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Sace, utile in crescita e portafoglio da 72 miliardi. I rischi? “La Russia e una governance vecchia”

“La situazione in Russia potrebbe crearci non pochi problemi: è il nostro primo cliente commerciale e siamo esposti per 5 miliardi di euro”. Viene principalmente da Mosca il motivo di preoccupazione per Sace, gruppo assicurativo-finanziario che garantisce e finanzia le imprese italiane esportatrici all’estero, che proprio oggi a Roma, a termine del cda, ha presentato i conti del 2013 e il Rapporto Export 2014-2017.

La società guidata dall’ad Alessandro Castellano ha chiuso l’ultimo esercizio con un utile netto di 345 milioni, nettamente superiore ai 168 del 2012 e un portafoglio di operazioni assicurate a sostegno dell’export salito ormai a 72 miliardi di euro, per 25mila imprese in circa 200 Paesi nel mondo. “Da quando siamo diventati spa, ossia dieci anni fa – ha commentato Castellano – abbiamo registrato un utile medio di 400 milioni di euro e distribuito dividendi per complessivi 6 miliardi”.

Questo nonostante la situazione particolarmente difficili del mercato  e le forti tensioni registrate in alcuni Paesi, come per esempio l’Iran, sul quale pesano delle sanzioni internazionali che nel 2013 hanno inciso in modo molto negativo sulla liquidazione dei sinistri per operazioni commerciali, saliti a 366,6 milioni rispetto ai 237,9 dell’anno precedente. Rischi che potrebbero ora riproporsi con la Russia, sulla quale pende la spada di Damocle della comunità occidentali e che è la prima destinazione degli investimenti gestiti da Sace.

Sace ha poi presentato il Rapporto Export per il prossimo triennio, nel quale si confermerà una tendenza che in realtà è iniziata molto più tardi di quanto si tenda a pensare: “Il cosiddetto sorpasso c’è stato solo nel 2013 – ha ancora spiegato Castellano -: solo l’anno scorso l’Italia ha venduto più nei Paesi emergenti che in Europa, dove abbiamo perso 50 miliardi di esportazioni”. La vera novità del prossimo futuro sarà piuttosto quella dei mercati di destinazione, che vedrà tornare in auge gli Stati Uniti, grazie all’accresciuta fiducia dei consumatori americani che tornerà ad alimentare la domanda interna. Nelle previsioni di Sace gli States traineranno le performance dell’export italiano verso i paesi avanzati: +9% la performance media, con al primo posto i beni agroalimentari.

L’incontro con la stampa è stato anche l’occasione di riflessione sul sistema del credito italiano e un appello al nuovo Governo. “L’80% del Pil mondiale – ha detto Castellano – deriva dal credito di beni e servizi. L’Italia però ha una regolamentazione troppo vecchia e farraginosa: siamo l’unico Paese con una governance del genere, per la quale l’azienda nazionale occupa solo la terza posizione di questo mercato e non ha a sua volta partecipazioni all’estero”.

Il problema? Un sistema ancora troppo banco-centrico, in Europa rispetto agli Usa, e ancora più marcatamente in Italia. “Per quanto riguarda l’afflusso di credito alle Pmi, Europa e Italia sono ancora troppo legate al prestito bancario. Gli Stati Uniti sono più agili: dovremmo imparare da loro perché un nuovo sistema potrebbe far bene anche agli spread. Si separarebbe il rischio impresa dal rischio Paese”, ha chiuso l’ad di Sace.

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