Anche se i problemi politici sono ancora aggrovigliati, sia all’interno della maggioranza che tra questa e l’opposizione, cominciano ormai a delinearsi alcuni punti fondamentali della manovra che dovrebbe essere varata subito dopo Ferragosto. La patrimoniale sembra esclusa definitivamente ma sarà sostituita da una tassa aggiuntiva sui redditi più elevati. Soluzione certamente inevitabile sia per ragioni di gettito sia per dare un po’ di equità ai sacrifici che sicuramente dovranno essere richiesti a tutti. Il problema a questo proposito riguarda sempre l’enorme evasione che favorisce alcune categorie dei professionisti e dei commercianti che hanno ancora mille scappatoie per sfuggire al fisco. Quindi una tassazione sui redditi più elevati non può essere disgiunta da una più severa lotta all’evasione e da una riduzione delle agevolazioni e delle altre normative che consentono delle elusioni del reddito non giustificate.
Ma la manovra per avere un effetto non solo restrittivo e quindi ulteriormente depressivo sul Pil dovrà contenere una serie di norme capaci di incentivare l’iniziativa dei singoli e quindi gli investimenti e la crescita complessiva del Paese. Tra queste certamente il taglio dei costi della politica e dell’apparato burocratico che vive parassitariamente sulle spalle dei cittadini e un rinnovamento del diritto del lavoro e delle relazioni industriali per incrementare la produttività del lavoro sia nel settore privato che nella pubblica amministrazione. Il problema è come raggiungere quest’ultimo risultato evitando fratture tra i sindacati e quindi nel corpo sociale in un momento tanto delicato. La strada non sembra tanto quella propugnata dal ministro Maurizio Sacconi di prendere di petto la questione riproponendo la riforma dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori che già dieci anni fa suscitò enormi (anche se ingiustificate) proteste, ma semmai di seguire la strada indicata dal senatore Pietro Ichino e dal progetto di legge depositato già due anni fa e firmato da oltre 80 senatori di vari partiti. Del resto anche la Confindustria sembra orientata in questa direzione preferendo in questa fase evitare la guerra sociale. Casomai si dovrebbe chiedere alla Cgil di chiudere in brevissimo tempo la partita della riforma delle relazioni industriali con il pieno riconoscimento erga omnes degli accordi aziendali approvati dalla maggioranza dei sindacati e dei lavoratori con apposito referendum.
Infine c’è il capitolo pensioni. Oltre alla sospensione delle pensioni di anzianità, certamente indispensabile, occorrerebbe affrontare anche la questione dell’innalzamento dell’età pensionabile che, pur non dando un gettito rilevante nell’immediato, offre una prospettiva di risanamento dei conti pubblici assai apprezzata dagli operatori del mercato finanziario.
L’importante, in definitiva, è che non si faccia la solita manovra tappabuchi che poi si dimostra non risolutiva, ma che si agisca con convinzione per modificare alcuni degli ostacoli strutturali che finora hanno bloccato la crescita del Paese.