falliscano). Si caratterizzano da una bassa leva finanziaria (BEI da 2:1 a 3:1, il MES 6:1), un alto Rating (AAA) e sono considerati a tutti gli effetti safe asset europei. Il loro costo, politico e finanziario (dovuto al basso rapporto capitale versato/capitale richiamabile), potrebbe renderli soluzioni più facili da realizzare.
Negli ultimi anni sono state avanzate diverse proposte per ampliare la gamma di questo tipo di strumenti europei. Ursula von der Leyen ha suggerito nel 2022 la creazione di un Fondo Sovrano Europeo per sostenere settori strategici come batterie, semiconduttori e materiali rari, cruciali per la transizione tecnologica. Nel 2024, ha proposto una European Hydrogen Bank per promuovere lo sviluppo dell’idrogeno come elemento chiave per la transizione energetica. Inoltre, il Financial Times ha recentemente riportato che la Ue starebbe considerando un Fondo Europeo per la Difesa del valore di 500 miliardi di euro, che potrebbe includere anche il Regno Unito.
Conclusioni
La domanda di safe asset pubblici emessi dall’economia avanzate, nel mondo è in crescita. L’Europa si potrebbe permettere di emetterne di più per finanziare il suo futuro, soprattutto la parte industriale innovativa e le nuove tecnologie, che sono quelle che contribuiscono di più alla crescita. Va sottolineato che comunque non “c’è pasto gratis” e che spendere di più, anche indebitandoci a tassi convenienti, a parità di pressione fiscale, è un’opzione perseguibile, solo se riusciamo ad aumentare produttività e crescita.
Ciò detto, nello scenario geopolitico ed economico che stiamo vivendo, l’Europa deve dare un segnale forte sulla stabilità e potenza della Ue nel lungo termine. Per fare questo vanno rafforzati il più possibile i legami tra Stati membri. La realizzazione delle proposte che abbiamo discusso, in una forma in un’altra, sarebbe una delle soluzioni maestre per rilanciare il ruolo e la stessa esistenza nel tempo dell’Europa nel mondo. Se è vero che l’Europa fa cose grandi solo durante le crisi peggiori ci pare che i tempi a cui stiamo assistendo siano tali da poterla spronare ad essere molto più coraggiosa.