Per la prima volta in 17 anni, il governo federale degli Stati Uniti si è visto obbligati a effettuare lo shut down di alcune delle sue attività.
Entro il 1 ottobre infatti, con l’inizio dell’anno fiscale, la Camera (a maggioranza Repubblicana) e il Senato (a maggioranza Democratica) avrebbero dovuto trovare un accordo sul budget da predisporre per il nuovo anno fiscale. Tuttavia il consenso non è stato raggiunto riguardo al tema della riforma sanitaria: il Senato ha respinto (con 54 voti contro 46) la proposta della Camera di rimandare di un anno l’avvio della riforma sanitaria.
Il mancato raggiungimento dell’accordo sul budget ha avuto come effetto immediato la chiusura di servizi ritenuti non essenziali (es. musei, zoo), e il conseguente impatto sui lavoratori impiegati in queste attività (circa 800.000), che sono stati congedati o tenuti a continuare a lavorare senza ricevere stipendio.
Se non si riuscirà a trovare un accordo in tempi brevi, ci sarà un rallentamento dell’economia e uno shock al rialzo sui tassi di interesse. Si stima che una paralisi di circa quattro settimane ridurrebbe le previsioni di crescita del PIL statunitense, per il 2013, a 0,1% rispetto all’1,5% atteso.
L’impasse politico solleva preoccupazioni per un altro tema “chiave” dell’economia USA: l’innalzamento del tetto del debito pubblico consentito. Ad oggi tale tetto è fissato a 16,7 mila miliardi di dollari, a fronte di un debito effettivo di circa 16,1 mila miliardi di dollari (corrispondenti a 99,2% del PIL). Il 17 ottobre si esauriranno le misure straordinarie cui il Governo ha fatto ricorso fino ad oggi per onorare i servizi sul debito: se entro quella data non si fisserà una nuova soglia, gli Stati Uniti potrebbero dichiarare il default.
L’impatto, di una tale situazione di incertezza, sui mercati finanziari ha ridotto i benefici che si erano ottenuti con la decisione della Federal Reserve di rinviare, rispetto all’ipotesi di settembre, il tapering della politica monetaria non convenzionale adottata (QE3).